Corte di Cassazione n° 24262/08 – foro del consumatore – 26.09.08. –

“Il Collegio ritiene pertanto di porre a fondamento della decisione i seguenti princìpi di diritto: 1) Nelle controversie tra consumatore e professionista, ai sensi dell’art. 33, comrna 2 lett. u), d. lgs. n. 206 del 2005 la competenza territoriale spetta al giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo. 2) Se il professionista, convenuto avanti al foro del consumatore, eccepisce l’incompetenza territoriale del giudice avanti al quale è stato tratto in ragione della sussistenza, nell’ambito di contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari, di clausola contrattuale di proroga della competenza, incombe al medesimo dare la prova positiva che tale clausola è stata oggetto di trattativa idonea  ad escludere l’applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo……”.          

                                                        CORTE DI CASSAZIONE  

                              Sezione Terza Civile – Ordinanza del 26.09.2008, n. 24262   

                                                         PREMESSO IN FATTO  

«Il sig. I. V. G. propone istanza di regolamento di competenza nei confronti della società M. C. s.r.l., avverso la declaratoria di incompetenza per territorio emessa dal Tribunale di Salerno con sentenza del 3/10/2007 in favore del Tribunale di Modena, fondata sul rilievo che pur trattandosi di contratto del consumatore nel caso opera la clausola contrattuale di deroga alla competenza del foro del consumatore con la quale si è introdotto un diverso foro esclusivo, che risulta essere stata «voluta ed approvata con le modalità prescritte per le clausole vessatorie dall’art. 1341 c.c.».  
L’intimata non ha svolto attività. difensiva.  Con unico complesso motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1341 e 1469 Ss. c.c. Si duole che il giudice non abbia considerato la «natura processuale» della disposizione di cui all’art. 1469-bis, 3° co. n. 19, c.c., prevedente la inderogabilità -a pena di inefficaciadel foro del consumatore, che «impedisce in via generale al professionista di radicare il giudizio in un luogo diverso da quello in cui il convenuto ha la propria residenza o domicilio», salva l’ipotesi di clausola che risulti frutto di trattativa individuale ex art. 1469-ter, 4° co., c.c.  Lamenta che nella specie la clausola n. 7, ove risulta indicata la competenza del foro di Modena per ogni controversia relativa allo stipulato contratto, non ha costituito oggetto di trattativa individuale, in quanto approvata per iscritto congiuntamente ad altre clausole del pari richiamate, con modalità pertanto «inidonea a suscitare l’attenzione del contraente». Si duole che erroneamente il giudice abbia ritenuto «l’aggiunta a penna» della clausola di deroga del foro del consumatore come idonea a dimostrare «la esistenza della libera autodeterminazione delle parti» al riguardo; e che del pari erroneamente il giudice abbia ritenuto a lui incornbere la prova dell’«assenza di trattative» in merito, in violazione di quanto viceversa «espressamente previsto dall’art. 1469, 5° co., c.c.».  Pone conclusivamente alla Corte i seguenti quesiti.
a) Se nelle controversie tra consumatore e professionista la disposizione dettata dall’art. 1469 bis, 3° co., c.c. si interpreta nel senso che il legislatore ha stabilito la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui il consumatore // ha la residenza o il domicilio elettivo, presumendosi vessatoria la clausola che stabilisca come sede del foro competente una diversa località ( al riguardo evoca la massima posta da Cass., Sez. Un., 1/10/2003, n. 14669
b) Se per superare la presunzione di vessatorietà della clausola che stabilisce, come sede del foro competente a decidere le controversie tra professionista e consumatore, una località diversa da quella della residenza o del domicilio elettivo di quest’ultimo, il professionista ha l’onere di provare che la clausola con cui è stato pattuito un foro non coincidente con uno di quelli speciali alternativi normativamente previsti in materia di controversie aventi ad oggetto obbligazioni contrattuali è stata oggetto di trattativa individuale con il consumatore ( e al riguardo fa richiamo al principio enunziato da Cass., 29/9/2004, n. 19591 )
c) Se la trattativa specifica che deve riguardare la clausola vessatoria ai danni del consumatore può consistere nella mera approvazione per iscritto della clausola stessa ovvero deve consistere in una partecipazione attiva del consumatore sin dalla fase della predisposizione della clausola; e se in mancanza di prova di tale trattativa la clausola vessatoria è nulla.
d) Se nel contratto concluso mediante moduli o formulari per disciplinare in modo uniforme determinati rapporti contrattuali, disponendo l’art. 1469 ter, 4° e 5° co., c.c. che non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale, sia il professionista a dover provare che, malgrado da egli unilateralmente predisposte, le] clausole hanno costituito oggetto di specifica trattativa individuale ( e al riguardo fa espresso richiamo a quanto affermato da Cass., 28/6/2005, n. 13890 ).
e) Se il richiamo cumulativo di tutte le condizioni generali di contratto costituisca specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatorie ai fini e per gli effetti di cui all’art. 1341, 2° co., c.c., ovvero sia necessario che la clausola onerosa per la parte che ad essa si assoggetta sia chiaramente e autonomamente evidenziata dalla parte che l’ha predisposta, solamente in tale ipotesi potendo ritenersi assolto l’obbligo di informazione sul contenuto della stessa per averla resa conoscibile a colui che l’ha sottoscritta; e se il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto, con indiscriminata sottoscrizione delle medesime apposta sotto la relativa elencazione in base al mero numero d’ordine, sia o meno idonea a determinare, ai sensi dell’art. 1341, 2° co., c.c., la validità-efficacia di quelle vessatorie, qual è la clausola sulla deroga convenzionale all’ordinaria competenza territoriale ( e al riguardo fa specifico richiamo a Cass., 14/6/1999, n. 5832 ).

Il ricorso dovrà essere dichiarato fondato nei termini di seguito indicati.
Come si evince dalla impugnata sentenza trattasi di domanda di annullamento per dolo o risoluzione del contratto tra le parti stipulato ed avente ad oggetto «un trattamento di epilazione radiale», da effettuarsi presso la sede di Napoli della società M. CO…. s.r.l., alla cui stipulazione l’odierno ricorrente C. è stato «indotto dalla pubblicità diramata sull’emittente ….», al fine di «ottenere l’eliminazione permanente di peluria diffusa in tutto il corpo». Contratto dal giudice di merito qualificato come «sussumibile» nei c.d. contratti del consumatore.
A tale stregua, oltre alla disciplina in tema di condizioni generali di contratto di cui agli artt. 1341 ss. c.c., trova applicazione anche la disciplina di tutela del consumatore. Disciplina dettata dal Capo XIV bis del Codice civile ed ora dal d.lgs. n. 206 del 2005 ( c.d. Codice del consumo ).  
Ai sensi dell’art. 1469 bis, 3° co. n. 19, c.c., ora riversato nell’art. 33, comma 2 lett. u) , d.lgs. n. 206 del 2005, la competenza per territorio del giudice va determinata con riferimento al luogo di residenza o domicilio elettivo del consumatore ( v. Cass., 28/6/2005, n. 13890 ).
Orbene, il foro del consumatore è invero esclusivo e speciale, sicché deve presumersi la vessatorietà della clausola che stabilisca come sede del foro competente una località diversa da quella della residenza o del domicilio elettivo del consumatore, anche se il foro competente coincida con uno dei fori legali di cui agli articoli 18 e 20 c.p.c. ( cfr. Cass., 23/2/2007, n. 4208 Ai fini della deroga del foro del consumatore è allora in ogni caso insufficiente la specifica approvazione per iscritto ex art. 1341, 2° co., c.c. Essendo ai sensi dell’articolo 1469 bis, 3° cc. n. 19, c.c., ed ora dell’art. 33, comma 2 lett. u), d.lgs. n. 206 del 2005, la clausola che stabilisca come sede del foro competente una località diversa da quella della residenza o del domicilio elettivo del consumatore presuntivamente vessatoria, trova infatti comunque applicazione anche la richiamata disciplina in tema di contratti del consumatore. Disciplina di tutela altra e diversa da quella dettata agli art. 1341 ss. c.c., la cui applicazione rimane esclusa solamente ove la clausola ( o parte di essa ) abbia costituito oggetto di trattativa individuale ex art. 1469 ter, 40 co., c.c. e art. 34 comma 4, d.lgs. n. 206 del 2005. 
 
Va al riguardo sottolineato che ( come osservato da una parte della dottrina relativamente all’art. 1469 ter, 40 co., c.c., riferibile invero anche all’art. 34, corna 4, d.lgs. n. 206 del 2005, di identico tenore ), al di là del mero tenore formale ed alla stregua dell’intepretazione sistematica e funzionale delle norme, la trattativa individuale ivi contemplata va considerata costituire presupposto di esclusione dell’applicazione della disciplina di tutela del consumatore in argomento, e non già elemento di valutazione della vessatori età della clausola, quest’ultima invero dipendendo dal significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi contrattuali a carico del consumatore, nonostante la buona fede del professionista (art. 1469 bis, 1° co., c.c. ed art. 33, corna 1, d.lgs. n. 206 del 2005).  
Atteso che la vessatorietà in questione può pertanto riguardare anche il singolo rapporto, laddove l’onerosità ex art. 1341, 2° co., c.c. viceversa attiene a contratti unilateralmente predisposti da un contraente in base a moduli o formulari in vista dell’utilizzazione per una serie indefinita di rapporti, qualora le clausole del contratto abbiano costituito oggetto di trattativa individuale tra le parti la normativa di protezione in argomento, pur in presenza del significativo squilibrio, non è applicabile, e il contratto del consumatore rimane invero assoggettato -sotto il profilo considerato- alla ( restante ) disciplina in tema di contratto in generale ( oltre che di quella propria del tipo negoziale in concreto posto in essere dalle parti ).
Come è stato osservato in dottrina, la disciplina in argomento è invero funzionalmente volta a tutelare il consumatore a fronte della unilaterale predisposizione ed imposizione del contenuto contrattuale da parte del professionista, quali possibili fonti di abuso. Laddove l’accordo costituisce in tutto o in parte l’esito di una trattativa, l’accertamento giudiziale in ordine all’abusività delle clausole contrattuali rimane viceversa precluso, quand’anche l’assetto di interessi realizzato dalle parti risulti significativamente squilibrato a danno del consumatore. La preclusione discende intatti in tal caso non già dalla non vessatorietà della clausola o del contratto fatti oggetto di specifica trattativa, bensì dalla inconfigurabilità della loro unilaterale predisposizione ed imposizione, quali possibili fonti di abuso nella vicenda di formazione del contratto.
 Sono invece comunque inefficaci o nulle, «quantunque oggetto di trattativa», le clausole contemplate ai nn. 1), 2) e 3) dell’art. 1469-quinquies, 2° co., c.c. e all’art. 36, corna 2 lett. a), b) e c) d.lgs. n. 206 del 2005, in tal caso l’abusività sussistendo in re ipsa in virtù della prevalutazione operata dal legislatore, e non già rimessa all’accertamento e alla valutazione del giudice. Perché l’applicazione della disciplina di tutela del consumatore in questione possa considerarsi preclusa, la trattativa deve non solo essersi storicamente svolta ma altresì risultare caratterizzata dai requisiti della individualità ( avere cioè riguardo alle clausole o agli elementi di clausola costituenti il contenuto dell’accordo, presi in considerazione singolarmente e nel significato che assumono nel complessivo tenore del contratto ); della serietà ( essere svolta dalle parti mediante l’adozione di un comportamento obiettivamente idoneo a raggiungere il risultato cui è diretta ); della effettività essere stata non solo storicamente ma anche in termini sostanziali effettuata, nel rispetto della autonomia privata delle parti, riguardata non solo nel senso di libertà di concludere il contratto ma anche nel suo significato di libertà e concreta possibilità —anche- per il consumatore di determinare il contenuto del contratto ).  
Orbene, sotto quest’ultimo profilo viene invero specificamente in rilievo la valutazione della «aggiunta a penna», nell’ambito del contratto dattiloscritto, della clausola di deroga del foro del consumatore in questione, che il giudice di merito ha nel caso posto a base dell’impugnata decisione, proprio in tale «peculiarità» ravvisando l’elemento decisivo, «in mancanza di prova contraria» da parte del G. «malgrado la concessione dei termini di cui all’art. 183 V comma c.p.c.», per ritenere il contratto de quo «frutto della libera autodeterminazione delle parti», e per pervenire alla conclusione che «la deroga alla competenza del foro del consumatore sia stata da questi prevista, voluta ed approvata con le modalità prescritte per le clausole vessatorie dall’art. 1341 c.c.». Anche a voler nel caso valorizzare l’aggiunta a penna della clausola in questione con riferimento ( pure ) alla disciplina di tutela del consumatore posta agli artt. 1469 bis ss. c.c., ed ora dal Codice del consumo, la medesima non può invero ritenersi deporre per la sussistenza di una trattativa caratterizzata dagli imprescindibili requisiti sopra tratteggiati, e in particolare da quello dell’effettività. Non può infatti ad essa riconoscersi significato univoco. E ciò, si noti, quand’anche ( ma trattasi di circostanza invero non emergente dall’impugnata sentenza ) tale aggiunta risulti di scrittura autografa del consumatore.
Vale esemplificativamente osservare che, come posto in rilievo in dottrina, nella circolare ABI del 23 febbraio 1996 si suggeriva alle banche di adottare ( anche ) tale espediente proprio al fine di precostituirsi la prova della trattativa.
 Va al riguardo sottolineato che per esplicita previsione normativa ( art. 1469-ter, ult. cc., c.c. e art. 34, comma 5, d.lgs. n. 206 del 2005 ) nei contratti del consumatore conclusi mediante moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe invero sul professionista l’onere di provare che pur se da egli predisposte le clausole che ne costituiscono il contenuto hanno formato oggetto di specifica trattativa con il consumatore. Il positivo assolvimento da parte del professionista di tale onere probatorio comporta l’esclusione dell’applicazione della disciplina di protezione in argomento, e l’assoggettamento del contratto alle regole dettate dal codice in tema di contratto in generale, oltre che di quelle proprie del tipo negoziale adottato dalle parti nel singolo caso.
Le richiamate norme fanno specifico ed espresso riferimento esclusivamente ai contratti conclusi mediante moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, laddove nessuna regola particolare è invece al riguardo dettata con riferimento al contratto individualmente negoziato. Un tanto non consente tuttavia ad inferire che per questi ultimi incomba al consumatore che agisce in giudizio dare la prova negativa della «assenza di trattativa».
 Atteso che come sopra esposto quest’ultima non costituisce invero un elemento costitutivo della vessatorietà da considerarsi a carico dell’attore quale prius logico rispetto alla verifica della sussistenza del significativo squilibrio in cui riposa l’abusività della clausola e del contratto, bensì rileva quale presupposto oggettivo di esclusione dell’applicazione della disciplina di tutela in questione, al consumatore che agisce in giudizio per la declaratoria di inefficacia della clausola in base alla regola generale ex art. 2697 c.c. incombe di allegare che ricorrono i presupposti ed i requisiti necessari e sufficienti per pervenire alla declaratoria domandata, e cioè che il contratto è stato predisposto dal professionista, il quale lo utilizza nel quadro della sua attività professionale, e che le clausole costituenti il contenuto del contratto corrispondono a quelle vessatorie di cui agli artt. 1469-bis, 3° co., c.c. o 33, corna 2, ovvero 36, comrna 2 ) d.lgs. n. 206 del 2005. Spetta viceversa al professionista dare la prova dei fatti impeditivi o modificativi, e pertanto la prova positiva dello svolgimento della trattativa e della relativa idoneità, in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti più sopra indicati, ad atteggiarsi a presupposto di esclusione dell’applicazione della normativa in argomento ( cfr. Cass., 28/6/2005, n. 13890 ).
Avuto riguardo ai contratti del consumatore, in base ad una scelta di carattere sicuramente qualitativo il legislatore ha infatti posto l’onere della prova in capo alla parte -il professionista- che in base al ruolo svolto ( anche ) nel rapporto contrattuale ha senz’altro maggiore possibilità di fornirla. 
 
Al 3° quesito il ricorrente pone anche la questione se in mancanza di prova della trattativa la clausola derogatoria della competenza sia «nulla». A tale quesito non può darsi invero risposta, atteso che con il regolamento di competenza possono farsi valere solamente questioni concernenti l’individuazione del giudice Competente a conoscere della causa, al fine di evitare che la sua designazione sia ulteriormente posta in discussione nell’ambito della stessa controversia, e del sistema di rilevazione di tale competenza cfr. Cass., 7/2/2006, n. 2591; Cass., Sez. Un., 11/10/2002, n. 14569.
Alla stregua di quanto sopra rilevato ed esposto ai suindicati quesiti andrà pertanto data risposta, assorbita ogni altra e diversa questione, con l’enunziazione dei seguenti princìpi.
1) Nelle controversie tra consumatore e professionista, ai sensi dell’art. dell’art. 33, comma 2 lett. u), d.lgs. n. 206 del 2005 ( e già dell’art. 1469 bis, 3° co. n. 19, c.c. ) la competenza territoriale esclusiva spetta al giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, presumendosi vessatoria la clausola che statuisca come sede del foro competente una località diversa.
2) Ai sensi dell’art. 34, comma 5, d.lgs. n. 206 del 2005 ( e già dell’art. 1469 bis, 5° co., c.c. ) incombe al consumatore che agisce in giudizio per la declaratoria di inefficacia della clausola di allegare e provare che ricorrono i presupposti ed i requisiti necessari e sufficienti per pervenire alla declaratoria domandata, e cioè che il contratto è stato predisposto dal professionista, il quale lo utilizza nel quadro della sua attività professionale, e che le clausole costituenti il contenuto del contratto corrispondono a quelle vessatorie di cui dell’art. 33, comina 2, d.lgs. n. 206 del 2005 ( e già dell’art. 1469-bis, 3° co., c.c. 
 
Spetta viceversa al professionista dare la prova dei fatti impeditivi o modificativi, e pertanto la prova positiva dello svolgimento della trattativa e della relativa idoneità ( in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività ) ad escludere l’applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo ( e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c. ).
3) L’aggiunta a penna della clausola nell’ambito di testo contrattuale dattiloscritto o la mera approvazione per iscritto della clausola sono inidonee ai tini della prova positiva della trattativa, sia quale fatto storico che della relativa effettività, e pertanto dell’idoneità della medesima a precludere l’applicabilità della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo ( e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c. ).
4) Il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto e la sottoscrizione indiscriminata di esse apposta sotto la relativa elencazione in base al mero numero d’ordine è inidonea a determinare, ai sensi delPart. 1341, 2° co., c.c., l’efficacia della clausola vessatoria ( rectius, onerosa ) di deroga all’ordinaria competenza territoriale, essendo a tal fine necessario che la stessa risulti dal predisponente chiaramente e autonomamente evidenziata e dall’aderente specificamente ed autonomamente sottoscritta.
Alla stregua di quanto sopra osservato e degli enunziati princìpi va ulteriormente precisato che nel caso è da ritenersi applicabile la disciplina dettata dal Codice del consumo.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare il principio della perpetuatio iurisdictionis posto dalPart. 5 c.p.c., nel testo novellato dall’art. 2 L. n. 353 del 1990, comporta l’irrilevanza dei mutamenti legislativi come nella specie successivi alla proposizione della domanda solamente nel caso che alla stregua dei medesimi il giudice adito risulti privato della competenza ( o della giurisdizione ) spettantegli al tempo dell’introduzione della domanda, e non anche laddove la competenza o della giurisdizione ) risulti per converso spettare al giudice che ne era inizialmente privo dalla norma successiva viceversa attribuita ( cfr. Cass., Sez. Un., 29/10/1997, n. 10634; Cass., Sez. Un., 17/12/1998, n. 12622; Cass., Sez. Un., 19/3/1999, n. 164; Cass., Sez. Un., 19/2/2002, n. 2415; Cass., 6/4/2004, n. 6729; Cass., 21/12/2004, n. 23701; Cass., Sez. Un., 13/9/2005, n. 18126; Cass., 17/1/2008, n. 857 ), ovvero allorquando la competenza venga da quest’ultima in capo al giudice adìto con la domanda introduttiva del giudizio confermata o “consolidata”. In presenza di una normativa esistente al momento della domanda che impedisce al giudice di declinare la propria competenza, qualora la stessa risulti al medesimo riconosciuta o confermata sulla base dello ius superveniens la Corte Suprema di Cassazione, investita del potere di pronunciare sulla competenza del giudice adito, non può infatti non applicare quest’ultima norma, essendo quella che disciplina la competenza del giudice al momento della decisione ( v. Cass., Sez. Un., 24/2/1996, n. 1472 In accoglimento del ricorso andrà pertanto affermata l’applicabilità nel caso della regola del c.d. foro del consumatore, sicché quale giudice competente per territorio andrà indicato il Tribunale di Salerno».
La relazione è stata comunicata al P.G. e notificata al difensore della parte costituita. Il ricorrente non ha presentato memoria né vi è stata richiesta di audizione in camera di consiglio. Il P.G. ha condiviso la relazione. 
 

                                                          RITENUTO IN DIRITTO 
 

A seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il Collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione, con le precisazioni di seguito indicate. Al 3° quesito il ricorrente pone anche la questione se in mancanza di prova della trattativa la clausola derogatoria della competenza sia «nulla».
Al riguardo questa Corte ha avuto modo di affermare che le disposizioni di cui all’art. 1469 bis c.c., 3° co. n. 19, e art. 1469 ter c.c. stabilivano la competenza territoriale esclusiva – ma derogabile – del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza, presumendo la vessatorietà della clausola di deroga, presunzione superabile, ad onere del professionista, con la dimostrazione della preesistenza alla stipula di trattativa individuale ( v. Cass., 6/9/2007, n. 18743 ), le Sezioni Unite avendo posto in rilievo la sussistenza di tale presunzione anche laddove la pattuizione si fosse tradotta nella indicazione derogatoria di una località coincidente con l’applicazione di uno dei criteri delineati dal codice di rito ( v. Cass., Sez. Un., 1/10/2007, n. 14669
 In mancanza di prova della trattativa individuale ex art. 1469 ter, 40 co., c.c., si è affermato essere colpita da inefficacia la clausola derogatoria abusiva o vessatoria ( v. Cass., 21/5/2008, n. 13051; Cass. , 6/9/2007, n. 18743; Cass. , 23/2/2007, n. 4208.  Diversamente dal previgente art. 1469 quinquies c.c., che prevedeva l’inefficacia delle clausole considerate vessatorie ai sensi degli artt. 1469 bis e 1469 ter c.c., il contratto rimanendo valido per il resto, l’art. 36, comma 1, del Codice del consumo commina ora per le clausole considerate vessatorie ai sensi degli artt. 33 e 34 la sanzione della nullità, che espressamente nella rubrica qualifica di nullità di protezione, operando essa «soltanto a vantaggio del consumatore» e potendo essere rilevata d’ufficio ( art. 36, comma 3 ), mentre il contratto rimane valido per il resto. A tale modifica normativa non sembra potersi invero negare portata innovativa, dovendo ritenersi che per quanto non oggetto di specifica e particolare regolamentazione trova applicazione la disciplina generale dettata dal codice in tema di nullità del contratto ex artt. 1418 ss. c.c.  
Il Collegio ritiene pertanto di porre a fondamento della decisione i seguenti princìpi di diritto:
1) Nelle controversie tra consumatore e professionista, ai sensi dell’art. 33, comrna 2 lett. u), d. lgs. n. 206 del 2005 (e già dell’art. 1469 bis, 3° co. n. 19, c.c.) la competenza territoriale spetta al giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo.
2) Se – come nella specie – il professionista, convenuto avanti al foro del consumatore, eccepisce l’incompetenza territoriale del giudice avanti al quale è stato tratto in ragione della sussistenza, nell’ambito di contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, di clausola contrattuale di proroga della competenza incombe al medesimo dare la prova positiva che tale clausola è stata oggetto di trattativa idonea – in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività – ad escludere l’applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo ( e già dagli artt. 1469 bis 55. c.c. )
 
Laddove -diversamente dall’ipotesi in esame – sia viceversa il consumatore, convenuto avanti a foro diverso da quello suo proprio, a sollevare questione di incompetenza territoriale del giudice avanti al quale è stato tratto, al medesimo incombe di allegare che trattasi di controversia concernente contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, spettando al professionista, che contrappone la sussistenza di una clausola di deroga al foro del consumatore, dare la prova positiva che tale clausola è stata oggetto di trattativa idonea -in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività ad escludere l’applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo ( e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c.
3) La regola di ripartizione dell’onere probatorio indicata sub 2) si applica anche al contratto contratto concluso in maniera diversa dalla sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali.
4) Ai sensi dell’art. 34, corna 5, d. lgs. n. 206 del 2005 e già dell’art. 1469 ter, 50 co., c.c. ) spetta al professionista, che intende far valere un contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali dare la prova positiva che le clausole ( diverse da quella di deroga al foro del consumatore ) sono state oggetto di trattativa idonea -in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività- ad escludere l’applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo ( e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c. ).
Ove sia il consumatore ad agire in giudizio per la declaratoria di inefficacia di una clausola vessatoria o abusiva, al medesimo incombe allegare che la clausola accede a contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali.
 Spetta viceversa al professionista dare la prova dei fatti impeditivi o modificativi, e pertanto la prova positiva dello svolgimento della trattativa e della relativa idoneità -in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività ad escludere l’applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo ( e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c. ).
5) La regola di ripartizione dell’onere probatorio indicata sub 4) si applica anche al contratto concluso in maniera diversa dalla sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, sicché spetta al professionista dare la prova positiva che le clausole sono state oggetto di trattativa idonea – in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività- ad escludere l’applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo ( e già dagli artt. 1469 bis Ss. c.c. ); incombe al consumatore che agisce in giudizio per la declaratoria di inefficacia di una clausola vessatoria o abusiva ( diversa da quella di deroga al foro del consumatore ) allegare che ricorrono i presupposti ed i requisiti necessari e sufficienti per pervenire alla declaratoria domandata, e cioè che il contratto è stato predisposto dal professionista, il quale lo utilizza nel quadro della sua attività professionale, e che le clausole costituenti il contenuto del contratto corrispondono a quelle vessatorie di cui dell’art. 33, corna 2, d. lgs. n. 206 del 2005 ( e già dell’art. 1469-bis, 3° co.1 c.c. ); spetta invece al professionista dare la prova dei fatti impeditivi o modificativi, e pertanto la prova positiva dello svolgimento di trattativa idonea -in quanto caratterizzata dagli imprescindibili requisiti della individualità, serietà ed effettività- ad escludere l’applicazione della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo (e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c.).
6) L’aggiunta a penna della clausola nell’ambito di testo contrattuale dattiloscritto o la mera approvazione per iscritto di una clausola sono inidonee ai fini della prova positiva della trattativa, sia quale fatto storico che della relativa effettività, e pertanto dell’idoneità della medesima a precludere l’applicabilità della disciplina di tutela del consumatore posta dal Codice del consumo (e già dagli artt. 1469 bis ss. c.c.).
7) In mancanza della prova della trattativa, in base all’art. 36, comma 1, d. lgs. n. 206 del 2005 le clausole considerate vessatorie ai sensi degli artt. 33 e 34 sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto.
8) Il richiamo in blocco di tutte le condizioni generali di contratto e la sottoscrizione indiscriminata di esse apposta sotto la relativa elencazione in base al mero numero d’ordine è inidonea a determinare, ai sensi dell’art. 1341, 2° co., c.c., l’efficacia della clausola vessatoria (rectius, onerosa) di deroga all’ordinaria competenza territoriale, essendo a tal fine necessario che la stessa risulti dal predisponente chiaramente e autonomamente evidenziata, e dall’aderente specificamente ed autonomamente sottoscritta.
In accoglimento del ricorso deve essere pertanto dichiarata competenza per territorio del Tribunale di Salerno. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come dispositivo, seguono la soccombenza. 
 

                                                                     P.Q.M. 
 

La Corte
dichiara la competenza per territorio del Tribunale di Salerno. Condanna la resistente al pagamento delle spese del procedimento di regolamento, che liquida in complessivi euro 1.100,00, di cui euro 1.000,00 per onorari, oltre alle spese generali come per legge. 

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