Corte di Cassazione n° 18192/09 – condominio – delibera valida anche senza l’indicazione dei voti a favore -10.08.09. –

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La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha stabilito che «in tema di delibere di assemblee condominiali non è  annullabile  la delibera il cui verbale, ancorché non riporti l’indicazione nominativa dei condomini che hanno votato a favore, tuttavia contenga l’elenco di tutti i condomini presenti, personalmente o per delega, con i relativi millesimi, e nel contempo rechi l’indicazione, nominativa, dei condomini che si sono astenuti e che hanno votato contro e del valore complessivo delle quote millesimali di cui gli uni e gli altri sono portatori, perché tali dati consentono di stabilire con sicurezza, per differenza, (quanti e) quali condomini hanno espresso voto favorevole e il valore da essi rappresentato, nonché di verificare che la deliberazione abbia in effetti superato il quorum richiesto dall’articolo 1136 del Codice civile».  

                                                          CORTE DI CASSAZIONE

                                                        SECONDA SEZIONE CIVILE 

                                               SENTENZA N° 18192 DEL 10/08/2009         

                                                    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO     

1. – Con atto di citazione notificato il 6 aprile 2001, i condomini (…….) convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano il Condominio __ in Milano, chiedendo la declaratoria di nullità o l’annullamento della deliberazione dell’assemblea dei condomini del 9 marzo 2001, recante l’approvazione del consuntivo delle spese di gestione dell’esercizio 1 gennaio – 31 dicembre 2000 e del relativo piano di ripartizione, per i seguenti motivi: 1) nel verbale dell’assemblea in questione non erano indicati i nominativi dei condomini che avevano votato a favore della deliberazione impugnata, con i relativi millesimi; 2) la deliberazione medesima in effetti aveva riportato voti favorevoli inferiori al minimo di legge, considerato che nella asserita maggioranza di 357,55 millesimi erano stati conteggiati illegittimamente quelli spettanti a 25 condomini che avevano delegato l’amministratore, anch’egli condomino, il cui operato era in discussione; inoltre, era stata considerata come votante a favore la condomina BC quale delegante al condomino mentre la stessa aveva conferito la delega all’attrice AF, la quale aveva espresso voto contrario; 3) erano state approvate spese di acquisto e fiori e arbusti per il giardino condominiale per lire 13.000.000 non autorizzate e senza la maggioranza richiesta dall’art. 1136, quinto comma, cod. civ., trattandosi di spese voluttuarie e gravose.  Il Condominio si costituiva e chiedeva il rigetto della proposta impugnazione.  
Il Tribunale, con sentenza in data 12 marzo 2004, rigettava le domande, rilevando:  – che il verbale assembleare conteneva indicazioni sufficienti circa i condomini partecipanti (in proprio o per delega) all’assemblea con relativi millesimi e i condomini che avevano espresso voto contrario per accertare con sicurezza con quale maggioranza la deliberazione attinente al consuntivo era stata approvata;  – che correttamente erano stati conteggiati ai fini della determinazione della maggioranza i voti espressi per delega dal condomino amministratore, mentre il voto espresso per sé dal medesimo e quello erroneamente considerato a favore della condomina BC non erano determinanti;  – che l’assemblea dei condomini aveva il potere di approvare spese – quali quelle di giardinaggio contestate – non preventivamente autorizzate;  – che tali spese, tenuto conto dell’importo globale del consuntivo (lire 851.000.000) e del valore e dell’importanza dell’edificio, non potevano reputarsi gravose;  – che i motivi d’impugnazione dedotti dagli attori in relazione alle voci attinenti a spese di cui l’amministratore aveva chiesto il rimborso ed a varie irregolarità di redazione del verbale erano infondati.     
2. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 14 febbraio 2007 la Corte d’appello di Milano ha dichiarato inammissibili le domande proposte da (…) per la prima volta in secondo grado, ha respinto il gravame proposto dai suddetti ed ha condannato gli appellanti in solido al rimborso delle spese del grado.  
2.1. – A tali conclusioni la Corte territoriale era pervenuta sulla base delle seguenti considerazioni:  – tutte le domande degli appellanti diverse da quelle (alternative) di accertamento della nullità o di annullamento della deliberazione in data 9 marzo 2001 di approvazione del rendiconto dell’esercizio 2000 – le uniche proposte in primo grado – sono inammissibili ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ.;  – il motivo d’impugnazione contro detta deliberazione con il quale si deduce l’eccesso di potere dell’assemblea, che ne comporterebbe, se fondato, (non la nullità, ma) l’annullamento, per avere questa approvato spese – telefoniche e informatiche – asseritamente estranee alla gestione condominiale, è tardivo e quindi inammissibile, perché introdotto nel giudizio di primo grado nella memoria in data 29 marzo 2002, oltre il termine di decadenza di cui al terzo comma dell’art. 1137 cod. civ.;  – trattasi, comunque, di spese di importo modesto e la contestazione degli appellanti è sfornita di prova;  – il verbale assembleare in questione, contenente l’elenco di tutti i condomini presenti, personalmente o per delega, con l’indicazione dei rispettivi millesimi, e l’indicazione di tutti i condomini votanti contro la deliberazione di approvazione del condominio, consente di stabilire con sicurezza, per differenza, quali condomini hanno espresso voto favorevole e quindi di verificare se la deliberazione stessa – come in effettièavvenuto – abbia riportato il numero di voti minimo richiesto dal terzo comma dell’art. 1136 cod. civ., applicabile nella specie trattandosi di assemblea di seconda convocazione;  – il conflitto potenziale di interessi tra GL, condomino rivestente la carica di amministratore e quindi autore del rendiconto contestato, e l’ente condominiale, relativamente all’approvazione del rendiconto medesimo, era palese ai numerosi condomini che hanno delegato il predetto a partecipare in loro nome e conto alla riunione assembleare, e poiché gli stessi hanno ricevuto preventivamente, al pari di tutti gli altri condomini, copia del consuntivo in questione, deve reputarsi che in concreto essi lo abbiano condiviso e ritenuto conforme agli interessi non soltanto loro esclusivi, ma anche della collettività condominiale, come confermato dalle attestazioni in atti;  – i soli voti erroneamente computati in favore della deliberazione in oggetti sono stati quelli del GL in proprio, in conflitto di interessi, e della condomina BC, che sono per irrilevanti ai fini della validità della deliberazione;  – le spese attinenti al giardino, per lire 13.000.000, sono state legittimamente approvate dall’assemblea, unitamente a tutte le altre voci del rendiconto dell’esercizio 2000, con la maggioranza richiesta dal terzo comma dell’art. 1136 cod. civ., trattandosi di spese di gestione non gravose ma “cospicue”, non importa se di carattere ordinario o straordinario, del giardino comune, non richiedenti la speciale maggioranza prescritta per le innovazioni, a nulla rilevando, inoltre, che esse non fossero state preventivamente autorizzate dall’assemblea condominiale.     
3. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello AF da un lato, e (……) dall’altro, hanno proposto separati ricorsi, con atti notificati, rispettivamente, il 14 marzo ed il 10 maggio 2007, sulla base, ciascuno, di quattro motivi, di analogo tenore.  Ad entrambi i ricorsi, ha resistito, con controricorso, il Condominio. L’Avv. AF ha depositato una memoria illustrativa in proseguimento dell’udienza.     

                                                         MOTIVI DELLA DECISIONE 
    

1. Preliminarmente, il ricorso principale (Avv. AF ) ed il ricorso incidentale (……) devono essere riuniti, a norma dell’art. 335 cod. proc. civ., essendo entrambe le impugnazioni riferite alla stessa sentenza.     
2. Sempre in via preliminare, deve respingersi la deduzione formulata dalla ricorrente principale con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ., che ha chiesto prendersi atto del sopravvenuto giudicato esterno rappresentato da due sentenze (del Tribunale di Milano, la n. 9818 del 14 agosto 2007, e della Corte d’appello di Milano, la n. 1144 del 23 aprile 2008) con cui, su ricorso dell’Avv. AF. , sono state annullate, per violazione dell’art. 1136 cod. civ., deliberazioni assunte dall’assemblea del medesimo Condominio.
 
Dette sentenze, invero, non hanno riferimento al medesimo rapporto giuridico che viene in rilievo nell’attuale controversia, perché riguardano o diverse delibere assembleari (quelle assunte nelle sedute del 28 marzo 2003, dello aprile 2004, del 3 marzo 2000 e del 14 aprile 2002) o la stessa delibera assembleare di cui qui si discute (quella del 9 marzo 2001), ma impugnata (e dichiarata nulla) per motivi diversi da quelli all’esame del presente giudizio (vale a dire, per avere approvato e ripartito tra i condomini, nel consuntivo per l’anno 2000, spese concernenti le mance elargite a terzi, le corone funerarie in suffragio dei condomini defunti e gli oneri accessori di un condomino moroso) .     
3. Passando allo scrutinio del primo motivo del ricorso Avv. AF. e del secondo motivo del ricorso (….) riferiti alla statuizione con cui è stato dichiarato inammissibile il motivo di impugnazione contro la deliberazione dell’assemblea, per avere questa approvato spese telefoniche ed informatiche, estranee alla gestione condominiale, con essi si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 1137 e 1421 cod. civ.  Si pone il quesito se possa ritenersi conforme all’art. 112 cod. proc. civ. ritenere tardiva la domanda di annullamento/nullità di una delibera assembleare (per asserito verificarsi della decadenza di cui all’art. 1137, terzo comma, cod. civ.) con la quale, sin dall’atto di citazione, venga denunciata l’illegittimità della ratifica a consuntivo di spese estranee alla gestione della cosa comune e sulla quale, sin dalla comparsa di costituzione e risposta, il convenuto prenda specifica posizione producendo documentazione a supporto; se le spese estranee alla gestione comune, ratificate a consuntivo, non diano semmai luogo ad una ipotesi di nullità della delibera ex art. 1421 cod. civ., rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, e perciò svincolata dal termine di decadenza di cui al terzo comma dell’art. 1137 cod. civ.  
3.1 L‘uno e l’altro motivo sono da esaminare congiuntamente, stante l’identico tenore nei termini di seguito precisati.  Il principio di diritto da cui occorre muovere – e che la Corte di merito ha disatteso – è che deve considerarsi nulla, e non già semplicemente annullabile, la delibera dell’assemblea di condominio che ratifichi una spesa assolutamente priva di inerenza alla gestione condominiale, non rilevando in senso contrario che l’importo della stessa sia modesto in rapporto all’elevato numero dei condomini e alla entità complessiva del rendiconto (cfr. Cass., Sez. II, 11 dicembre 1992, n. 13111, e Cass., Sez. Un., 7 marzo 2005, n. 4806). Nella specie, tra l’altro, contrariamente a quanto sostenuto dalla sentenza impugnata, gli attori, sin dall’atto di citazione, hanno indicato, tra le ragioni di nullità della delibera, il fatto che questa avesse addebitato ai condomini le spese del telefono privato dell’amministratore nonché le spese di una licenza di software acquistata in proprio dall’amministratore. Inoltre, la motivazione con cui la Corte territoriale ha comunque, e ad abundantiam, respinto nel merito la domanda (l’essere la contestazione “sfornita di prova”),èapodittica e non consente di ripercorrere e di controllare l’iter decisionale seguito dal giudice del merito, tanto più alla luce del fatto che è stata prodotta in giudizio la fattura, proveniente da un soggetto -la moglie dell’amministratore- non risultante tra i fornitori del condominio, genericamente addebitante al condominio la relativa spesa, senza idonee pezze giustificative.     
4. Il secondo motivo del ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale (violazione o falsa applicazione degli artt. 1136 e 1137 cod. civ. e vizio di motivazione) pongono il seguente quesito di diritto: se sia conforme agli artt. 1136 e 1137 cod. civ. ritenere che, in caso di omessa indicazione nel verbale, oltre che del numero complessivo dei partecipanti al condominio, anche dell’indicazione del numero dei condomini che hanno votato a favore dell’approvazione del consuntivo, in un’assemblea totalitaria, quindi non e nell’impossibilità addirittura di riscontrare la presenza del numero legale, una delibera possa considerarsi validamente adottata per differenza, basandosi sulla sola indicazione dei condomini presenti in assemblea che hanno votato contro o che si sono astenuti.  
4.1. – Nello scrutinio di tali motivi, non può trovare ingresso in questa sede la censura con cui si denuncia che il verbale dell’assemblea condominiale difetterebbe della indicazione del numero complessivo dei partecipanti al condominio.  Sotto questo aspetto, infatti, la doglianza è nuova. Risulta dallo stesso svolgimento del processo ricapitolato nella sentenza impugnata e dagli atti di causa (in particolare, dalla citazione introduttiva davanti al Tribunale di Milano) che i ricorrenti hanno agito in giudizio deducendo, quale ragione di nullità del verbale, unicamente il fatto che in esso non sono riprodotti “i nomi dei partecipanti assenzienti”, precisandosi che “dalla omessa indicazione nominativa dei singoli condomini favorevoli (e di quelli contrari) e delle rispettive quote di partecipazione al condominio e dall’omessa riproduzione di tali elementi nel relativo verbale discende l’esclusione della validità della delibera assembleare priva di quegli elementi indispensabili ai fini della verifica della legittima approvazione della delibera stessa”.  Per il resto, i sopra compendiati motivi sono infondati.  L’art. 1136 cod. civ. dispone, al secondo, al terzo, al quarto, al quinto comma ed al settimo comma, che le deliberazioni delle assemblee dei condomini debbono approvarsi con un numero di voti che rappresenti la maggioranza, semplice o qualificata, dei partecipanti al condominio intervenuti nella riunione e del valore dell’edificio e che delle deliberazioni deve redigersi il verbale.  
La norma indicata non prevede espressamente che, ai fini della validità delle deliberazioni adottate, debbono individuarsi, riproducendoli nel verbale, i nomi dei singoli partecipanti alla votazione, assenzienti e dissenzienti, ed i valori delle rispettive quote millesimali.  Tuttavia l’individuazione dei partecipanti assenzienti e dissenzienti é certamente essenziale.  Difatti, nelle maggioranze richieste per la validità delle approvazione delle deliberazioni – come per la validità della costituzione stessa dell’assemblea – convergono, oltre all’elemento personale (i partecipanti al condominio), quello reale (la quota proporzionale dell’edificio espressa in millesimi che può variare in relazione al valore delle singole unità immobiliari); ed il potere di impugnazioneèriservato ai condomini dissenzienti o assenti.  E’ pertanto indispensabile individuare nominativamente i condomini consenzienti e dissenzienti al fine della verifica dell’esistenza della maggioranza prescritta con riferimento all’elemento reale.  La verifica dell’esistenza o non del quorum prescritto con riferimento al valore dell’edificio postula, infatti, l’indicazione nominativa dei condomini che hanno approvato la delibera.  
Quanto all’altro profilo, il voto produce effetti rilevanti oltre la deliberazione, essendone consentita l’impugnazione ai condomini dissenzienti (ed agli assenti, che peraltro già risultano individuati all’esito delle operazioni preliminari dirette alla verifica della regolare costituzione dell’assemblea): così che occorre fin dal momento della espressione del voto indicare i partecipanti al condominio legittimati ad impugnare la deliberazione.  Non mancano altre ragioni per le quali si rende necessaria l’identificazione dei condomini assenzienti e dissenzienti.  Viene al riguardo in considerazione l’innegabile interesse dei partecipanti a valutare l’esistenza di un eventuale conflitto di interessi, possibile solo con la individuazione della manifestazione del voto, atteso che, mancando questa, non è dato conoscere se i voti, favorevoli o contrari, provengano da differenti valutazioni dell’interesse comune o da un interesse proprio dei singoli in contrasto con l’interesse comune.  
Muovendo da queste premesse, la giurisprudenza di questa Corte, al quale il Collegio intende dare continuità, ha ritenuto: (a) che non sia conforme alla disciplina indicata omettere di riprodurre nel verbale l’indicazione nominativa dei singoli condomini favorevoli e contrari e le loro quote di partecipazione al condominio, limitandosi a prendere atto del risultato della votazione, in concreto espresso con la locuzione “l’assemblea, a maggioranza, ha deliberato” (Sez. II, 19 ottobre 1998, n. 10329; Sez. II, 29 gennaio 1999, n. 810); (b) che la mancata verbalizzazione del numero dei condomini votanti a favore o contro la delibera approvata, oltre che dei millesimi da ciascuno di essi rappresentati, invalida la delibera stessa, impedendo il controllo sulla sussistenza di una delle maggioranze richieste dall’art. 1136 cod. civ., non potendo essere attribuita efficacia sanante alla mancata contestazione, in sede di assemblea, della inesistenza di tale quorum da parte del condomino dissenziente, a carico del quale non è stabilito, al riguardo, alcun onere a pena di decadenza (Sez. II, 22 gennaio 2000, n. 697); (c) che é annullabile la delibera il cui verbale contenga omissioni relative alla individuazione dei singoli condomini assenzienti, dissenzienti, assenti o al valore delle rispettive quote (Sez. Un., 7 marzo 2005, n. 4806, cit.).  
Il caso in esame – nel quale si controverte, nei limiti in cui i motivi sono scrutinabili nel merito, della legittimità o meno del verbale in cui è omessa l’indicazione nominativa dei condomini che hanno votato a favore dell’approvazione del consuntivo – è diverso da quelli alla base dei richiamati precedenti di questa Corte, intervenuti in fattispecie nelle quali il verbale assembleare non conteneva indicazioni sufficienti per verificare la sussistenza dei quorum costitutivi e deliberativi minimi prescritti dal citato art. 1136 cod. civ. per stabilire chi avesse votato a favore o chi avesse votato contro l’approvazione della deliberazione.  Difatti, la Corte di merito ha accertato che il verbale dell’assemblea ordinaria del 9 marzo 2001 del Condominio PLT n. ( … ), di piazza …riunita in seconda convocazione per deliberare, tra l’altro, sull’esame e sull’approvazione del consuntivo dell’anno 2000 e sul relativo riparto, contiene i seguenti dati: l’elenco dei condomini che hanno rilasciato delega, con l’indicazione del nome del rappresentante di ciascuno e del valore delle rispettive quote; l’elenco dei condomini presenti, con i relativi millesimi; l’elenco nominativo di tutti i condomini che si sono astenuti di coloro che hanno votato contro e l’approvazione della delibera, con l’indicazione delle quote rappresentate dal totale sia degli astenuti che dei contrari; l’indicazione del numero dei condomini favorevoli, la relativa quota proporzionale dell’edificio espressa in millesimi. Tale essendo la situazione di fatto accertata, correttamente la Corte territoriale ha fatto applicazione del principio secondo cui, in tema di delibere di assemblee condominiali, non sia annullabile la delibera il cui verbale, ancorché non riporti l’indicazione nominativa dei condomini che hanno votato a favore, tuttavia contenga, tra l’altro, l’elenco di tutti i condomini presenti, personalmente o per delega, con i relativi millesimi, e nel contempo rechi l’indicazione, nominativa, dei condomini che si sono astenuti e che hanno votato contro e del valore complessivo delle quote millesimali di cui gli uni e gli altri sono portatori, perché tali dati consentono di stabilire con sicurezza, per differenza, (quanti e) quali condomini hanno espresso voto favorevole ed il valore dell’edificio da essi rappresentato, nonché di verificare che la deliberazione stessa abbia in effetti superato il quorum richiesto dall’art. 1136 cod. civ. 5.        
5. Il terzo mezzo dell’uno e dell’altro ricorso censura violazione e falsa applicazione degli artt. 1136, 1137, 1394, 2373 e 2391 cod. civ., nonché omessa pronuncia su punto decisivo della controversia.  Per i ricorrenti contrasta con le norme suindicate ritenere che il conflitto di interessi tra deleganti e delegato sia escluso dal semplice fatto che i deleganti, per avere ricevuto preventivamente un generico consuntivo della gestione, abbiano automaticamente condiviso e ritenuto conforme agli interessi non soltanto loro esclusivi, ma anche della collettività condominiale, quanto in tale consuntivo inserito, senza prendere in considerazione se quanto ratificato a consuntivo inerisse o meno alla gestione della cosa comune, ossia senza verificare se la spesa ratificata fosse stata operata nell’interesse della gestione condominiale.  I ricorrenti in via incidentale, al riguardo, denunciano altresì la violazione dell’art. 2697 cod. civ., e pongono il quesito se possa considerarsi come prova sulla quale fondare la decisione del giudizio una serie di dichiarazioni redatte al ciclostile, provenienti da soggetti terzi, di cui sia stata contestata in giudizio la effettiva riferibilità e provenienza.  
5.1. – La censura articolata con il terzo mezzo del ricorso principale e del ricorso incidentale è infondata, perché la Corte d’appello si è attenuta al principio – costante nella giurisprudenza di questa Corte (Sez. II, 22 luglio 2002, n. 10683; Sez. II, 25 novembre 2004, n. 22234) – secondo cui, in caso di conflitto di interessi fra un condomino ed il condominio, qualora il condomino in conflitto di interessi sia stato delegato da altro condomino ad esprimere il voto in assemblea, la situazione di conflitto che lo riguarda non è estensibile aprioristicamente al rappresentato, ma soltanto allorché si accerti, in concreto, che il delegante non era a conoscenza di tale situazione, dovendosi, in caso contrario, presumere che il delegante, nel conferire il mandato, abbia valutato anche il proprio interesse – non personale ma quale componente della collettività – e lo abbia ritenuto conforme a quello portato dal delegato.  
Nel caso di specie, la sentenza impugnata, motivando ampiamente al riguardo con argomentazioni prive di mende logiche e giuridiche, ha rilevato che – in considerazione della natura e dell’oggetto dell’ordine del giorno, recante l’esame e l’approvazione del consuntivo – il conflitto potenziale di interessi tra GL., condomino rivestente la carica di amministratore e quindi di autore del rendiconto contestato, e l’ente condominiale, relativamente all’approvazione del rendiconto medesimo, era palese ai numerosi condomini che hanno delegato il predetto a partecipare in loro nome e conto alla riunione assembleare.  Non rileva che, con l’approvazione del rendiconto, fossero sottoposte alla ratifica dell’assemblea anche spese, effettuate dall’amministratore, prive di formale preventiva autorizzazione, perché la Corte d’appello, avendo sottolineato che i condomini deleganti (al pari di tutti gli altri condomini) avevano ricevuto copia del consuntivo in questione, ha evidentemente inteso considerare che essi erano facilmente in grado di percepire la situazione di conflitto, anche, se del caso, prendendo visione presso l’amministratore stesso di tutti i documenti giustificativi delle spese esposte nel rendiconto, cosi pervenendo alla conclusione che, nel dare mandato all’amministratore di rappresentarli, i deleganti abbiano anche valutato il proprio interesse di componenti della collettività condominiale, ritenendolo conforme a quello portato dal delegato. Nè è esatto quanto prospettato dai ricorrenti incidentali nel quesito di diritto che conclude la censura, che cioè la Corte di merito abbia considerato le attestazioni scritte provenienti dai condomini deleganti come prova sulla quale fondare la decisione della non estensione ai condomini rappresentati del conflitto di interessi riguardante il rappresentante.  Difatti, la Corte d’appello si è limitata, sotto questo profilo, a desumere da tali documenti scritti un mero elemento indiziario di conferma di quanto già aliunde ricavato.     
6. – Il quarto motivo di entrambi i ricorsi – relativo alla statuizione sulle spese per il giardino – prospetta violazione e falsa applicazione degli artt. 1134, 1135 e 1136 cod. civ., nonché omessa o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio.  Secondo i ricorrenti, ove colui che ha effettuato unilateralmente spese straordinarie di rilevante entità, non preventivamente autorizzate dall’assemblea, rivesta contemporaneamente la qualifica di condomino e di amministratore del condominio, non è conforme alle norme evocate prescindere totalmente dal requisito dell’urgenza o dell’impellenza dell’intervento, dando esclusivo rilievo all’avvenuta ratifica a consuntivo dell’ingente spesa da parte dell’assemblea, così ponendola a carico della collettività, oltretutto senza nemmeno avere modo di poter verificare, in base ai dati contenuti nel verbale dell’assemblea, l’effettiva sussistenza delle maggioranze richieste dalla legge.  In particolare, i ricorrenti in via incidentale pongono altresì il quesito se spese straordinarie di rilevante entità non preventivamente autorizzate dall’assemblea, che siano state dichiaratamente affrontate all’amministratore come spese miranti all’ostentazione ed allo sfoggio, possano essere ratificate con la maggioranza richiesta dal terzo comma dell’art. 1136 cod. civ., o non richiedano piuttosto la maggioranza stabilita dal secondo comma dello stesso art. 1136, rientrando nella previsione del quarto comma della medesima disposizione.  
6.1. – Occorre premettere che, confermando la valutazione del Tribunale, la Corte d’ appello, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha accertato che le spese attinenti alla manutenzione del giardino comune non rientrano tra le innovazioni e non possono essere considerate gravose.  
Tanto premesso, la censura sopra compendiata, articolata con entrambi i ricorsi, è infondata.  
Le spese impreviste e straordinarie rispondono all’esigenza della gestione condominiale e, come tali, rientrano nel più ampio ambito oggettivo delle spese occorrenti per il godimento e la conservazione delle parti comuni dell’edificio.  In relazione a tale esigenza, l’assemblea condominiale, atteso il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni ad essa riconosciute dall’art. 1135 cod. civ., può deliberare, quale organo destinato ad esprimere la volontà collettiva dei partecipanti, qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio, sempre che non si tratti di provvedimenti volti a perseguire una finalità extracondominiale.  E poiché – a differenza di quanto stabilito dall’art. 1134 cod. civ. per ciò che riguarda le spese effettuate dal condomino per le cose comuni senza autorizzazione – l’art. 1135, secondo comma, cod. civ. non contiene l’espresso divieto di rimborsare le spese non urgenti, non contemplate in un preventivo approvato, sostenute dall’amministratore nell’interesse comune, nulla impedisce all’assemblea dei condomini, pur in mancanza di una preventiva approvazione del progetto di spesa per opere di manutenzione ordinaria e straordinaria delle cose comuni, di approvare successivamente le spese sostenute dall’amministratore, sempre che si tratti di spese oggettivamente utili.  In questo senso è orientata la giurisprudenza di questa Corte, la quale, attesi i poteri sovrani di cui dispone l’assemblea in tema di gestione del condominio, ritiene che nulla si opponga a che la stessa possa procedere alla ratifica effettuata di una spesa effettuata dall’amministratore, che consideri comunque utile, anche quando manchi il requisito dell’urgenza (Cass., Sez. II, 14 giugno 1992, n. 6896; Cass., Sez. II, 7 febbraio 2008, n. 2864).
 
Conclusivamente, deve affermarsi il principio per cui, con riguardo alle spese, di manutenzione ordinaria e straordinaria delle cose comuni, che l’amministratore abbia effettuato senza preventiva approvazione del relativo progetto, l’assemblea ben può riconoscerne vantaggiosa l’opera, ancorché non indifferibile ed urgente, ed approvarne la relativa spesa, purché oggettivamente utile per il condominio e non voluttuaria né gravosa, restando la preventiva formale deliberazione di esecuzione dell’opera utilmente surrogata dall’approvazione del consuntivo della stessa e dalla conseguente ripartizione del relativo importo tra i condomini.     
7. – Per effetto dell’accoglimento del primo motivo del ricorso principale e del secondo motivo del ricorso incidentale, la sentenza impugnata è cassata. La causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Milano, che la deciderà in diversa composizione.  Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.     
 
                                                                       P.Q.M. 
    

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale, e rigetta gli altri motivi; cassa, in relazione alla censura accolta, la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.  
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 21 maggio 2009.          

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