Corte di Cassazione n° 683/2010 – aree comunali di sosta a pagamento – natura giuridica del contratto – custodia – 19.01.2010.

La Terza Sezione Civile della Corte di  Cassazione,  con la sentenza in esame, ha rimesso gli atti al Primo Presidente, ritenendo necessario l’intervento delle Sezioni Unite per la composizione del contrasto giurisprudenziale in oggetto. In particolare, la Suprema Corte ha evidenziato che nel 2009 erano state emesse due opposte  decisioni  in merito alle questioni relative alla qualificazione del contratto concluso dall’utente quando acceda ad un’area destinata al parcheggio dal comune e data in concessione a terzi e all’assunzione o meno, da parte del gestore, dell’obbligo di custodia.  

                                                           CORTE DI CASSAZIONE  

                                           III SEZIONE CIVILE   SENTENZA  N.683/2010         

Ritenuto quanto segue: 
§1. Nell’ottobre del …… la S.p.A. AXA Ass.ni  conveniva in giudizio  dinanzi  al Tribunale di Milano  l’Azienda Trasporti Municipali  di Milano (A.T.M.) per sentirla condannare  al pagamento della somma  di lire cinquanta milioni, assumendo di averla corrisposta al suo assicurato ………. a titolo di indennità assicurativa per il furto  della sua auto, avvenuto mentre essa trovavasi parcheggiata nell’area di sosta “Cascina Gobba”, gestita dalla convenuta.
Quest’ultima  si costituiva e contestava la fondatezza della domanda.
All’esito  dell’istruzione  mediante prove orali,  il Tribunale,  con sentenza del novembre 2001 rigettava la domanda  con compensazione delle spese di lite.
La Axa appellava la sentenza davanti  alla Corte di Appello di Milano, che, nella resistenza dell’A.T.M., rigettava l’appello con compensazione  delle spese del grado, escludendo l’esistenza dell’obbligo di custodia.
§2. Contro la sentenza ha proposto ricorso  per cassazione affidato atre motivi la AXA.
Ha resistito con controricorso la A.T.M.
Entrambi le parti hanno depositato memoria.
Considerato quanto segue:    
§1. Con il primo motivo  di ricorso si deduce “ violazione delle norme di diritto ex art. 1766-1782 c.c. ( Del deposito in generale) e falsa applicazione  delle norme di diritto  ex art. 1571-1606 c.c. ( Della locazione – Disposizioni generali)”.
Con il secondo motivo  si lamenta “ violazione  e falsa applicazione  della norma di diritto  ex art. 7, comma primo, lettera f), Decreto  legislativo  30 aprile 1991, n. 285 ( Nuovo Codice della Strada)”.
Con il terzo motivo si denuncia “Erronea interpretazione e/o valutazione dei documenti  probatori e violazione  degli artt. 1341, secondo comma, c.c. ( Condizioni generali di contratto) e 1362, secondo comma, c.c. (Intenzione dei contraenti)”.
Tutti e tre i motivi involgono la questione  della qualificazione  da  dare al contratto che l’utente stipuli  allorquando acceda  per la sosta ad un’area  di parcheggio che abbia ricevuto tale destinazione  dal comune e sia  stata data in concessione  con la previsione  della subordinazione  di una somma per la sosta mediante  dispositivi di controllo della durata  anche meccanizzati, ma con esclusione dell’assunzione della custodia del veicolo nella deliberazione  della destinazione  e concessione dell’area.La deliberazione comunale è assunta – come nel caso di specie-  nella supposizione che si tratti di ipotesi riconducibile all’art. 7, lettera f) del d. lgs n. 285 del 1992 ( Codice della strada), ce faculta appunto i comuni a “stabilire, previa  deliberazione della giunta, aree destinate al parcheggio  sulle quali la sosta  dei veicoli è subordinata  al pagamento di una somma  da riscuotere mediante dispositivi  di controllo  di durata della sosta, anche senza custodia  del veicolo, fissando le relative  condizioni a tariffe in conformità  alle direttive  del ministero dei lavori pubblici, di concerto con la presidenza  del consiglio  dei ministri – dipartimento per le aree urbane; “.
Nella controversia cui si riferisce  il ricorso  viene in rilievo  una vicenda che riguarda  un parcheggio gestito dall’Azienda  Trasporti Milanesi ( ATM s.p.a.).
§2. Sulla questione di  qualificazione del contratto concluso  dall’utente in simili casi e sull’incidenza  che su di essa può avere l’essere stato istituto il parcheggio dal comune  nella supposizione  di esercitare il potere  di cui alla suddetta norma del C.d.S., questa Sezione, in due distinte controversie che vedevano sempre  come parte proprio l’ATM, risulta avere assunto – a brevissima distanza di tempo – due  decisioni di segno  diametralmente opposto, la prima delle quali  ha escluso l’assunzione  da parte del gestore dell’obbligo di custodia, la seconda lo ha ammesso.I
n particolare:
a) Cass. 27 gennaio 2009 n.1957 si è così espressa: “ In caso di parcheggio di un  automezzo   in un’area recintata a ciò predisposta e gestita da una società, va esclusa l’applicabilità  della norma di cui  all’art. 7, comma 1 lett. f), del d. lgs n. 285 del 1992, che  si riferisce alla destinazione  di zone cittadine a parcheggio  con dispositivi di controllo  della durata della sosta a pagamento, vertendosi, invece, in tema di contratto atipico di parcheggio  per la cui disciplina  occorre far riferimento alle norme relative al deposito.
Peraltro, per la sussistenza  dell’obbligo di custodia, non è necessario l’affidamento del veicolo ad una persona fisica, poiché la consegna può realizzarsi attraverso  l’immissione  dello steso nella predetta area,  previo perfezionamento del contratto mediante l’introduzione  di monete nell’apposito  meccanismo, ben potendo  l’obbligo di custodia prescindere dalla presenza di persone addette specificamente  a ricevere  quella consegna e  ad effettuare la connessa sorveglianza, bastando in proposito  diverse ed equipollenti modalità, quali l’adozione  di sistemi automatizzati  per la procedura di ingresso  e di uscita dei veicoli dal parcheggio  mediante schede magnetizzate. Ne consegue la responsabilità  del gestore nel caso di furto  del veicolo, senza che essa possa essere  esclusa dall’avviso affisso prima dell’ingresso nell’area del parcheggio, con cui il gestore  rappresenti  di non  rispondere  del furto totale o parziale  delle auto, poiché essa rappresenta una clausola di esclusione della responsabilità  di carattere vessatorio e, pertanto, inefficace se non  approvata specificamente per iscritto,  dovendosi qualificare  la medesima come condizione  generale di contratto, nel mentre il predetto avviso, può, piuttosto, ritenersi assimilabile ad un’offerta al pubblico ai sensi dell’art. 1336 cod. civ.”;
b) Cass. 13 marzo 2009 n. 6169, viceversa, si è così espressa: “L’istituzione  da parte dei comuni, previa deliberazione della giunta, di aree di sosta a pagamento ai sensi  dell’art. 7, primo comma, lettera f), del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 ( codice della strada), non comporta l’assunzione dell’obbligo  di custodia dei veicoli in esse parcheggiati, per espressa previsione di legge, né tale obbligo può sorgere dalle modalità concrete di organizzazione della sosta ( quali ad esempio  l’adozione di recinti, di speciali modalità  di accesso ed uscita, o dispositivi di controllo); pertanto, la sosta di un veicolo in tali aree da un luogo ad un contratto di deposito atipico, dal quale non sorge la responsabilità  del depositario in caso di furto  del mezzo.
Trovando l’assenza di un obbligo di custodia la sua fonte  direttamente nella legge e non in una clausola  contrattuale  imitatrice di responsabilità,  il regolamento con espressa avvertenza che il gestore  dell’area di parcheggio  non risponde del furto del veicolo  e di quanto in esso contenuto, non necessità di approvazione  per iscritto ai sensi  dell’art.  1341 cod. civ.”.
§3. Le due decisioni sono in contrasto  inconsapevole fra loro, sia neri percorsi  argomentativi seguiti e particolarmente  nell’individuazione della funzione nel rapporto fra gestore ed utente deve assegnarsi alla previsione del codice  della strada ed all’esercizio del potere amministrativo da parte del comune, sia nella soluzione cui pervengono, l’una ritenendo che il contratto implichi  in questo caso la custodia, l’altro negandolo.
In presenza del contrasto ed anche in considerazione del fatto che la controversia sembra presentare un certo  carattere di serialità in ambito milanese,  ma potrebbe averlo  anche in altre realtà locali (data la notevole diffusione delle aree ricondotte alla previsione del C.dS.), il Collegio ritiene opportuno rimettere  al Primo Presidente  il fascicolo per l’eventuale assegnazione  alle Sezioni Unite, al fine della composizione del contrasto, con la considerazione dell’incidenza  della previsione normativa del Codice della Strada e della sua attuazione  sul piano amministrativo  sul rapporto di utenza, sia sotto un profilo astratto che tenga conto del rapporto  con la disciplina  dell’autonomia privata nel Codice civile in genere e in particolare nel Codice di consumo ( nonché nelle disposizioni di tutela del consumatore che nel codice civile  ne costituirono l’antecedente, e ciò, anche indipendentemente  dalla applicabilità  al caso di cui al ricorso), sia sotto il profilo della rilevanza delle concrete modalità  di stipula del contratto. 

                                                                        P.Q.M.
 

La Corte rimette gli atti al Primo Presidente  per l’eventuale assegnazione  alle Sezioni Unite.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile  il 1° dicembre 2009.  
La sentenza  é stata depositata in Cancelleria in data 19 gennaio 2010                         

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