Corte di Cassazione Sentenza n° 11857/2011 – Condomino – distacco del proprio impianto di riscaldamento dall’impianto centralizzato – legittimità -27.05.2011.-

La Corte di Cassazione, ha cassato la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Milano, con la quale aveva dichiarato illegittimo il distacco dall’impianto centralizzato di un condomino, in quanto lo stesso avrebbe creato squilibrio termico ed il connesso aggravio di spesa per gli altri condomini. La Suprema Corte, ribadendo il proprio consolidato orientamento, ha accolto il ricorso del condomino, precisando che anche in un fabbricato con unità immobiliari attigue ( cioè nella maggior parte dei casi) il distacco dall’impianto di riscaldamento di un condomino non crea un rilevante squilibrio termico, risultando pertanto legittimo.

 

                                                                      CORTE DI CASSAZIONE 

                                                                          II SEZIONE  CIVILE
 
                                                             SENTENZA  N° 11857 DEL 27.05.2011

 

 
                                                                  SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con citazione notificata il 3 luglio 1993 U.S. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano il condominio dello stabile sito in quella città, via (…), impugnando la delibera con la quale gli era stata negata l’autorizzazione a distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento.

Il condominio si costituiva, contestando il fondamento dalla domanda, che veniva rigettata dal

Tribunale adito con sentenza n. 3884/99. U. S. proponeva appello, che veniva rigettato dalla Corte di Appello di Milano, con sentenza del 20 giugno 2000, in quanto il distacco comportava un aggravio di spese per la gestione dell’ impianto da parte del condominio.

Avverso tale sentenza U. S. proponeva ricorso per Cassazione. Questa S.C., con sentenza in data 25 marzo 2004 n. 5974, accoglieva il ricorso, sulla base della propria giurisprudenza secondo la quale la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale operata dal singolo condomino mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell’impianto centralizzato è legittima quando l’interessato dimostri che, dal suo operato, non derivano aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell’impianto, ne squilibri termici pregiudizievoli per la erogazione del servizio. Nella specie le ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata erano illogiche o apodittiche.

Era manifestamente illogica la considerazione che lo squilibrio termico ed il connesso aggravio di spesa per gli altri partecipanti sarebbero dipesi unicamente dagli “umori” del S., che a suo piacimento avrebbe potuto accendere o no l’impianto autonomo: il S. avrebbe potuto egualmente incidere sull’equilibrio termico dell’intero edificio chiudendo nel suo appartamento i radiatori dell’impianto centrale esistente.

Non era sufficientemente motivata la asserita mancanza di prova circa il maggior consumo energetico e l’aggravio di spese, che, secondo un cenno contenuto nella stessa sentenza della Corte di appello, sarebbero risultati assolutamente minimi.

La causa veniva riassunta davanti alla Corte di appello di Milano, designata quale giudice di rinvio, la quale, con sentenza in data 9 maggio 2007, confermava la illegittimità del distacco dall’impianto di riscaldamento, in base alla seguente motivazione: lo squilibrio termico e l’aggravio di spese sono, per così dire, due facce della stessa realtà, nel senso che, per non determinare uno squilibrio termico, il distacco dall’impianto centrale della (già riscaldata) unità del singolo condomino deve comportare una proporzionale riduzione delle spese di esercizio: diversamente il distacco non potrà che incidere in senso negativo, determinando uno squilibrio termico, eliminabile solo con aggravio di spese. In questa ottica la decisione del Tribunale è da confermarsi.

Infatti lungi dall’avere una sua specifica autonomia logistica, cosicché il distacco non produce alcuna conseguenza sulle unità vicine, nel caso di specie, sulla base dei rilievi del consulente tecnico d’ufficio, risulta invece che l’abitazione dell’attore si trova ben inserita nello stabile condominiale, formando un tutt’uno con lo stesso; si tratta di un appartamento di tre locali situato al primo piano dello stabile, confinante sopra e sotto e su tutti i lati con vani di proprietà di altri condomini, che usufruiscono dello stesso impianto di riscaldamento. Ne deriva, per immediata percezione, che l’interruzione del riscaldamento nei locali di proprietà S. costringerebbe i vicini a potenziare i loro radiatori per potere far fronte alla diminuzione di calore indotto da quei locali. E il CTU, sviluppando criteri di calcolo riconosciuti corretti dalle stesse parti in causa, ha indicato in 1.041 W la maggior potenza necessaria per far funzionare l’impianto con conseguenti maggiori oneri a carico degli altri condomini (v. pag. 19, 20) “. E da tale accertato aumento di consumo e di costo(conteggiato nello 0,63219 %) consegue la non legittimità dell’opera del S. mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell’impianto centralizzato.

Contro tale decisione U. S. ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi.

Resiste con controricorso il condominio.

 

                                                                    MOTIVI DELLA DECISIONE 

 

Con il primo motivo il ricorrente deduce che la Corte di appello è venuta meno al compito che le

era stato affidato, quale giudice del rinvio da questa S.C., rifacendosi alle stesse argomentazioni le quali erano state considerate illogiche a prescindere dal fatto che non si e tenuto conto della inesistenza in concreto dello squilibrio termico al quale ha fatto riferimento la sentenza impugnata, in quanto esso S. ha nel frattempo installato nel proprio appartamento un impianto di riscaldamento autonomo.

Il motivo è fondato, non potendosi condividere il ragionamento della Corte di appello di Milano sotto un duplice profilo.

Se, infatti, si dovesse aderire alle conclusioni della sentenza impugnata, quel distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato che questa S.C. ammette in linea di principio sarebbe sempre da escludere in concreto, in quanto nell’ambito di un condominio ogni unità immobiliare confina con almeno un’altra unità immobiliare, per cui il distacco dall’impianto centralizzato da parte di uno dei condomini provocherebbe sempre quel tipo di squilibrio termico al quale ha fatto riferimento la sentenza impugnata e che comunque era stato implicitamente considerato irrilevante da parte di questa S.C. nella propria precedente sentenza, anche in considerazione che la stessa situazione, senza che il condominio potesse lamentarsi per lo squilibrio termico conseguente, si sarebbe potuta verificare ove il S. avesse chiuso i propri radiatori.

Il secondo motivo, con il quale il ricorrente si duole della mancata ammissione delle prove dirette

a dimostrare che aveva comunque installato il proprio impianto di riscaldamento autonomo nel proprio appartamento, per cui non si verificava in concreto quello squilibrio termico al quale ha fatto riferimento la sentenza impugnata viene ad essere assorbito.

In relazione al motivo accolto la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, per un nuovo esame, ad altra sezione della Corte di appello di Milano, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

 

                                                                                  P.Q.M.

 

la Corte accoglie il primo motivo del ricorso, con assorbimento del secondo motivo; cassa la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano, anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

 

Depositata in Cancelleria il 27.05.2011

 

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