Corte di Cassazione n° 21589/09 – l’avvocato domiciliatario che non comunica al nuovo difensore la notifica di una sentenza è tenuto a risarcire i danni -12.10.09. –

La Corte di Cassazione, nella sentenza in oggetto, ha stabilito che “nel caso in cui la parte abbia nominato un altro difensore in sostituzione di quello precedente presso il quale essa aveva eletto il proprio domicilio, quest’ultimo è tenuto a comunicare al nuovo difensore gli atti in relazione ai quali il domicilio era stato eletto, rientrando l’obbligo di informazione nel più generale dovere di diligenza professionale cui l’avvocato è tenuto verso il proprio cliente, anche in caso di rinuncia o revoca del mandato”.   

                                                          CORTE DI CASSAZIONE   

                                     SEZIONE II   SENTENZA 12 OTTOBRE 2009, N. 21589           

                  
                                                     SVOLGIMENTO DEL PROCESSO   

Con citazione del 12.5.1994 il dott. E. T., premesso che l’avv. P. G., del foro di Bologna, era stato suo difensore domiciliatario in relazione ad un giudizio svoltosi davanti al TAR dell’Emilia e Romagna che lo aveva visto contrapposto al Comune di Lizzano in Belvedere; che, conclusosi il giudizio con sentenza per lui sfavorevole, l’avv. G. aveva omesso di comunicare al nuovo difensore l’avvenuta notifica della sentenza; che conseguentemente il ricorso in appello, proposto dal nuovo difensore, avv. S., oltre il termine perentorio dei 60 giorni previsto dalla legge, era stato respinto dal Consiglio di Stato in quanto tardivo, conveniva il G. davanti al Tribunale di Bologna perché fosse condannato al risarcimento dei danni, da accertarsi in corso di causa o, in subordine, in via equitativa, a titolo di responsabilità professionale. 
L’avv. G., costituitosi, chiedeva il rigetto della domanda deducendo che, intervenuta la sentenza del TAR, egli ne aveva dato subito comunicazione al T. informandolo di non essere disponibile a proporre un eventuale appello che non aveva, a suo avviso, probabilità di successo essendo la sentenza ben argomentata; che per tale motivo aveva invitato il T. a munirsi di un altro difensore, al quale aveva consegnato il fascicolo e la copia semplice della sentenza ed al quale aveva anche telefonicamente comunicato l’imminenza della notifica del provvedimento del TAR; che, pertanto, l’incarico doveva ritenersi cessato senza contare che, essendo la sentenza ormai nota sia alla parte sia al nuovo difensore, l’appello poteva essere proposto ancora prima che la sentenza fosse notificata e che pertanto non vi era alcun nesso di causalità tra l’eventuale addebito di colpa mosso dal T. nei suoi confronti e i danni dallo stesso lamentati; in ogni caso, precisava di avere anche comunicato telefonicamente al nuovo difensore l’avvenuta notifica della sentenza. 
Chiamata in causa dal G. ai fini della garanzia assicurativa, si costituiva la RAS aderendo alla tesi difensiva del professionista. Con sentenza 7.6.1999, il Tribunale di Bologna, ritenuto consensualmente risolto il rapporto professionale tra attore e convenuto, e ritenuto altresì che l’appello contro la decisione del TAR poteva essere proposto indipendentemente dalla notifica del provvedimento e che, per ciò, costituiva una mera cortesia l’onere di comunicazione dell’avvenuta notifica al nuovo legale, escludeva che il rigetto dell’appello da parte del Consiglio di Stato potesse essere imputato all’avv. G., respingendo, pertanto, la domanda del T. e compensando le spese. 
Contro la sentenza proponeva appello il T. con atto notificato agli eredi dell’avv. G., nel frattempo deceduto. 
Costoro chiedevano il rigetto del gravame proponendo appello incidentale limitatamente alla disposta compensazione delle spese processuali. 
La Ras chiedeva la conferma della sentenza di primo grado. Con sentenza n. 518/2004 la Corte d’appello di Bologna, pur affermando che permaneva in capo all’avv. G. l’obbligo di comunicare l’avvenuta notifica della sentenza del TAR e che il predetto non aveva dato la prova di averlo assolto, respingeva il gravame del T. sul rilievo, fondato sull’esame degli atti relativi al giudizio amministrativo, che l’appello al Consiglio di Stato ben difficilmente avrebbe potuto trovare accoglimento essendo fondato su motivi nuovi.
Respingeva altresì l’appello incidentale compensando le spese dei due gradi di giudizio. 
Contro la sentenza ricorre per cassazione il dott. T. con un unico motivo di censura illustrato da una memoria difensiva. Resistono gli eredi G. con controricorso proponendo, a loro volta, ricorso incidentale sorretto da un unico motivo illustrato da una memoria difensiva. 
La Ras resiste con controricorso ed una memoria difensiva.   

                                                          MOTIVI DELLA DECISIONE   

I – Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c. e sgombrato il campo, anzitutto, dalle eccezioni di inammissibilità di entrambi i gravami che sono state formulate, rispettivamente, dalla RAS con riferimento al ricorso principale, e dal T. con riferimento al ricorso incidentale. Secondo la RAS il ricorso principale è inammissibile perché non investe entrambe le rationes decidendi su cui si fonderebbe, a suo avviso, la sentenza impugnata, avendo il T. censurato soltanto la statuizione, per lui sfavorevole, riguardante l’esclusione della responsabilità dell’avv. G., non anche la statuizione riguardante la mancata prova del danno. 
A sua volta il T. sostiene che il ricorso incidentale è inammissibile perché gli eredi G., vittoriosi in appello, non avrebbero interesse all’impugnazione. 
Entrambe le eccezioni sono infondate. Il giudizio di cassazione non verte su domande o su eccezioni, ma soltanto su questioni, sicché la sussistenza dei requisiti di legittimazione all’impugnazione va valutata alla stregua di tale caratteristica peculiare del giudizio, con la conseguenza che la soccombenza deve essere apprezzata non già rispetto al risultato pratico conseguito nella pregressa fase processuale, ma rispetto all’esito specifico delle questioni in essa dibattute e decise, così da costituire altrettanti capi della sentenza (Sez. Un., n. 212/2001). 
In applicazione di tali principi entrambi i ricorsi vanno ritenuti ammissibili. 
Il ricorso principale perché la questione della mancata prova del danno è di carattere subordinato rispetto alla questione riguardante l’esclusione della responsabilità del G., con la conseguenza che l’eventuale accoglimento del gravame sulla questione principale, riguardante l’an del giudizio di responsabilità, travolgerebbe anche il capo della sentenza riguardante la questione subordinata vertente sul quantum. 
Quanto al ricorso incidentale, esso ha per oggetto una questione di merito – e cioè il profilo di colpa ravvisato in concreto a carico dell’avv. G. – che il giudice di appello ha deciso sfavorevolmente per gli eredi G. Costoro, pertanto, hanno interesse ad impugnare la corrispondente statuizione in quanto la loro vittoria sul merito è resa incerta dalla proposizione del ricorso principale, vertente sulla questione decisa in senso per loro sfavorevole. 
II – Premessa dunque l’ammissibilità di entrambi i gravami, si può passare all’esame delle questioni che, rispettivamente, ne formano oggetto. 
Di queste, la prima da esaminare in ordine logico è la questione che forma oggetto del ricorso incidentale proposto dagli eredi G. 
Con un unico motivo, denunciando violazione di legge in relazione agli artt. 1176, 1218, 1223, 1710, 1727, 2230 e 2236 c.c. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per avere ritenuto sussistente la colpa professionale dell’avv. G. perché, quale domiciliatario del T. nel giudizio davanti al TAR Emilia e Romagna, aveva omesso di comunicare al nuovo difensore l’avvenuta notifica della sentenza del giudice amministrativo. 
Secondo i ricorrenti la Corte di merito non ha considerato che, avuto riguardo alle peculiarità del caso di specie, il rapporto professionale tra il T. e il G. doveva considerarsi risolto consensualmente prima della notifica della sentenza del TAR e precisamente con la nomina del nuovo difensore, avv. S., sicché non ricorreva l’ipotesi – erroneamente ravvisata dalla Corte d’appello – di rinuncia all’incarico implicante per il difensore l’obbligo di compiere gli atti formali fino a quando la parte non si sia munita di un nuovo difensore. La censura va disattesa. 
Contrariamente a quanto si sostiene nel motivo, la Corte d’appello ha ravvisato la colpa professionale dell’avv. G. proprio in considerazione delle peculiarità del caso di specie, in cui, nonostante la nomina del nuovo difensore, era rimasta invariata presso il G. l’elezione di domicilio effettuata dalla parte ai fini del giudizio amministrativo.
Tale circostanza – pacifica in causa – comportava, secondo la Corte di merito, l’obbligo del G. di informare il nuovo difensore, avv. S., dell’avvenuta notifica della sentenza, anche se costui era già a conoscenza del contenuto del provvedimento per avere ricevuto dallo stesso G. la copia semplice del provvedimento del TAR. La decisione non merita censura. 
Nel caso che la parte abbia nominato un altro difensore in sostituzione di quello precedente presso il quale la stessa parte aveva eletto il proprio domicilio, quest’ultimo è tenuto a comunicare al nuovo difensore gli atti in relazione ai quali il domicilio era stato eletto, rientrando l’obbligo di informazione nel più generale dovere di diligenza professionale cui l’avvocato è tenuto verso il proprio cliente, anche in caso di rinuncia o revoca del mandato (Cass. 5325/1993). Ed invero, la particolare relazione che si stabilisce tra il soggetto destinatario degli atti ed il difensore domiciliatario non fa venir meno a carico di quest’ultimo gli obblighi connessi alla ricezione degli atti per i quali sia avvenuta la domiciliazione, i quali permangono in capo al domiciliatario anche se nel frattempo la parte abbia nominato un nuovo difensore. Tra tali obblighi rientra quello di informare il nuovo difensore dell’avvenuta notifica di eventuali sentenze che riguardano la parte, che non può ritenersi assolto se non con la prova, di cui è onerato il domiciliatario, di avere dato notizia dell’avvenuta notifica, perché solo questa permette al nuovo difensore di fruire compiutamente dello spatium deliberandi predeterminato per legge ai fini della proposizione dell’eventuale impugnazione. 
Correttamente, quindi, la Corte di merito ha ritenuto non rilevante nel caso di specie che l’avv. G. non fosse più il legale del T. al momento della notificazione della sentenza, essendo egli comunque tenuto, quale domiciliatario, a comunicare all’avv. S. l’avvenuta notifica del provvedimento.
Altrettanto correttamente ha ritenuto che l’eventuale negligenza del nuovo difensore che, pur avendo già a disposizione il testo della sentenza, non avesse predisposto per tempo il ricorso al Consiglio di Stato, non era idonea ad interrompere il nesso di causalità tra l’omissione del G. ed il passaggio in giudicato della sentenza. 
III – Va ora esaminato il ricorso principale. 
Con un unico motivo si denuncia ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. assenza o insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo per avere la Corte d’appello ritenuto che l’appello al Consiglio di Stato non poteva trovare accoglimento in quanto fondato su motivi nuovi, laddove dall’esame degli atti del giudizio amministrativo e dalla lettura della sentenza impugnata risultava che l’unico motivo nuovo era quello della falsità della causa dell’atto impugnato. 
La censura è fondata. 
La conclusione a cui è pervenuta la Corte di appello, e cioè che l’appello del T. al Consiglio di Stato ben difficilmente avrebbe potuto trovare accoglimento perché fondato su motivi nuovi, non risulta sorretta da convincente motivazione. Se infatti si raffrontano tra loro, sulla base della sintetica esposizione fattane dalla stessa Corte d’appello, i quattro motivi posti dal T. a sostegno dell’appello al Consiglio di Stato con i due motivi di ricorso al TAR, non si riscontra – se non per il terzo motivo di appello concernente la falsità della causa – l’affermata diversità di oggetto. Al contrario, risulta una sostanziale corrispondenza tra i primi due motivi del ricorso in appello ed il secondo motivo di ricorso al TAR, e tra il quarto motivo di appello ed il primo motivo del ricorso al TAR. Né valgono a superare l’illogicità della motivazione le sommarie considerazioni svolte dal giudicante a sostegno del giudizio di novità dei motivi di appello, in quanto completamente disancorate dal contenuto degli atti del giudizio amministrativo quale esposto nella stessa sentenza. 
Pertanto, in accoglimento del motivo, la sentenza va cassata in parte qua con rinvio della causa al giudice d’appello per nuovo esame sul punto. Il giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.   

                                                                       P.Q.M.   

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso incidentale, accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna (altra sezione) anche per le spese del giudizio di cassazione.  

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