Corte di Cassazione n° 23543/09 – area di sosta a pagamento –omesso pagamento – 05.11.09. –

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Images: cassazione sito.jpg“Quale che sia la natura (se di corrispettivo, tassa ect.) del pagamento imposto per la sosta a “tempo”, è certo che l’omesso pagamento di quanto dovuto in ragione della protrazione della stessa oltre il periodo indicato nel titolo esposto, configuri l’inosservanza di una prescrizione o limitazione attenente alla relativa “durata” (espressamente contemplata dall’art. 7 C.d.S., comma 1, lett. f) con conseguente sanzionabilità della relativa inosservanza ai sensi dello stesso art. 7, comma 14, indipendentemente dalla sussistenza di possibilità d’ intralcio o di pericolo alla circolazione. D’altra parte le modalità, legittimamente prescritte, di regolamentazione della sosta “onerosa” in relazione al tempo, comportano “in re ipsa” l’onere per l’utente di prevederne la durata e regolare il pagamento anticipato in relazione alla relativa previsione con conseguente abusività, non necessitante di alcun espressa e pubblicizzata comminatoria di “penali” e simili, non essendo prevista siffatta pubblicità da alcuna specifica disposizione codicistica o regolamentare”.    

                                                          CORTE DI CASSAZIONE

                                                             II SEZIONE CIVILE   
 
                                           Sentenza del 5/11/2009 N. 23543    (omissis) 
 

                                                                FATTO E DIRITTO 

Il Prefetto di Lecce impugna la sentenza n. 2262 del 2005 del Giudice di Pace di Lecce, depositata il 10 ottobre 2005, che aveva accolto l’opposizione proposta dall’odierna intimata, snc avverso ordinanza ingiunzione 3564/02 del Prefetto di Lecce che la ingiungeva il pagamento di Euro 38,00, a titolo di sanzione amministrativa per la violazione dell’art. 7 C.d.S., avendo lasciato in sosta il proprio veicolo in area di sosta regolamentata a pagamento oltre i limiti di orario segnalato sullo scontrino. 
Il Giudice di Pace accoglieva il ricorso, affermando che si era realizzato “un rapporto di natura privata che prevede da una parte le offerte di un servizio agli automobilisti e dall’altra il pagamento del servizio stesso”, concludendo che si trattava di un inadempimento contrattuale di natura privata.                                          Ricorre l’amministrazione che formula due motivi di ricorso.
Nessuna attività in questa sede ha svolto l’intimata.
 
Col primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione le la falsa applicazione dell’art. 7 C.d.S., comma 5, poichè tale norma prevede che il sindaco possa determinare l’area destinata a parcheggio su cui autorizzare la sosta, subordinando al pagamento della somma determinata, da riscuotere mediante dispositivi di controllo di durata della sosta stessa e il successivo quindicesimo comma de lo stesso art. 7 stabiliva poi la sanzione pecuniaria nel caso di violazione delle disposizioni sulla sosta regolamentata.
Col secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 3, posto che nessun rilievo poteva avere la circostanza, dedotta dal Giudice di Pace, secondo la quale “nessuno dei cartelli stradali predisposti dal Comune di Lecce recavano indicato l’avviso che in caso di scadenza del titolo si procederà a sanzionare il comportamento con l’applicazione dell’art. 7 C.d.S.”.
 
Nel caso in questione, infatti, anche in relazione alla norma citata, non risultava scusabile l’ignoranza della norma giuridica. Attivatasi procedura ex art. 375 c.p.c., il Procuratore Generale invia requisitoria scritta nella quale, concordando con il parere espresso nella nota di trasmissione, conclude con richiesta di accoglimento del ricorso per la sua manifesta fondatezza. 
Tale richiesta va accolta. Il ricorso è fondato e va accolto. 
Quale che sia la natura (se di corrispettivo, tassa ect.) del pagamento imposto per la sosta a “tempo”, è certo che l’omesso pagamento di quanto dovuto in ragione della protrazione della stessa oltre il periodo indicato nel titolo esposto, configuri l’inosservanza di una prescrizione o limitazione attenente alla relativa “durata” (espressamente contemplata dall’art. 7 C.d.S., comma 1, lett. f) con conseguente sanzionabilità della relativa inosservanza ai sensi dello stesso art. 7, comma 14, indipendentemente dalla sussistenza di possibilità d’ intralcio o di pericolo alla circolazione. D’altra parte le modalità, legittimamente prescritte, di regolamentazione della sosta “onerosa” in relazione al tempo, comportano “in re ipsa” l’onere per l’utente di prevederne la durata e regolare il pagamento anticipato in relazione alla relativa previsione con conseguente abusività, non necessitante di alcun espressa e pubblicizzata comminatoria (derivando la liceità della relativa condotta dall’osservanza delle regole menzionate) di “penali” e simili, non essendo prevista siffatta pubblicità da alcuna specifica disposizione codicistica o regolamentare. 
A tal riguardo, questa Corte ha già avuto occasione di affermare che: “in tema di violazioni al codice della strada , l’irrogazione, da parte del Comune, di una sanzione amministrativa in caso di parcheggio dell’autovettura senza esposizione del tagliando comprovante il prescritto pagamento non è preclusa dal fatto che il parcheggio sia gestito in concessione da un privato e che per il mancato pagamento del posteggio sia prevista dal concessionario una specifica penale, la quale attiene esclusivamente al rapporto privatistico fra utente e concessionario e non costituisce una alternativa al potere sanzionatorio dell’ente pubblico” (Cass. 2006 n. 14736). 
Il ricorso va accolto e il provvedimento impugnato cassato. 
Sussistendone i presupposti, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., questa Corte può pronunciare sul merito, rigettando l’opposizione originariamente proposta.
Le spese seguono la soccombenza.
   

                                                                       P.Q.M. 

La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione originariamente proposta dalla parte intimata.
Condanna la parte intimata alle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 400,00, per onorari oltre spese prenotate a debito e accessori come per
legge.  

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