Corte di Cassazione n° 4387 – sanzioni amministrative – circolazione alla guida di ciclomotore con copia fotostatica del contrassegno – violazione art. 97 C.d.S. – 26.02.07. –
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dal ricorrente, confermando quanto stabilito dal Giudice di Pace di Milano, con le seguenti motivazioni: “il giudicante ha ritenuto sufficienti ai fini della decisione gli elementi emergenti dalla documentazione esibita dal responsabile del Comune di Milano e i chiarimenti forniti dallo stesso: ha ritenuto sussistente la violazione dell’art. 97 C.d.S., affermando che l’utente non ha la facoltà di circolare alla guida di un ciclomotore applicando al veicolo la copia fotostatica del suo contrassegno; ha confermato l’operato dell’agente in ordine alla contestazione del fatto che l’opponente viaggiava alla guida del ciclomotore con i fari spenti. Vale, infatti, osservare che la disposizione di cui all’art. 97 C.d.S. mira a garantire il valore certificatorio del contrassegno di identificazione del veicolo, al fine di scongiurare possibili manipolazioni dei dati ivi riportati, e, a un tempo, consentire agli addetti alla circolazione l’immediato riscontro dei dati di identificazione del veicolo”. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sezione II, 26 febbraio 2007, n. 4387 Va incontro a sanzione chi circola per le strade alla guida di un ciclomotore che esponga in luogo del contrassegno originale una semplice fotocopia. Fatto e diritto Con ricorso depositato il 17.3.03 C. Giuseppe proponeva opposizione al verbale di contestazione della violazione degli artt. 152, 97 e 80 C.d.S. elevato dalla Polizia municipale di Milano in data 2 1.2.03, chiedendone l’annullamento. Il Comune di Milano, costituitosi, ne chiedeva il rigetto sulla scorta della documentazione esibita e della testimonianza resa dall’agente accertatore. Il giudice di pace di Milano con sentenza n. 16298103, depositata il 20.5.03, rigettava il ricorso, confermando il verbale di accertamento. Per la tassazione della decisione ricorre l’opponente esponendo tre motivi: 1) omessa e contraddittoria motivazione in ordine alla contestata violazione dell’ art. 152 C.d.S.; 2) contraddittorietà dei motivi in ordine alla violazione dell’art. 97 C.d. S.; 3) erronea applicazione degli art. 80 C.d.S.Resiste con controricorso l’intimato Comune. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, essendo sostanzialmente connessi, in quanto attengono entrambi alla motivazione della sentenza impugnata.Ben vero, emerge in maniera chiara dal contesto della sentenza impugnata che il giudicante ha ritenuto sufficienti ai fini della decisione gli elementi emergenti dalla documentazione esibita dal responsabile del Comune di Milano e i chiarimenti forniti dallo stesso: ha ritenuto sussistente la violazione dell’art. 97 C.d.S., affermando che l’utente non ha la facoltà di circolare alla guida di un ciclomotore applicando al veicolo la copia fotostatica del suo contrassegno; ha confermato l’operato dell’agente in ordine alla contestazione del fatto che l’opponente viaggiava alla guida del ciclomotore con i fari spenti. Vale, infatti, osservare che la disposizione di cui all’art. 97 C.d.S. mira a garantire il valore certificatorio del contrassegno di identificazione del veicolo, al fine di scongiurare possibili manipolazioni dei dati ivi riparatati, e, a un tempo, consentire agli addetti alla circolazione l’immediato riscontro dei dati di identificazione del veicolo. Quanto al secondo motivo, è sufficiente osservare che in dibattimento non sono emersi elementi contrari al fatto indicato nel verbale di contestazione della violazione. Coerente con la realtà processuale è il rigetto del terzo motivo di opposizione,in quanto non risulta prodotto il documento autorizzativo alla circolazione del motoveicolo per il periodo andante dalla data della richiesta di revisione a quella fissata per la revisione dello stesso. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,che liquida in complessivi euro 600,00,di cui euro 100.00 per spese. Così deciso in Roma addì 16.1.07. Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2007 |