Corte di Cassazione n° 7966/2012 – non è reato la condotta di chi, per entrare in Ztl, espone il pass invalidi rilasciato a persona non presente a bordo auto – 29.02.2012

“non integra il delitto di sostituzione di persona, né quello di truffa ai danni dell’ente territoriale che esercita la vigilanza della viabilità, la condotta di colui che, al fine di accedere all’interno di una zona a traffico limitato, e percorrere le corsie preferenziali di un centro urbano, esponga sul parabrezza dell’auto un contrassegno per invalidi, rilasciato ad altra persona che non si trova a bordo del veicolo…. Il “permesso invalidi” rappresenta, infatti, esclusivamente l’autorizzazione amministrativa per circolare in zone altrimenti interdette, rilasciata per quell’autovettura, in quanto al servizio della persona invalida; e la mera esposizione, sui parabrezza dell’autovettura autorizzata, del relativo contrassegno, è un comportamento del tutto neutro..” 

                                                                     CORTE DI CASSAZIONE 

                                                                 SECONDA SEZIONE PENALE   

                                                           SENTENZA N° 7966 DEL 29.02.2012 
 

Presidente Sirena – Relatore Cervadoro

                                                                SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 1.3.2011, il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Firenze dichiarava non luogo a procedere nei confronti di A.P. in ordine ai reati di sostituzione di persona e truffa continuata, perché i fatti non sussistono, ritenendo che il fatto così come descritto al capo a) dell’imputazione (per avere, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, indebitamente utilizzato in più occasioni il permesso per invalidi n. 125 rilasciato dal Comune di Campi Bisenzio in favore del padre A.G. e telepass abbinato n. 0150146942, esponendoli sul veicolo nella sua disponibilità targato (…), in assenza dell’invalido: permesso grazie al quale, accedeva tramite corsie preferenziali e porte telematiche alla ZTL ove parcheggiava senza pagare alcunché, così attribuendosi falsamente per almeno 100 volte lo status di “accompagnatore al servizio”) non sia neppure astrattamente riconducibile al delitto di sostituzione di persona; la “sostituzione di persona” comporta l’assunzione da parte di qualcuno dell’identità di altra persona e non si assume l’identità di altra persona semplicemente con l’esposizione sul cruscotto dell’automobile di un permesso di sosta intestato a quest’ultima.
Nel caso di specie, l’incolpato si è limitato a godere di una prerogativa o ad utilizzare un permesso di cui non aveva diritto. Anche il reato di truffa di cui al capo b) non è ipotizzabile, i n quanto nella fattispecie manca l’atto di disposizione patrimoniale che è causa dell’ingiusto profitto con altrui danno.
Ciò perché non è ravvisabile un atto di disposizione nel fatto che gli organi proposti al controllo, indotti in errore, non abbiano potuto contestare le infrazioni amministrative, né nel fatto che l’ente comunale abbia subito l’inadempienza dell’agente, per il mancato versamento delle somme che sarebbero state dovute in conseguenza delle violazioni amministrative o per la sosta del veicolo all’interno di zone a traffico limitato.
Avverso la suddetta sentenza, il P.M. presso il tribunale di Firenze ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi:
1. – Violazione dell’art. 494 c.p. per avere il g.u.p disatteso la giurisprudenza di questa Corte di legittimità la quale ha ravvisato la sostituzione di persona nell’ipotesi in cui un soggetto si attribuisca una falsa qualità alla quale l’ordinamento attribuisce effetti giuridici;
2. – Violazione dell’art. 640 C.P. atteso che sarebbe limitativa ogni interpretazione riduttiva di patrimonio e di “atto di disposizione negativo” in quanto «oggi gli introiti delle violazioni al CDS sono addirittura poste attive dei bilanci, sia preventivi che consuntivi, delle amministrazioni comunali e quindi il loro mancato introito costituisce sia di fatto che di diritto un vero e proprio atto di disposizione negativo»;
3. – Violazione dell’art. 448 C.P. perché in ogni. caso, la condotta dell’imputato sarebbe penalmente rilevante con riferimento alle ipotesi di cui agli artt. 323 o 47 c.p. per avere indotto in errore i funzionari comunali avendo loro fatto falsamente avvalorare ed attestare come regolari i passaggi registrati dalle porte telematiche invece irregolari e conseguentemente inducendoli in errore e facendo loro omettere di elevare le dovute violazioni al CDS.
Chiede pertanto l’annullamento dell’ordinanza.

                                                                    MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato, e va rigettato.
1. – Questa Corte; pronunciando su casi del tutto analoghi, ha più volte affermato che non integra il delitto di sostituzione di persona, né quello di truffa ai danni dell’ente territoriale che esercita la vigilanza della viabilità, la condotta di colui che, al fine di accedere all’interno di una zona a traffico limitato, e percorrere le corsie preferenziali di un centro urbano, esponga sul parabrezza dell’auto un contrassegno per invalidi, rilasciato ad altra persona che non si trova a bordo del veicolo (v. Cass. Sez. II, sent. n. 4490 del 18.1.2012, P.M. Firenze c/Covali; Sez. II sent. n. 42988/2011 rv. 251068; Sez. II, sent. n. 45328/2011 rv. 251220; Sez. II, sent. n. 24454 del 24 marzo 2011, P.G. Firenze c/Cerchiai +1; Sez. II, sent. n. 35004/2010 rv. 248249; Sez. II, sent. n. 1389/2010, e – in riferimento al solo reati) di cui all’art. 4944 c.p. – Sez. V, sent. n. 18080/2010 rv. 247139; in senso contrario, e in riferimento al solo reato di cui all’art. 494 c.p., Sez. V, sent. n. 10203/2011 Rv. 249950, nella quale si, ritiene che la condotta in questione possa integrare gli estremi del reato dì sostituzione di persona, ed il fatto diverso da quello sanzionato in via amministrativa dall’art. 188 comma quarto c.d.s, che invece concerne la condotta di chi non sia munito del eletto contrassegno o dello stesso disabile che non rispetti, le condizioni ed i limiti prescritti).
2. – Il Collegio, condividendo la giurisprudenza assolutamente prevalente in riferimento all’insussistenza di entrambi i reati ipotizzati, ritiene sufficiente osservare, che il reato di sostituzione di persona prevede, nell’indurre in errore, un comportamento attivo del soggetto agente (la sostituzione illegittima e consapevole della propria all’altrui persona, o l’attribuzione di un falso nome, di un falso stato, ovvero di una qualità cui la legge attribuisce effetti giuridici), e che la condotta – come contestata all’A. – non integra gli estremi del reato in questione, in virtù della mera esposizione dell’autorizzazione.
Il “permesso invalidi” rappresenta, infatti, esclusivamente l’autorizzazione amministrativa per circolare in zone altrimenti interdette, rilasciata per quell’autovettura, in quanto al servizio della persona invalida; e la mera esposizione, sui parabrezza dell’autovettura autorizzata, del relativo contrassegno, è un comportamento del tutto neutro (ed è, poco significativo che l’invalido, al momento del presunto “abuso” non si trovi sull’auto, in quanto ad esempio potrebbe essere sceso per recarsi a visita medica o altrove), che non implica di per sé una “dichiarazione” di attestazione della presenza del titolare del permesso a bordo dell’autovettura medesima, come presupposto dell’autoattribuzione della qualità di “accompagnatore” da parte del conducente. Dall’utilizzazione abusiva del permesso, e in assenza, di qualsivoglia dichiarazione a riguardo (né dal capo di imputazione, né dal provvedimento impugnato, né dal ricorso si evince che l’A. sia stato in qualche occasione fermato dai vigili, né che abbia dichiarato alcunché) non può ritenersi infatti alcuna attribuzione, neppure indiretta, per il conducente del veicolo, di una qualifica soggettiva. Quanto, al reato di truffa, rileva il Collegio che, nel caso in esame, manca, come requisito implicito della fattispecie tipica del reato di truffa, l’atto di disposizione patrimoniale che costituisce l’elemento intermedio derivante dall’errore ed è causa dell’ingiusto profitto con altrui danno. Ciò perché, pur ammettendosi la configurabilità di un atto dispositivo di carattere omissivo, l’atto di disposizione patrimoniale non potrebbe essere ravvisabile nel fatto che gli organi comunali di controllo, indotti in errore, non abbiano contestato le infrazioni amministrative, né nel fatto che l’ente comunale abbia subito l’inadempienza dell’agente.
Il reato non sarebbe infatti comunque ipotizzabile, perché manca in casi del genere la necessaria cooperazione della vittima. Inoltre, non ricorrerebbe la necessaria sequenza “artificio – induzione in errore – profitto”, perché, al contrario, il profitto della condotta contestata agli imputati sarebbe realizzate immediatamente, grazie all’elusione dei controlli, e al conseguente, mancato versamento delle somme che sarebbero dovute in conseguenza delle violazioni amministrative, o per la sosta del veicolo all’interno di zone a traffico limitato. Peraltro, tra i contravventori e la pubblica amministrazione non sussisteva, prima delle violazioni amministrative che costituirebbero il sostrato economico della truffa, alcun rapporto di “debito”, tributario o di altra natura; sicché il comportamento fraudolento in nessun modo poteva correlarsi ad un “danno” dell’ente territoriale interessato, neppure dilatando al massimo la nozione di atto di disposizione di carattere omissivo. Se il profitto conseguito dagli imputati, infatti, era quello derivante dalla circolazione “abusiva” dell’autovettura al servizio dell’invalido, esso era un fatto del tutto neutro agli effetti. di un ipotetico danno del comune di Firenze, proprio perché quella condotta non era destinata a spostare “risorse” economiche dal soggetto in ipotesi “truffato” all’autore di tale condotta. Simili. principi, d’altra parte, ha applicato la giurisprudenza di questa Corte, anche quando ha affermato che non integra il delitto di tentata truffa la condotta costituita dalla produzione di falsa documentazione a sostegno di un ricorso al :Prefetto avverso l’ordinanza-ingiunzione di pagamento di una. sanzione amministrativa per violazione delle norme sulla circolazione stradale.
3. – A ciò aggiungasi che la condotta di uso indebito ed abusivo dell’autorizzazione alla circolazione rilasciata a persona invalida, condotta invero deprecabile e purtroppo assai diffusa, è oggetto di una specifica previsione normativa, che riconduce il fatto nell’ambito di un mero illecito amministrativo, al quale peraltro l’Amministrazione potrebbe far conseguire la ben più efficace misura della revoca dell’autorizzazione, ove reiteratamente utilizzata in modo “abusivo”, e per interessi diversi da quelli dell’invalido. Nell’art. 188 C.d.S., comma 4 e nel 5, sono infatti contemplate tutte le possibili ipotesi di abuso delle strutture stradali riservate agli invalidi, dalla loro utilizzazione in assenza di autorizzazione, o fuori delle condizioni e dei limiti dell’autorizzazione, all’uso improprio dell’autorizzazione. Dal confronto tra “eccesso d’uso” e l’”uso improprio” dell’autorizzazione, si evince chiaramente la volontà del legislatore di “coprire” con la norma speciale anche i casi di chi utilizzi indebitamente un permesso invalidi altrui, consentendo – anche in questo caso – l’operatività del principio di specialità di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 9, applicabile quando il medesimo fatto sia punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa (come, ad esempio, in tema di inottemperanza del conducente di un veicolo all’invito a fermarsi da parte di un ufficiale di polizia municipale, nel qual caso questa. Corte ha ritenuto ravvisabile l’illecito amministrative previsto dall’art. 192 C.d.S., comma 1, e non il reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità previsto dall’art. 650 c.p. V. Cass. Sez. I, sent. n. 36736/2008 rv 241127; Sez. I, sent. n. 3943/2008 rv 213382).
4. – La censura di cui all’ultimo motivo circa la violazione dell’art. 48 c.p. in riferimento ad ipotesi di cui all’art. 323 c.p. o 477 c.p., per aver fatto avvalorare ai funzionari comunali come regolari i passaggi invece irregolari registrati dalle porte telematiche, è del tutto generica. Nel ricorso, il pubblico ministero non ha contestato la ricostruzione dei fatti, effettuata dal giudice delle indagini preliminari, nel provvedimento emesso a seguito di richiesta di decreto penale di condanna per i reati. di cui all’art. 494 e 640, così come rubricati nella richiesta medesima, né indica. quali siano gli estremi (in fatto e in diritto) in relazione alla condotta descritta al capo b) per la configurabilità, dei reati, attribuibili all’autore mediato ex art.48 c.p., di abuso di ufficio o, in alternativa, di falsità materiale in certificati o autorizzazioni amministrative, limitandosi invero a citare una sentenza di questa Corte (Sez. V sent. n. 15860/2006 Rv. 234601), che – pronunciando nella ben diversa ipotesi di produzione di false planimetrie a corredo di una richiesta di permesso a costruire e di induzione del pubblico ufficiale a commettere abuso di ufficio – ha ritenuto insussistente il reato di cui all’art. 323 c.p., avendo la volontà viziata del pubblico ufficiale semmai prodotto un falso ideologico. Peraltro, proprio la motivazione della citata e non pertinente sentenza, avrebbe dovuto suggerire al ricorrente una più approfondita articolazione del motivo, nonché qualche opportuna riflessione circa la configurabilità di ulteriori e diversi reati (essendo chiaro che, se il fatto commesso dall’autore immediato non ha integrato il reato ex art. 323 c.p., dello stesso non può comunque rispondere l’autore mediato), e la diversità ontologica dei fatti, riconducibili in astratto ai reati accennati nel motivo, in via alternativa. Né la genericità delle deduzioni a riguardo consente, comunque, di ritenere che gli elementi presi in considerazione dal giudice possano essere superati in dibattimento, in riferimento ad una eventuale riqualificazione giuridica dei fatti, tramite l’acquisizione di nuovi elementi di prova.

                                                                                 P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Depositata in Cancelleria il 29.02.2012

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