Corte di Cassazione n° 6418 – sanzioni amministrative – patente di guida – sospensione – 19.03.07. –

Come questa Corte ha già rilevato, il provvedimento prefettizio di sospensione provvisoria della patente ex art. 223 del nuovo codice della strada si caratterizza per essere provvedimento amministrativo di esclusiva competenza del prefetto, per avere natura cautelare e per essere necessariamente preventivo rispetto all’applicazione della sanzione accessoria definitiva, nonché strumentalmente e teleologicamente teso a tutelare con immediatezza l’incolumità e l’ordine pubblico, impedendo che il conducente del veicolo, resosi responsabile di illeciti inerenti alla circolazione, continui nell’esercizio di un’ attività – quella di guida – che si palesa potenzialmente pericolosa. L’opposizione avverso il verbale d’accertamento del comportamento illecito del conducente non sospende affatto, dunque, ex se, il procedimento amministrativo inteso all’irrogazione della sospensione cautelare della patente di guida proprio per le ricordate caratteristiche di tale provvedimento.  

                                                       REPUBBLICA ITALIANA
 
                                                IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

                                             LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

                                                   SEZIONE SECONDA CIVILE
  

 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Giovanni SETTIMJ – Presidente e Rel. Dott. Luigi PICCIALLI – Consigliere Dott. Umberto ATRIPALDI – Consigliere Dott. Vincenzo CORRENTI – Consigliere Dott. Mario BERTUZZI – Consigliere ha pronunciato la seguente  SENTENZA 

sul ricorso proposto da:
 Ar.Cl., elettivamente domiciliato in Ro. via Fe.Co., presso lo studio dell’avvocato Ma.Lu., che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Ga.Pa., giusta procura a margine del ricorso; . ricorrente

 contro PREFETTURA DI TREVISO UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO; – intimato

 avverso la sentenza n. 106/04 del Giudice di pace di Co. del 17/05/04, depositata il 15/09/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/02/07 dal Presidente e Relatore Dott. Giovanni SETTIMJ; 
udito l’ avvocato Fr.Va. (delega AvvocatoLu.Ma.), difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso; udito il P, M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott Pasquale Paolo Maria CICCOLO che ha concluso per il rigetto del ricorso. 

Oggetto: opposizione a sanzioni amministrative.
 

                                                              FATTO E DIRITTO

 
Cl.Ar. impugna per cassazione, con tre motivi variamente articolati, la sentenza 15.9.04 con la quale il G.d.P. di Co. ne ha respinto le opposizioni ch’egli aveva proposte avverso il verbale di contestazione per violazione dell’art. 142/IX C.d.S. n. 105497 redatto nei suoi confronti dalla polizia municipale del luogo ed avverso successivo provvedimento prefettizio di sospensione della patente per un mese, Parte intimata non svolge attività difensiva. 
Si duole il ricorrente con una prima censura (1) -denunziando violazione dell’art. 112 C.p.C. e vizi di motivazione – che il giudice a quo abbia omesso di riportare nelle “conclusioni delle parti” la richiesta relativa all’autonoma opposizione avverso il provvedimento di sospensione della patente nonché omesso di pronunziarsi su tale domanda. 

La censura è palesemente infondata.
 
L’omessa od incompleta trascrizione delle conclusioni delle parti nell’epigrafe della sentenza, prescritta dall’art. 132/II n. 3 C.p.C. ma non a pena di nullità, può, infatti, determinare tale effetto sulla sentenza, della quale altrimenti costituisce una semplice imperfezione formale irrilevante ai fini della sua validità, solo ove abbia determinato un’omessa pronunzia sulle domande od eccezioni delle partì ovvero un difetto di motivazione su punti decisivi prospettati dalle stesse. 
Nella specie, non ricorre alcuna delle denunziate omissioni, giacché nelle conclusioni epigrafate è riportato uno specifico riferimento alla domanda de qua e, nella motivazione, questa risulta altrettanto specificamente respinta in ragione del contestuale rigetto delle contestazioni mosse al verbale d’accertamento. 

Con una seconda (1.1) ed una terza (1.2) censura, il ricorrente – denunziando violazione degli artt. 22 L 689/81, e 203 e 204 bis D.Lgs. 285/92, 23 L 689/81, 91 C.p.C. – si duole che il giudice a quo non abbia accolto il secondo ricorso, con il quale era stata impugnata l’ordinanza di sospensione della patente adottata dal Prefetto, sulla considerazione del carattere strumentale del ricorso stesso, in quanto finalizzato ad ottenere la sospensione del provvedimento prefettizio in pendenza del giudizio d’opposizione al verbale, e, quindi, della necessarietà del proposto ulteriore ricorso visto che il Prefetto, contrariamente al dovuto, non aveva ritenuto ostativa all’adozione del provvedimento l’impugnazione del verbale.
Le censure sono palesemente infondate.
 
Come questa Corte ha già rilevato, il provvedimento prefettizio di sospensione provvisoria della patente ex art. 223 del nuovo codice della strada si caratterizza per essere provvedimento amministrativo di esclusiva competenza del prefetto, per avere natura cautelare e per essere necessariamente preventivo rispetto all’applicazione della sanzione accessoria definitiva, nonché strumentalmente e teleologicamente teso a tutelare con immediatezza l’incolumità e l’ordine pubblico, impedendo che il conducente del veicolo, resosi responsabile di illeciti inerenti alla circolazione, continui nell’esercizio di un’ attività – quella di guida – che si palesa potenzialmente pericolosa; tanto che da tale peculiarità di presupposti discende che il periodo di durata della sospensione provvisoria irrogata dal prefetto, qualora successivamente sia irrogata la sanzione amministrativa accessoria, non può neppure essere imputato al periodo di durata di essa. 
L’opposizione avverso il verbale d’accertamento del comportamento illecito del conducente non sospende affatto, dunque, ex se, il procedimento amministrativo inteso all’irrogazione della sospensione cautelare della patente di guida proprio per le ricordate caratteristiche di tale provvedimento, onde l’opposizione ad esso, autonoma rispetto fa quella al verbale, è stata ammessa sulla considerazione che l’opposizione giurisdizionale, nelle forme previste dagli artt. 22 e 23 della legge 30 novembre 1981, n. 689, ha natura di rimedio generale, esperibile, salvo espressa previsione contraria, contro tutti i provvedimenti di sospensione della validità della patente di guida e, quindi, anche contro i provvedimenti di sospensione adottati in via provvisoria dal Prefetto a norma dell’art. 223, secondo comma, D.Lgs. n. 285 del 1992; in vero, un’interpretazione dell’art. 223 cit., che escludesse la specifica tutela approntata dagli artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981 nei soli casi contemplati dal secondo comma urterebbe contro l’omogeneità del sistema sanzionatorio del ed. codice della strada, determinando una divaricazione delle forme di tutela giurisdizionale, priva di ogni ragionevole giustificazione e, come tale, non compatibile con i principi sanciti dagli artt. 3 e 24 della Carta costituzionale. 
Sull’autonoma impugnazione del provvedimento di sospensione provvisoria della patente di guida il giudice a quo si è, dunque, correttamente pronunziato con specifico capo di sentenza ragionevolmente rigettandola sulla considerazione del contestuale rigetto dell’opposizione al verbale di contestazione dell’illecito. 
Con ulteriori due censure (2 e 3) il ricorrente -denunziando violazione degli artt. 2700 CC, 2697 CC, 23 L 689/81, vizi di motivazione – si duole che il giudice a quo abbia ritenuto valido l’accertamento dell’eccesso di velocità effettuato mediante l’apparecchiatura elettronica denominata “telelaser LTI 20-20”. 
Le censure sono manifestamente infondate alla luce della giurisprudenza di legittimità formatasi da ultimo sull’argomento nei termini che seguono (e pluribus, Cass. 24. 4.06 n. 9532, 22. 7.05 n. 15366, 20. 4.05 n. 8232, 24. 3.04 n. 5873) e dalla quale questo Collegio non ha ragione di discostarsi. 
L’art. 142, comma 6, C.d.S. dispone che “per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento”. 
L’art. 345 del regolamento di esecuzione, sotto la rubrica “Apparecchiature e mezzi di accertamento della osservanza dei limiti di velocità”, a sua volta, dispone, al primo comma, che “Le apparecchiature destinate a controllare l’osservanza dei limiti di velocità devono essere costruite in modo da raggiungere detto scopo fissando la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accettabile, tutelando la riservatezza dell’utente”; al secondo comma, che “le singole apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici”; al quarto comma, che “per l’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità, le apparecchiature di cui al comma 1 devono essere gestite direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 del codice e devono essere nella disponibilità degli stessi”.
Le apparecchiature elettroniche di controllo della velocità devono, dunque, essere omologate, devono consentire di fissare la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accettabile e possono essere utilizzate esclusivamente dagli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 C.d.S. (comma 1: “l’espletamento dei servizi di polizia stradale previsti dal presente codice spetta:
a) in via principale alla specialità Polizia stradale della Polizia di Stato;
b) alla Polizia di Stato;
c) all’Arma dei carabinieri;
d) al Corpo della guardia di finanza;
d bis) ai Corpi e ai servizi di polizia provinciale, nell’ambito del territorio di competenza;
e) ai Corpi e ai servizi di polizia municipale, nell’ambito del territorio di competenza;
f) ai funzionari del Ministero dell’interno addetti al servizio di polizia stradale;
 f bis) al Corpo di polizia penitenziaria e al Corpo forestale dello stato, in relazione ai compiti di istituto”).
 
Non è, invece, richiesto che esse siano anche munite di dispositivi in grado d’assicurare una documentazione, con modalità meccaniche automatiche, quale la fotografica, dell’accertamento dell’infrazione, in quanto la fonte primaria prescrive solo che le apparecchiature elettroniche possano costituire fonte di prova, se debitamente omologate. 
La norma regolamentare, alla quale rinvia l’art. 142, comma 6, C.d.S., stabilisce i requisiti ai quali è subordinata l’omologazione delle apparecchiature elettroniche, tra i quali l’idoneità a consentire la rilevazione della velocità del veicolo in modo chiaro ed accertabile, requisito che presuppone unicamente la determinazione inequivoca della velocità del veicolo, ben potendo poi l’individuazione di questo essere demandato all’agente di polizia addetto all’apparecchiatura stessa, come prescritto dal surrichiamato art. 345 del regolamento, e ciò fa senza alcun esplicito riferimento alla documentazione fotografica od altrimenti meccanica dell’individuazione stessa.
 Né potrebbe arguirsi l’indispensabilità di detta documentazione, per rendere la rilevazione della velocità chiara ed accertabile, dal fatto che la disposizione regolamentare prescriva che l’accertamento debba avvenire tutelando la riservatezza dell’utente, in quanto dalla previsione esplicita, tra l’altro a diverso fine, f d’una modalità d’accertamento, riferibile all’eventuale documentazione fotografica dell’infrazione commessa, non può trarsi la conseguenza ch’essa costituisca l’unica modalità d’individuazione del veicolo normativamente consentita od obbligatoria.
In considerazione della materia oggetto di regolamentazione e della rapida evoluzione tecnologica, deve, anzi, ritenersi che opportunamente la fonte regolamentare si sia limitata a prevedere che le apparecchiature debbano consentire di fissare la velocità del veicolo in un determinato momento in modo chiaro ed accertabile, e non abbia, viceversa, delineato anche le caratteristiche necessarie per l’omologazione, attestandosi sulla tipologia delle apparecchiature all’epoca esistenti. 
E’ noto, del resto, che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (e pluribus, nel tempo, S.U. 25.11.90, n. 12545; 5.12,95, n. 12846; 22.3.95, n. 3316, 5.2.99 n. 1006, 8. 3.01 n. 3350, 3.12.02 n. 17106), nel giudizio d’opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento d’una sanzione amministrativa,
il verbale d’accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, dei fatti in esso attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza, descritti senza margini d’apprezzamento, nonché della sua provenienza dal pubblico ufficiale medesimo, stante l’efficacia probatoria privilegiata attribuita all’atto pubblico dall’art. 2700 CC in ragione della cui ratio debbono, per converso, ritenersi prive di efficacia probatoria le valutazioni soggettive del verbalizzante.
Ne consegue che l’accertamento delle violazioni alle norme sulla velocità deve ritenersi provato sulla base della verbalizzazione dei rilievi delle apparecchiature previste da detto art. 142 C.d.S., facendo peraltro prova il verbale fino a querela di falso dell’effettuazione di tali rilievi, mentre le risultanze di essi valgono invece fino a prova contraria, che può essere data dall’opponente in base alla dimostrazione del difetto di funzionamento di tali dispositivi, anche occasionale in relazione alle condizioni della strada e del traffico al momento della rilevazione, da fornirsi in base a concrete circostanze di fatto (e pluribus, Cass. 20.4.05 n. 8232, 12.7.01 n. 9441, 25.5.01 n. 7106). 
Orbene, con riferimento all’apparecchiatura denominata telelaser, modello LTI 20-20 debitamente omologato, il ricorrente erroneamente ritiene che l’accertamento della velocità, con riferimento ad un singolo determinato veicolo, non possa essere idoneamente documentato dal verbale degli agenti addetti alla rilevazione, essendo il relativo verbale assistito di efficacia probatoria fino a querela di falso quanto ai dati in esso attestati dal pubblico ufficiale, ed altrettanto erroneamente ritiene che la dizione dell’art. 345 del regolamento d’esecuzione “in modo chiaro e accertabile” implichi la necessità che l’apparecchiatura elettronica fornisca anche prova documentale, fotografica od altrimenti meccanica automatica, dell’individuazione del veicolo e non solo della velocità dello stesso. 
D’altra parte, all’esame dell’impugnata sentenza, salvo il giudice a quo abbia ritenuto implicitamente assorbita la questione, non risulta che l’opponente avesse dedotto e provato elementi dai quali desumere un cattivo funzionamento dell’apparecchio utilizzato nella circostanza, deduzione dalla quale, ove provata, si sarebbe potuta trarre, come sopra sottolineato, la conclusione che le risultanze dell’accertamento compiuto con l’apparecchiatura elettronica erano state vinte da prova contraria. 
In difetto della qual prova devesi concludere che l’accertamento dell’infrazione è valido e legittimo, dacché, da un lato, l’apparecchiatura telelaser consente la visualizzazione della velocità rilevata (e in alcuni apparecchi rilascia anche, ma non è elemento essenziale, uno scontrino contenente i dati rilevati), dall’altro, la riferibilità della velocità riscontrata ad un veicolo determinato discende dall’operazione di puntamento e, quindi, d’identificazione del veicolo stesso, effettuata dall’agente di polizia stradale che ha in uso l’apparecchiatura in questione e la cui attività in tal senso fa prova sino a querela di falso. 
Nessuno degli esaminati motivi meritando accoglimento, il ricorso va, dunque, respinto.
Parte intimata non avendo svolto attività difensiva, il ricorrente evita le conseguenze della soccombenza.

                                                                        P.Q.M.
 

LA CORTE
 respinge il ricorso. 

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