Corte di Giustizia Europea – n. C-415/11 – Importantissima sentenza emessa in favore dei consumatori nei rapporti con le banche -14.03.2013. –

Importante sentenza emessa in favore dei consumatori nei rapporti con  le banche. Infatti, a seguito del recente provvedimento della Corte di Giustizia Europea, il consumatore potrà opporre alla banca che agisce nel procedimento di esecuzione ipotecaria il carattere abusivo delle clausole inserite nel contratto di mutuo al fine di ottenere la sospensione della procedura di esecuzione in itinere. La C.G.U.E. ha dichiarato che: “1)      La direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretata nel senso che osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale non prevede, nel contesto di un procedimento di esecuzione ipotecaria, motivi di opposizione tratti dal carattere abusivo di una clausola contrattuale che costituisce il fondamento del titolo esecutivo, e, al contempo, non consente al giudice del merito, competente a valutare il carattere abusivo di una clausola del genere, di emanare provvedimenti provvisori, tra cui, in particolare, la sospensione di detto procedimento esecutivo, allorché la concessione di tali provvedimenti risulti necessaria per garantire la piena efficacia della sua decisione finale. 2)      L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che: –        la nozione di «significativo squilibrio» a danno del consumatore deve essere valutata mediante un’analisi delle disposizioni nazionali applicabili in mancanza di un accordo tra le parti, onde appurare se, ed eventualmente in che misura, il contratto collochi il consumatore in una situazione giuridica meno favorevole rispetto a quella prevista dal vigente diritto nazionale. Inoltre, nella medesima prospettiva, a tale fine risulta pertinente procedere a vagliare la situazione giuridica in cui versa il citato consumatore alla luce dei mezzi che la disciplina nazionale mette a sua disposizione per far cessare il ricorso a clausole abusive; –   per accertare se lo squilibrio sia creato «malgrado il requisito della buona fede», occorre verificare se il professionista, qualora avesse trattato in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo aderisse alla clausola in oggetto in seguito a negoziato individuale.L’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che l’allegato cui tale disposizione fa rinvio contiene solo un elenco indicativo e non esaustivo di clausole che possono essere dichiarate abusive.”.

 

 

                             SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

 

14 marzo 2013

«Direttiva 93/13/CEE – Contratti stipulati con i consumatori – Contratto di mutuo con garanzia ipotecaria – Procedimento di esecuzione ipotecaria – Competenze del giudice nazionale di merito – Clausole abusive – Criteri di valutazione»

 

Nella causa C‑415/11,

 

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Juzgado de lo Mercantil n. 3 de Barcelona (Spagna), con decisione del 19 luglio 2011, pervenuta in cancelleria l’8 agosto 2011, nel procedimento

 

Mohamed Aziz

 

contro

 

Caixa d’Estalvis de Catalunya, Tarragona i Manresa (Catalunyacaixa),

 

LA CORTE (Prima Sezione),

 

composta dal sig. A. Tizzano (relatore), presidente di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, M. Ilešič, J.-J. Kasel e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

 

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

 

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

 

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 settembre 2012,

 

considerate le osservazioni presentate:

 

–        per M. Aziz, da D. Moreno Trigo, abogado;

 

–        per la Caixa d’Estalvis de Catalunya, Tarragona i Manresa (Catalunyacaixa), da I. Fernández de Senespleda, abogado;

 

–        per il governo spagnolo, da S. Centeno Huerta, in qualità di agente;

 

–        per la Commissione europea, da M. Owsiany-Hornung, J. Baquero Cruz e M. van Beek, in qualità di agenti,

 

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 novembre 2012,

 

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

 

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29; in prosieguo: la «direttiva»).

 

2        Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che opponeva, da un lato, il sig. Aziz e, dall’altro, la Caixa d’Estalvis de Catalunya, Tarragona i Manresa (Catalunyacaixa), in merito alla validità di talune clausole di un contratto di mutuo con garanzia ipotecaria stipulato fra tali parti.

 

 Contesto normativo

 

 Il diritto dell’Unione

 

3        Il sedicesimo considerando della direttiva recita quanto segue:

 

«considerando (…) che il professionista può soddisfare il requisito di buona fede trattando in modo leale ed equo con la controparte, di cui deve tenere presenti i legittimi interessi».

 

4        L’articolo 3 della direttiva così dispone:

 

«1.      Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

 

2.      Si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato individuale quando è stata redatta preventivamente in particolare nell’ambito di un contratto di adesione e il consumatore non ha di conseguenza potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto.

 

(…)

 

3.      L’allegato contiene un elenco indicativo e non [esaustivo] di clausole che possono essere dichiarate abusive».

 

5        A norma dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva:

 

«Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende».

 

6        L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva è formulato nei seguenti termini:

 

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

 

7        L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva stabilisce quanto segue:

 

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

 

8        L’allegato della direttiva, al suo punto 1, elenca le clausole a cui rinvia l’articolo 3, paragrafo 3, di quest’ultima. Esso contiene, tra l’altro, le seguenti clausole:

 

«1. Clausole che hanno per oggetto o per effetto di:

 

(…)

 

e)      imporre al consumatore che non adempie ai propri obblighi un indennizzo per un importo sproporzionatamente elevato;

 

(…)

 

q)      sopprimere o limitare l’esercizio di azioni legali o vie di ricorso del consumatore, in particolare obbligando il consumatore a rivolgersi esclusivamente a una giurisdizione di arbitrato non disciplinata da disposizioni giuridiche, limitando indebitamente i mezzi di prova a disposizione del consumatore o imponendogli un onere della prova che, ai sensi della legislazione applicabile, incomberebbe a un’altra parte del contratto».

 

 Il diritto spagnolo

 

9        Nel diritto spagnolo la tutela dei consumatori contro le clausole abusive è stata garantita inizialmente dalla legge generale n. 26/1984, sulla tutela dei consumatori e degli utenti (Ley General 26/1984 para la Defensa de los Consumidores y Usuarios) del 19 luglio 1984 (BOE n. 176, del 24 luglio 1984, pag. 21686).

 

10      La legge n. 26/1984 è stata in seguito modificata dalla legge n. 7/1998, relativa alle condizioni generali di contratto (Ley 7/1998 sobre condiciones generales de la contratación) del 13 aprile 1998 (BOE n. 89, del 14 aprile 1998, pag. 12304), che ha trasposto la direttiva nel diritto interno spagnolo.

 

11      Infine, con il regio decreto legislativo n. 1/2007, recante approvazione del testo consolidato della legge generale sulla tutela dei consumatori e degli utenti e delle altre leggi complementari (Real Decreto Legislativo 1/2007 por el que se aprueba el texto refundido de la Ley General para la Defensa de los Consumidores y Usuarios y otras leyes complementarias), del 16 novembre 2007 (BOE n. 287, del 30 novembre 2007, pag. 49181), è stato adottato il testo consolidato della legge n. 26/1984, così come modificata.

 

12      Ai sensi dell’articolo 82 del regio decreto legislativo n. 1/2007:

 

«1.      Per clausole abusive si intendono tutte quelle clausole che non sono state oggetto di negoziato individuale e tutte quelle pratiche che non risultano da un accordo espresso e che, contro il requisito della buona fede, determinano, a danno del consumatore e dell’utente, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

 

(…)

 

3.      Il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni e dei servizi oggetto del contratto e facendo riferimento a tutte le circostanze che accompagnano la conclusione del contratto e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipenda.

 

4.      Nonostante quanto precede, devono considerarsi in ogni caso abusive le clausole che, conformemente a quanto disposto agli articoli 85-90 inclusi, producono l’effetto di:

 

a)      vincolare il contratto alla volontà del professionista;

 

b)      limitare i diritti del consumatore e dell’utente;

 

c)      determinare l’assenza di reciprocità nel contratto;

 

d)      imporre al consumatore o all’utente garanzie sproporzionate o porre indebitamente a suo carico l’onere della prova;

 

e)      risultare sproporzionate in relazione al perfezionamento ed all’esecuzione del contratto, o

 

f)      essere in contrasto con le regole di competenza e di diritto applicabili».

 

13      Per quanto riguarda il procedimento d’ingiunzione di pagamento, il codice di procedura civile (Ley de Enjuiciamiento Civil), nella sua versione vigente alla data d’instaurazione del procedimento principale, disciplina, al Capo V del Titolo IV, Libro III, rubricato «Specificità quanto all’esecuzione dei beni ipotecati o pignorati», in particolare agli articoli 681-698, la procedura di esecuzione ipotecaria che si trova al centro della controversia nel procedimento principale.

 

14      L’articolo 695 del Codice di procedura civile così recita:

 

«1.      Nei procedimenti di cui al presente capo il debitore esecutato può presentare opposizione solo per i seguenti motivi:

 

(1)      estinzione della garanzia o dell’obbligazione garantita, a condizione che si produca una certificazione del registro da cui risulti la cancellazione dell’ipoteca o eventualmente del diritto di pegno senza spossessamento, ovvero un atto notarile relativo al ricevimento del pagamento o alla cancellazione della garanzia;

 

(2)      errore nella determinazione dell’importo esigibile, quando il credito assistito da garanzia è il saldo alla chiusura di un conto fra creditore dell’esecuzione e debitore esecutato. Il debitore esecutato è tenuto a presentare il suo esemplare dell’estratto conto, e l’opposizione è ammissibile solo se il saldo ivi riportato differisce da quello che risulta dall’estratto conto presentato dal creditore dell’esecuzione.

 

(…)

 

(3) (…) l’esistenza di un’altra garanzia o ipoteca (…) iscritta anteriormente al gravame su cui si fonda il procedimento, con la corrispondente certificazione di registro.

 

2.      In caso di opposizione ai sensi del paragrafo 1, il cancelliere sospende l’esecuzione e cita le parti ad un’udienza dinanzi al tribunale che ha emesso l’ordine di esecuzione: fra la citazione e la detta udienza devono trascorrere almeno quattro giorni. Alla suddetta udienza il giudice sente le parti, ammette gli atti che sono addotti ed emette entro due giorni la decisione da esso ritenuta opportuna sotto forma di ordinanza (…)».

 

15      L’articolo 698 del Codice di procedura civile così dispone:

 

«1.      Sull’opposizione del debitore, del terzo possessore o di altri soggetti interessati, non rientrante nei precedenti articoli, compresi i motivi di opposizione che riguardano la nullità del titolo nonché la scadenza, la certezza, l’estinzione o l’entità del credito, si decide nel relativo procedimento, senza che ciò comporti la sospensione o il blocco del procedimento previsto nel presente capo.

 

(…)

 

2.      Contestualmente alla proposizione dell’opposizione di cui al paragrafo precedente o nel corso del procedimento ad esso successivo si può chiedere che l’efficacia della sentenza pronunciata nel suddetto procedimento sia garantita dal sequestro di tutto l’importo, o di una parte di esso, che deve essere corrisposto al creditore mediante il procedimento disciplinato al presente capo.

 

Il giudice dispone il suddetto sequestro, sulla base dei documenti presentati, qualora ritenga sufficienti i motivi fatti valere. Qualora l’istante non sia palesemente solvibile in modo adeguato, il giudice è tenuto a richiedere previamente allo stesso una garanzia sufficiente per gli interessi di mora e il risarcimento di eventuali danni di altro tipo che il creditore potrebbe subire.

 

3.      Qualora il creditore presti una garanzia ritenuta sufficiente dal giudice per l’importo il cui sequestro è stato disposto a seguito del procedimento di cui al paragrafo 1, il sequestro viene revocato».

 

16      L’articolo 131 della legge sull’ipoteca vigente all’epoca dei fatti del procedimento principale (Ley Hipotecaria), il cui testo consolidato è stato approvato con decreto dell’8 febbraio 1946 (BOE n. 58, del 27 febbraio 1946, pag. 1518), stabilisce quanto segue:

 

«Le annotazioni preventive di domanda di nullità dell’ipoteca o le altre annotazioni non fondate su uno dei casi che possono determinare la sospensione dell’esecuzione sono cancellate in forza dell’ordine di cancellazione di cui all’articolo 133, purché siano successive all’annotazione in margine di rilascio del rapporto informativo immobiliare. L’atto recante la dichiarazione di ricevuto pagamento dell’ipoteca non potrà essere iscritto se non è stata previamente cancellata la suddetta annotazione in margine, su disposizione del giudice a tal fine».

 

17      Ai sensi dell’articolo 153 bis della legge sull’ipoteca:

 

«(…) le parti possono convenire che, in caso di esecuzione, l’importo esigibile sia quello risultante dalla liquidazione effettuata dall’istituto finanziario creditore nella forma convenuta dalle parti nell’atto.

 

Alla scadenza convenuta dai contraenti, o alla scadenza di una delle relative proroghe, l’azione ipotecaria può essere esercitata in conformità a quanto previsto agli articoli 129 e 153 della presente legge e alle disposizioni analoghe del codice di procedura civile».

 

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

 

18      Il 19 luglio 2007 il sig. Aziz, cittadino marocchino che lavora in Spagna dal dicembre 1993, sottoscriveva, mediante atto notarile, un contratto di mutuo assistito da garanzia ipotecaria con la Catalunyacaixa. Il bene immobiliare oggetto di detta garanzia era l’abitazione famigliare del sig. Aziz, di cui egli era proprietario dal 2003.

 

19      Il capitale prestato dalla Catalunyacaixa ammontava a EUR 138 000. Tale mutuo doveva essere rimborsato in 33 anni, con 396 rate mensili, a partire dal 1° agosto 2007.

 

20      Come emerge dal fascicolo sottoposto alla Corte, tale contratto di mutuo sottoscritto con la Catalunyacaixa prevedeva, alla clausola 6, interessi di mora annuali del 18,75%, applicabili automaticamente agli importi non versati alla scadenza, senza che fosse necessario alcun sollecito.

 

21      Inoltre, la clausola 6 bis di tale contratto conferiva alla Catalunyacaixa la facoltà di dichiarare esigibile l’intero prestito se uno dei termini prestabiliti dalle parti era scaduto e il debitore non aveva adempiuto il proprio obbligo al pagamento di una parte del capitale o degli interessi del prestito.

 

22      Infine, la clausola 15 del medesimo contratto, che disciplina l’accordo sulla liquidazione, prevedeva a favore della Catalunyacaixa la possibilità non solo di avvalersi del procedimento di esecuzione ipotecaria per recuperare un eventuale debito, bensì anche di presentare direttamente, a tal fine, la liquidazione, mediante un adeguato certificato recante l’importo richiesto.

 

23      Il sig. Aziz versava regolarmente le rate mensili dal mese di luglio 2007 fino al mese di maggio 2008. Tuttavia, a partire dal mese di giugno 2008, cessava di provvedere al versamento. Di conseguenza, il 28 ottobre 2008 la Catalunyacaixa si rivolgeva ad un notaio, onde ottenere un atto di accertamento del debito residuo. Il notaio certificava che dai documenti prodotti e dal contenuto del contratto di mutuo si evinceva che la liquidazione del debito ammontava a EUR 139 764,76, pari alle rate mensili non saldate maggiorate degli interessi ordinari e di mora.

 

24      Dopo aver intimato invano al sig. Aziz di provvedere ai versamenti, l’11 marzo 2009 la Catalunyacaixa adiva il Juzgado de Primera Instancia nº 5 de Martorell avviando un procedimento esecutivo nei confronti dell’interessato mediante il quale gli reclamava le somme di EUR 139 674,02 in via principale, di EUR 90,74 a titolo di interessi maturati e di EUR 41 902,21 a titolo di interessi e spese.

 

25      Poiché il sig. Aziz non compariva, tale giudice, in data 15 dicembre 2009, disponeva l’esecuzione. Pertanto al sig. Aziz veniva rivolta un’ingiunzione di pagamento, alla quale quest’ultimo non ottemperava né si opponeva.

 

26      In tale contesto, il 20 luglio 2010 si svolgeva l’asta giudiziaria del bene immobile, cui non si presentavano offerenti. Pertanto, conformemente alle disposizioni del Codice di procedura civile, il Juzgado de Primera Instancia nº 5 de Martorell ammetteva che tale bene fosse aggiudicato al 50% del suo valore. Detto giudice fissava inoltre al 20 gennaio 2011 la data in cui doveva avvenire il trasferimento del possesso dell’immobile all’aggiudicatario. Il sig. Aziz veniva pertanto sfrattato dalla sua abitazione.

 

27      Poco prima di tale avvenimento, l’11 gennaio 2011, il sig. Aziz aveva tuttavia presentato dinanzi al Juzgado de lo Mercantil n. 3 de Barcelona una domanda di sentenza dichiarativa per far dichiarare nulla la clausola 15 del contratto di mutuo con garanzia ipotecaria – ritenendo che tale clausola presentasse carattere abusivo – e, di conseguenza, far annullare il procedimento esecutivo.

 

28      In questo ambito, il Juzgado de lo Mercantil n. 3 de Barcelona ha espresso dubbi in merito alla conformità del diritto spagnolo al contesto normativo definito dalla direttiva.

 

29      Esso ha sottolineato in particolare che, se il creditore, ai fini dell’esecuzione forzata, sceglie il procedimento di esecuzione ipotecaria, le possibilità di opporre il carattere abusivo di una delle clausole di un contratto di mutuo risultano alquanto limitate, poiché sono rinviate ad un successivo procedimento di merito, che non produce effetto sospensivo. Il giudice del rinvio ha ritenuto che, nelle suddette condizioni, per un giudice spagnolo sia estremamente difficile garantire un’efficace tutela al consumatore nel contesto di tale procedimento di esecuzione ipotecaria, così come nel corrispondente procedimento di merito.

 

30      Inoltre il Juzgado de lo Mercantil n. 3 de Barcelona ha ritenuto che la soluzione della controversia nel procedimento principale ponesse altre questioni, vertenti, in particolare, sulla nozione di «[c]lausole che hanno per oggetto o per effetto di (…) imporre al consumatore che non adempie ai propri obblighi un indennizzo per un importo sproporzionatamente elevato», di cui al punto 1, lettera e), dell’allegato della direttiva, nonché di «[c]lausole che hanno per oggetto o per effetto di (…) sopprimere o limitare l’esercizio di azioni legali o vie di ricorso del consumatore», stabilita al punto 1, lettera q), di detto allegato. A suo avviso, non risulta evidente che siano compatibili con le suddette disposizioni dell’allegato della direttiva le clausole relative all’esigibilità anticipata contenute nei contratti a lungo termine, alla fissazione di interessi di mora nonché alla fissazione unilaterale da parte del creditore di meccanismi di liquidazione dell’intero debito.

 

31      Alla luce di tali considerazioni, il Juzgado de lo Mercantil n. 3 de Barcelona, nutrendo dubbi sulla corretta interpretazione del diritto dell’Unione, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

 

«1)      Se il sistema di esecuzione dei titoli giudiziali su beni ipotecati o pignorati stabilito dagli articoli 695 e segg. del Codice di procedura civile spagnolo, che pone limiti ai motivi di opposizione previsti dall’ordinamento processuale spagnolo, costituisca una palese limitazione della tutela del consumatore, in quanto pone evidenti ostacoli di carattere formale e sostanziale all’esercizio, da parte di quest’ultimo, delle azioni legali o dei mezzi di ricorso giurisdizionali che garantiscono una tutela effettiva dei suoi diritti.

 

2)      Si chiede […] di dare un contenuto alla nozione di sproporzione per quanto riguarda:

 

      a)      la possibilità di esigibilità anticipata di contratti a lungo termine – nel caso di specie, 33 anni – per inadempimenti relativi ad un periodo assai limitato e preciso;

 

      b)      la fissazione di interessi moratori – nel caso di specie, superiori al 18% – che non rispondono ai criteri di determinazione degli interessi di mora inseriti in altri contratti riguardanti i consumatori (credito al consumo) e che in altri ambiti della contrattazione relativa ai consumatori potrebbero essere considerati abusivi ma per i quali, tuttavia, nei contratti di mutuo per l’acquisto di immobili, non sono previsti limiti di legge chiari, nemmeno nei casi in cui i detti interessi debbano essere applicati non soltanto alle rate scadute, bensì a tutte le rate dovute in virtù dell’esigibilità anticipata del contratto;

 

      c)      la previsione di meccanismi di liquidazione e di fissazione degli interessi – sia ordinari che moratori – a tasso variabile, messi in atto unilateralmente dal mutuante e vincolati alla possibilità di esecuzione forzata, che non permettono al debitore esecutato di opporsi alla quantificazione del debito nell’ambito dello stesso procedimento esecutivo, ma rinviano ad un procedimento di cognizione in cui, quando verrà ottenuta una pronuncia definitiva, l’esecuzione si sarà conclusa o, quanto meno, il debitore avrà perduto il bene ipotecato o dato in garanzia, una questione, questa, che assume speciale rilevanza qualora il mutuo sia stato richiesto per l’acquisto di una casa e l’esecuzione comporti lo sgombero dell’immobile».

 

 Sulle questioni pregiudiziali

 

 Sulla ricevibilità

 

32      La Catalunyacaixa e il Regno di Spagna nutrono dubbi in merito alla ricevibilità della prima questione, in quanto ritengono che non sarebbe utile al giudice del rinvio per dirimere la controversia sottopostagli. In proposito, affermano che questa controversia si svolge nel contesto di un procedimento di merito autonomo e distinto rispetto a quello di esecuzione ipotecaria, e concerne unicamente la nullità, alla luce della normativa sulla tutela dei consumatori, della clausola 15 del contratto di mutuo in oggetto nel procedimento principale. Di conseguenza, a loro avviso, una risposta sulla compatibilità del procedimento di esecuzione ipotecaria con la direttiva non è necessaria né rilevante per dirimere detta controversia.

 

33      Nella medesima ottica, il Regno di Spagna e la Catalunyacaixa contestano altresì la ricevibilità della seconda questione, nei limiti in cui quest’ultima mira ad ottenere l’interpretazione della nozione di sproporzione, ai sensi delle pertinenti disposizioni della direttiva, quanto alle clausole concernenti l’esigibilità anticipata nei contratti a lungo termine e la fissazione degli interessi di mora. Essi sostengono infatti che tali clausole non presentano alcuna relazione con l’oggetto della controversia alla base del procedimento principale e non possono neppure risultare utili per valutare il carattere abusivo della clausola 15 del contratto di mutuo controverso.

 

34      A tale riguardo occorre ricordare anzitutto che, in forza di una costante giurisprudenza, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, basato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è l’unico competente ad esaminare e valutare i fatti del procedimento principale nonché ad interpretare ed a applicare il diritto nazionale. Parimenti spetta esclusivamente al giudice nazionale, investito della controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della controversia, sia la necessità sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a pronunciarsi (sentenza del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito, C‑618/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 76 e giurisprudenza citata).

 

35      Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è quindi possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o l’oggetto del procedimento principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi in fatto e in diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza Banco Español de Crédito, cit., punto 77 e giurisprudenza citata).

 

36      Orbene, tale situazione non si produce nel caso di specie.

 

37      Occorre in effetti rilevare che in base al sistema processuale spagnolo, nel contesto del procedimento di esecuzione ipotecaria promosso dalla Catalunyacaixa nei confronti del sig. Aziz, quest’ultimo ha potuto contestare il carattere abusivo di una clausola del contratto che lo vincola a questo istituto di credito, che è all’origine dell’apertura del procedimento esecutivo, non già dinanzi al Juzgado de Primera Instancia nº 5 de Martorell, giudice dell’esecuzione, bensì presso il Juzgado de lo Mercantil n. 3 de Barcelona, giudice di merito.

 

38      In questo contesto, come osserva giustamente la Commissione europea, la prima questione sollevata dal Juzgado de lo Mercantil n. 3 de Barcelona deve essere intesa in senso lato, ossia come sostanzialmente diretta a vagliare, alla luce della limitazione dei motivi di opposizione ammessi nell’ambito del procedimento di esecuzione ipotecaria, la compatibilità con la direttiva dei poteri riconosciuti al giudice del merito, competente a valutare il carattere abusivo delle clausole figuranti nel contratto oggetto del procedimento principale, da cui deriva il debito reclamato in forza del citato procedimento esecutivo.

 

39      Ciò premesso, e tenuto conto della circostanza che è compito della Corte fornire una soluzione utile al giudice del rinvio, che gli consenta di risolvere la controversia di cui è investito (v. sentenze del 28 novembre 2000, Roquette Frères, C‑88/99, Racc. pag. I‑10465, punto 18, e dell’11 marzo 2010, Attanasio Group, C‑384/08, Racc. pag. I‑2055, punto 19), occorre dichiarare che non appare in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta nella prima questione non presenti alcun rapporto con la realtà effettiva o l’oggetto del procedimento principale.

 

40      Parimenti, non si può escludere che l’interpretazione della nozione di sproporzione, ai sensi delle pertinenti disposizioni della direttiva, cui mira la seconda questione, possa rivelarsi utile per dirimere la controversia di cui è investito il Juzgado de lo Mercantil n. 3 de Barcelona.

 

41      Come evidenzia l’avvocato generale ai paragrafi 62 e 63 delle conclusioni, infatti, sebbene la domanda di annullamento promossa dal sig. Aziz nel procedimento principale verta unicamente sulla validità della clausola 15 del contratto di mutuo, è sufficiente dichiarare che, da un lato, a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva, un esame complessivo delle altre clausole contrattuali oggetto della citata questione è idoneo ad incidere sull’esame di quella contestata nel procedimento principale e, dall’altro, che in forza della giurisprudenza della Corte il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio il carattere abusivo di tutte le clausole del contratto rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva, anche qualora manchi un’espressa domanda in questo senso, a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine (v., in questo senso, sentenze del 4 giugno 2009, Pannon GSM, C‑243/08, Racc. pag. I‑4713, punti 31 e 32, nonché Banco Español de Crédito, cit., punto 43).

 

42      Pertanto, tutte le questioni pregiudiziali sono ricevibili.

 

 Nel merito

 

 Sulla prima questione

 

43      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva debba essere interpretata nel senso che osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale, pur non prevedendo nel contesto di un procedimento di esecuzione ipotecaria motivi di opposizione tratti dal carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto stipulato tra un consumatore ed un professionista, non consente al giudice investito del procedimento di merito, competente per l’esame del carattere abusivo di una siffatta clausola, di adottare provvedimenti provvisori che garantiscano la piena efficacia della sua decisione finale.

 

44      Per rispondere a tale questione, va ricordato innanzitutto che il sistema di tutela istituito dalla direttiva è fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative che il grado di informazione (sentenza Banco Español de Crédito, cit., punto 39).

 

45      Alla luce di una siffatta situazione di inferiorità, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva prevede che le clausole abusive non vincolino i consumatori. Come emerge dalla giurisprudenza, si tratta di una disposizione imperativa tesa a sostituire all’equilibrio formale, che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti, un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza tra queste ultime (sentenza Banco Español de Crédito, cit., punto 40 e giurisprudenza citata).

 

46      In questo contesto, la Corte ha già reiteratamente osservato che il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva e, in tal modo, ad ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari (citate sentenze Pannon GSM, punti 31 e 32, nonché Banco Español de Crédito, punti 42 e 43).

 

47      Statuendo su una domanda di pronuncia pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale adìto nell’ambito di un procedimento in contraddittorio instauratosi a seguito dell’opposizione proposta da un consumatore avverso un’ingiunzione di pagamento, la Corte ha dichiarato che detto giudice deve adottare d’ufficio misure istruttorie al fine di accertare se una clausola attributiva di competenza giurisdizionale territoriale esclusiva inserita in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore rientri nell’ambito di applicazione della direttiva e, in caso affermativo, valutare d’ufficio la natura eventualmente abusiva di una clausola siffatta (sentenza del 9 novembre 2010, VB Pénzügyi Lízing, C‑137/08, Racc. pag. I‑10847, punto 56).

 

48      Parimenti, la Corte ha precisato che la direttiva osta ad una normativa di uno Stato membro che non consenta al giudice investito di una domanda d’ingiunzione di pagamento di esaminare d’ufficio, in limine litis né in qualsiasi altra fase del procedimento, anche qualora disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, la natura abusiva di una clausola sugli interessi moratori inserita in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, in assenza di opposizione proposta da quest’ultimo (sentenza Banco Español de Crédito, cit., punto 57).

 

49      Tuttavia, la causa oggetto del procedimento principale si distingue da quelle da cui sono scaturite le citate sentenze VB Pénzügyi Lízing e Banco Español de Crédito per la circostanza che riguarda la definizione delle responsabilità che gravano sull’organo giurisdizionale investito di un procedimento di merito collegato al procedimento di esecuzione ipotecaria, affinché sia garantito, se necessario, l’effetto utile della decisione nel merito che dichiara abusivi la clausola contrattuale a fondamento del titolo esecutivo e, di conseguenza, l’avvio di detto procedimento esecutivo.

 

50      Al riguardo si deve constatare che, in mancanza di armonizzazione dei meccanismi nazionali di esecuzione forzata, le modalità di attuazione dei motivi di opposizione ammessi nel contesto di un procedimento di esecuzione ipotecaria e dei poteri conferiti al giudice del merito, competente a vagliare la legittimità delle clausole contrattuali in forza delle quali è stato rilasciato il titolo esecutivo, rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in forza del principio di autonomia processuale di questi ultimi, a condizione, tuttavia, che tali modalità non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti ai consumatori dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenze del 26 ottobre 2006, Mostaza Claro, C‑168/05, Racc. pag. I‑10421, punto 24, e del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones, C‑40/08, Racc. pag. I‑9579, punto 38).

 

51      Per quanto riguarda il principio di equivalenza, si deve rilevare che la Corte non dispone di alcun elemento tale da suscitare un dubbio quanto alla conformità a quest’ultimo della normativa di cui trattasi nel procedimento principale.

 

52      Infatti, risulta dal fascicolo che il sistema processuale spagnolo vieta al giudice nazionale investito di un procedimento di merito connesso a quello ipotecario di emanare provvedimenti provvisori che assicurino la piena efficacia della sua decisione finale, non soltanto quando valuta la natura abusiva, alla luce dell’articolo 6 della direttiva, di una clausola inserita in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, ma altresì quando verifica la contrarietà di una clausola siffatta alle norme nazionali di ordine pubblico, il che, tuttavia, dovrà essere accertato da esso stesso (v., in questo senso, sentenza Banco Español de Crédito, cit., punto 48).

 

53      Per quanto riguarda il principio di effettività, si deve rammentare che, per giurisprudenza costante della Corte, ciascun caso in cui si pone la questione se una disposizione processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta disposizione nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali (v. sentenza Banco Español de Crédito, cit., punto 49).

 

54      Nel caso di specie, dal fascicolo sottoposto alla Corte si evince che, ai sensi dell’articolo 695 del Codice di procedura civile, nei procedimenti di esecuzione ipotecaria l’opposizione del debitore esecutato può essere accolta unicamente quando si fondi sull’estinzione della garanzia o dell’obbligazione garantita, oppure su un errore nella determinazione dell’importo esigibile, quando il credito assistito da garanzia è il saldo alla chiusura di un conto fra creditore che chiede l’esecuzione e debitore esecutato, o ancora sull’esistenza di un’altra ipoteca o garanzia iscritta anteriormente al gravame su cui si fonda il procedimento.

 

55      A norma dell’articolo 698 del Codice di procedura civile, su qualsiasi opposizione del debitore, compresi i motivi di opposizione che riguardano la nullità del titolo nonché l’esigibilità, la certezza, l’estinzione o l’entità del credito, si decide nel relativo procedimento, senza che ciò comporti la sospensione o un blocco del procedimento giudiziario di esecuzione previsto nel capo in questione.

 

56      Inoltre, in forza dell’articolo 131 della legge sull’ipoteca, le annotazioni preventive di domanda di nullità dell’ipoteca o le altre annotazioni non fondate su uno dei casi che possono determinare la sospensione dell’esecuzione saranno cancellate in forza dell’ordine di cancellazione di cui all’articolo 133 di tale legge, purché siano successive all’annotazione in margine di rilascio del rapporto informativo immobiliare.

 

57      Orbene, da tali indicazioni risulta che nel sistema processuale spagnolo l’aggiudicazione definitiva di un bene ipotecato ad un terzo acquisisce sempre carattere irreversibile, anche qualora la natura abusiva della clausola impugnata dal consumatore dinanzi al giudice del merito comporti la nullità del procedimento di esecuzione ipotecaria, salvo l’ipotesi in cui detto consumatore abbia proceduto ad un’annotazione preventiva della domanda di nullità dell’ipoteca prima di detta annotazione in margine.

 

58      A tale riguardo, occorre ciò nondimeno constatare che, tenuto conto dello svolgimento e delle peculiarità del procedimento di esecuzione ipotecaria oggetto del procedimento principale, siffatta ipotesi deve essere considerata residuale, in quanto sussiste un rischio non trascurabile che il consumatore interessato non proceda a detta annotazione preliminare entro i termini impartiti a tal fine, vuoi a causa del carattere estremamente rapido del procedimento esecutivo in questione, vuoi perché ignora o non comprende la portata dei suoi diritti (v., in questo senso, sentenza Banco Español de Crédito, cit., punto 54).

 

59      Si deve constatare che un regime processuale di questo tipo, prevedendo l’impossibilità per il giudice del merito, dinanzi al quale il consumatore ha presentato una domanda volta ad eccepire il carattere abusivo di una clausola contrattuale che funge da fondamento del titolo esecutivo, di emanare provvedimenti provvisori atti a sospendere il procedimento di esecuzione ipotecaria o a bloccarlo, allorché la concessione di tali provvedimenti risulta necessaria per garantire la piena efficacia della sua decisione finale, è idonea a compromettere l’effettività della tutela voluta dalla direttiva (v., in questo senso, sentenza del 13 marzo 2007, Unibet, C‑432/05, Racc. pag. I‑2271, punto 77).

 

60      In effetti, come ha altresì fatto notare l’avvocato generale al paragrafo 50 delle conclusioni, in mancanza di tale possibilità, in tutte le ipotesi in cui, come accade nel procedimento principale, l’esecuzione immobiliare sul bene ipotecato abbia avuto luogo prima che il giudice del merito pronunciasse la decisione con cui dichiara abusiva la clausola contrattuale che si trova all’origine dell’ipoteca e, di conseguenza, nullo il procedimento esecutivo, una siffatta decisione consentirebbe di garantire a detto consumatore soltanto una tutela a posteriori meramente risarcitoria, la quale si rivelerebbe incompleta ed insufficiente e costituirebbe un mezzo inadeguato ed inefficace per far cessare il ricorso a suddetta clausola, in contrasto con quanto disposto all’articolo 7, paragrafo, 1, della direttiva 93/13.

 

61      Ciò vale a maggior ragione qualora, come accade nel procedimento principale, il bene su cui grava la garanzia ipotecaria costituisca l’abitazione del consumatore leso e della sua famiglia, poiché questo meccanismo di tutela dei consumatori limitato al risarcimento dei danni non consente di evitare la perdita definitiva ed irreversibile di suddetta abitazione.

 

62      Come ha rilevato anche il giudice del rinvio, sarebbe pertanto sufficiente che i professionisti avviassero, in presenza delle condizioni richieste, un tale procedimento di esecuzione ipotecaria, per privare in sostanza i consumatori del beneficio della tutela perseguita dalla direttiva, il che risulta del pari contrario alla giurisprudenza della Corte, secondo la quale le caratteristiche specifiche dei procedimenti giurisdizionali che si svolgono nel contesto del diritto nazionale tra i professionisti ed i consumatori non possono costituire un elemento atto a pregiudicare la tutela giuridica di cui devono godere questi ultimi in forza delle disposizioni di tale direttiva (v., in questo senso, sentenza Banco Español de Crédito, cit., punto 55).

 

63      In tali condizioni, si deve constatare che la normativa spagnola di cui trattasi nel procedimento principale non appare conforme al principio di effettività, in quanto rende impossibile o eccessivamente difficile, nei procedimenti di esecuzione ipotecaria instaurati dai professionisti e nei quali i consumatori sono parti convenute, l’applicazione della tutela che la direttiva intende conferire a queste ultime.

 

64      Alla luce di tali considerazioni, occorre rispondere alla prima questione che la direttiva deve essere interpretata nel senso che osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale non prevede, nel contesto di un procedimento di esecuzione ipotecaria, motivi di opposizione tratti dal carattere abusivo di una clausola contrattuale che costituisce il fondamento del titolo esecutivo, e, al contempo, non consente al giudice del merito, competente a valutare il carattere abusivo di una clausola del genere, di emanare provvedimenti provvisori, tra cui, in particolare, la sospensione di detto procedimento esecutivo, allorché la concessione di tali provvedimenti risulta necessaria per garantire la piena efficacia della sua decisione finale.

 

 Sulla seconda questione

 

65      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza precisazioni in merito agli elementi costitutivi della nozione di «clausola abusiva», alla luce dell’articolo 3, paragrafi 1 e 3, della direttiva e del suo allegato, onde valutare il carattere abusivo o meno delle clausole oggetto del procedimento principale vertenti sull’esigibilità anticipata nei contratti a lungo termine, sulla fissazione degli interessi di mora, nonché sull’accordo di liquidazione.

 

66      Al riguardo occorre precisare che, secondo una giurisprudenza consolidata, la competenza della Corte in materia verte sull’interpretazione della nozione di «clausola abusiva», di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva e all’allegato della medesima, nonché sui criteri che il giudice nazionale può o deve applicare in sede di esame di una clausola contrattuale con riguardo alle disposizioni della direttiva, fermo restando che spetta al suddetto giudice pronunciarsi, in base ai criteri sopra citati, sulla qualificazione concreta di una specifica clausola contrattuale in funzione delle circostanze proprie del caso di specie. Ne risulta che la Corte deve limitarsi a fornire al giudice del rinvio indicazioni che quest’ultimo dovrà prendere in considerazione al fine di valutare il carattere abusivo della clausola di cui trattasi (v. sentenza del 26 aprile 2012, Invitel, C‑472/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 22 e giurisprudenza citata).

 

67      Ciò premesso, occorre osservare che, riferendosi alle nozioni di buona fede e di significativo squilibrio a danno del consumatore tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva definisce solo in modo astratto gli elementi che conferiscono carattere abusivo ad una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale (v. sentenze del 1° aprile 2004, Freiburger Kommunalbauten, C‑237/02, Racc. pag. I‑3403, punto 19, e Pannon GSM, cit., punto 37).

 

68      Orbene, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 71 delle conclusioni, per appurare se una clausola determini un «significativo squilibrio» dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto, occorre tener conto, in particolare, delle disposizioni applicabili nel diritto nazionale in mancanza di un accordo tra le parti in tal senso. Sarà proprio una siffatta analisi comparatistica a consentire al giudice nazionale di valutare se, ed eventualmente in che misura, il contratto collochi il consumatore in una situazione giuridica meno favorevole rispetto a quella prevista dal vigente diritto nazionale. Inoltre, nella medesima ottica, risulta opportuno procedere a vagliare la situazione giuridica in cui versa il citato consumatore alla luce dei mezzi che la disciplina nazionale mette a sua disposizione per far cessare il ricorso a clausole abusive.

 

69      Per chiarire quali siano le circostanze in cui un tale squilibrio sia creato «malgrado il requisito della buona fede», occorre constatare che, alla luce del sedicesimo considerando della direttiva e come ha osservato in sostanza l’avvocato generale al paragrafo 74 delle conclusioni, a tale fine il giudice nazionale deve verificare se il professionista, qualora avesse trattato in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo aderisse ad una siffatta clausola nell’ambito di un negoziato individuale.

 

70      In tale contesto, si deve rammentare che l’allegato, cui rinvia l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva, contiene solo un elenco indicativo e non esaustivo di clausole che possono essere dichiarate abusive (v. sentenza Invitel, cit., punto 25 e giurisprudenza citata).

 

71      Inoltre, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva, il carattere abusivo di una clausola contrattuale dev’essere valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione (citate sentenze Pannon GSM, punto 39, e VB Pénzügyi Lízing, punto 42). Ne discende che, in questo contesto, devono altresì essere valutate le conseguenze che la detta clausola può avere nell’ambito del diritto applicabile al contratto, il che implica un esame del sistema giuridico nazionale (v. sentenza Freiburger Kommunalbauten, cit., punto 21, e ordinanza del 16 novembre 2010, Pohotovosť, C‑76/10, Racc. pag. I‑11557, punto 59).

 

72      È alla luce di tali criteri che il Juzgado de lo Mercantil n. 3 de Barcelona deve valutare la natura abusiva delle clausole cui si riferisce la seconda questione sottoposta.

 

73      In particolare, per quanto anzitutto attiene alla clausola relativa all’esigibilità anticipata, nei contratti a lungo termine, a causa di inadempimenti del debitore per un periodo limitato, il giudice del rinvio deve segnatamente verificare, come rileva l’avvocato generale ai paragrafi 77 e 78 delle conclusioni, se la facoltà riconosciuta al professionista di dichiarare esigibile il prestito nella sua interezza dipenda dal mancato adempimento da parte del consumatore di un obbligo che presenta un carattere essenziale nel contesto del rapporto contrattuale in oggetto, se tale facoltà sia prevista per le ipotesi in cui siffatto inadempimento riveste un carattere sufficientemente grave rispetto alla durata e all’importo del prestito, se detta facoltà deroghi alle norme applicabili in materia e se il diritto nazionale preveda mezzi adeguati ed efficaci che consentano al consumatore che subisce l’applicazione di tale clausola di ovviare agli effetti di tale esigibilità del prestito.

 

74      Poi, per quanto riguarda la clausola relativa alla fissazione degli interessi di mora, occorre ricordare che, alla luce del punto 1, lettera e), dell’allegato della direttiva, letto in combinato disposto con le disposizioni degli articoli 3, paragrafo 1, e 4, paragrafo 1, della direttiva, il giudice del rinvio dovrà verificare in particolare, come ha sottolineato l’avvocato generale ai paragrafi 85‑87 delle conclusioni, da un lato, le norme nazionali applicabili tra le parti, nelle ipotesi in cui non sia stato concluso alcun accordo nel contratto in oggetto o nei vari contratti di questo tipo stipulati con i consumatori e, dall’altro, il livello del tasso di interesse di mora stabilito, rispetto al tasso di interesse legale, onde appurare che esso sia idoneo a garantire il conseguimento delle finalità che esso persegue nello Stato membro interessato e non ecceda quanto necessario per realizzarle.

 

75      Infine, quanto alla clausola relativa alla liquidazione unilaterale, da parte del mutuante, del debito non assolto, legata alla possibilità di promuovere il procedimento di esecuzione ipotecaria, occorre dichiarare che, tenuto conto del punto 1, lettera q), dell’allegato della direttiva, nonché dei criteri figuranti agli articoli 3, paragrafo 1, e 4, paragrafo 1, di essa, il giudice del rinvio dovrà valutare se, ed eventualmente in che misura, la clausola in oggetto deroghi alle norme applicabili in assenza di accordo tra le parti, rendendo più arduo per il consumatore, visti gli strumenti processuali di cui dispone, l’accesso alla giustizia e l’esercizio dei diritti della difesa.

 

76      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione che:

 

–        l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva deve essere interpretato nel senso che

 

–        la nozione di «significativo squilibrio» a danno del consumatore deve essere valutata mediante un’analisi delle disposizioni nazionali applicabili in mancanza di un accordo tra le parti, onde appurare se, ed eventualmente in che misura, il contratto collochi il consumatore in una situazione giuridica meno favorevole rispetto a quella prevista dal vigente diritto nazionale. Inoltre, nella medesima prospettiva, a tale fine risulta pertinente procedere a vagliare la situazione giuridica in cui versa il citato consumatore alla luce dei mezzi che la disciplina nazionale mette a sua disposizione per far cessare il ricorso a clausole abusive;

 

–        per accertare se lo squilibrio sia creato «malgrado il requisito della buona fede», occorre verificare se il professionista, qualora avesse trattato in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo aderisse alla clausola in oggetto in seguito a negoziato individuale.

 

–        L’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva deve essere interpretato nel senso che l’allegato cui tale disposizione fa rinvio contiene solo un elenco indicativo e non esaustivo di clausole che possono essere dichiarate abusive.

 

 Sulle spese

 

77      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

1)      La direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretata nel senso che osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale non prevede, nel contesto di un procedimento di esecuzione ipotecaria, motivi di opposizione tratti dal carattere abusivo di una clausola contrattuale che costituisce il fondamento del titolo esecutivo, e, al contempo, non consente al giudice del merito, competente a valutare il carattere abusivo di una clausola del genere, di emanare provvedimenti provvisori, tra cui, in particolare, la sospensione di detto procedimento esecutivo, allorché la concessione di tali provvedimenti risulti necessaria per garantire la piena efficacia della sua decisione finale.

 

2)      L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che:

 

–        la nozione di «significativo squilibrio» a danno del consumatore deve essere valutata mediante un’analisi delle disposizioni nazionali applicabili in mancanza di un accordo tra le parti, onde appurare se, ed eventualmente in che misura, il contratto collochi il consumatore in una situazione giuridica meno favorevole rispetto a quella prevista dal vigente diritto nazionale. Inoltre, nella medesima prospettiva, a tale fine risulta pertinente procedere a vagliare la situazione giuridica in cui versa il citato consumatore alla luce dei mezzi che la disciplina nazionale mette a sua disposizione per far cessare il ricorso a clausole abusive;

 

–        per accertare se lo squilibrio sia creato «malgrado il requisito della buona fede», occorre verificare se il professionista, qualora avesse trattato in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo aderisse alla clausola in oggetto in seguito a negoziato individuale.

 

L’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che l’allegato cui tale disposizione fa rinvio contiene solo un elenco indicativo e non esaustivo di clausole che possono essere dichiarate abusive.

 

Firme

Fonte:   www.aidacon.it

 

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