Corte di Cassazione n° 171/2010 – sanzioni amministrative – telelaser – validità dell’accertamento – 08.01.2010. –

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Images: cassazione sito.jpgLa Corte di Cassazione, con la sentenza in oggetto, ha ribadito che: “La violazione alle norme sulla velocità deve ritenersi provata sulla base della verbalizzazione dei rilievi tratti dalle apparecchiature previste dal detto art. 142 C.d.S., e delle contestuali constatazioni personali degli agenti – constatazioni che, attenendo a dati obiettivi quali la lettura del display dello strumento e la rilevazione del numero della targa, non costituiscono “percezioni sensoriali” implicanti margini d’apprezzamento individuali – facendo infatti prova il verbale fino a querela di falso dell’effettuazione di tali rilievi e constatazioni, mentre le risultanze di essi valgono invece fino a prova contraria, che può essere data dall’opponente in base alla dimostrazione del difetto di funzionamento dei dispositivi, anche occasionale in relazione alle condizioni della strada e del traffico al momento della rilevazione, da fornirsi in base a concrete circostanze di fatto“.    

                                                  SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE 

                                                            SEZIONE II CIVILE
 

                                                  Sentenza 8 gennaio 2010, n. 171
  

                                                 
                                                  SVOLGIMENTO DEL PROCESSO  

Con sentenza depositata il 22 ottobre 2005, il Giudice di pace di Tricarieo accoglieva l’opposizione proposta da B.S. avverso il verbale di contestazione elevato dalla Polizia stradale di Matera, con il quale gli era stata contestata la violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 9, accertata a mezzo apparecchiatura Telelaser modello LTI 20-20, per avere superato di 53,45 kmh il limite di velocità.  
Il Giudice di pace riteneva che l’accertamento della velocità effettuato a mezzo Telelaser non offrisse garanzie tali da assicurare che l’auto inquadrata fosse proprio quella successivamente fermata dagli agenti, tenuto conto del fatto che il numero della targa e le caratteristiche in genere del veicolo “puntato” vengono rilevate visivamente unicamente dall’agente che opera con l’altro che esegue il puntamento, e che l’apparecchio non conserva traccia del veicolo inquadrato nè della velocità di transito.  Per la cassazione di questa sentenza propongono ricorso il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo di Matera sulla base di un unico motivo; l’intimato non ha svolto attività difensiva. 

                                                        MOTIVI DELLA DECISIONE
 

Deve preliminarmente rilevarsi che il ricorso risulta validamente proposto solo dal Ministero dell’Interno, risultando invece carente di legittimazione l’Ufficio territoriale del Governo di Potenza.  E’ noto, infatti, che, “in tema di sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada, quando la violazione sia stata accertata dalla Polizia stradale, la legittimazione passiva nel giudizio di opposizione spetta unicamente al Ministero dell’interno, non all’Ufficio territoriale del Governo competente per territorio, essendo quest’ultimo legittimato a resistere esclusivamente nei giudizi di opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione eventualmente emessa” (Cass., n. 9527 del 2006; Cass., n. 10216 del 2005; Cass., n. 7992 del 2005; Cass., n. 19541 del 2004).  
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente Ministero denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 495 del 1992, art. 345, (regolamento di esecuzione del codice della strada).  
Il ricorrente contesta la motivazione della sentenza impugnata là dove ha escluso che l’apparecchiatura telelaser LTI 20-20 consentirebbe di imputare in modo certo la velocità indicata sul display al veicolo cui viene contestata l’infrazione da parte dell’agente preposto all’accertamento, e ha sostanzialmente ritenuto la inidoneità di detta apparecchiatura rispetto alle prescrizioni del regolamento di esecuzione del codice della strada; ciò tanto più che nella sentenza impugnata non viene neanche ipotizzato che l’accertamento sia stato in concreto frutto di un errore umano.  
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce vizio di insufficienza della motivazione in ordine alla individuazione delle circostanze che, nel caso di specie, avrebbero indotto il Giudice del merito a ravvisare un errore umano nella identificazione del veicolo o nella misurazione della velocità, essendosi il medesimo Giudice limitato a prospettare una simile eventualità e ad escludere l’efficacia probatoria che assiste l’attestazione del pubblico ufficiale.  
Entrambi i motivi del ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in considerazione della evidente connessione delle censure proposte, sono fondati.  
Il Giudice di pace si è infatti discostato dal principio, affermato più volte da questa Corte e che il Collegio condivide, secondo cui “in tema di accertamento della violazione dei limiti di velocità a mezzo di apparecchiature elettroniche, la rilevazione effettuata mediante telelaser, prevista dall’art. 142 C.d.S., e dal D.P.R. n. 495 del 1992, art. 345, deve ritenersi legittima, restando affidata all’organo di polizia stradale l’attestazione mediante verbalizzazione, assistita da fede privilegiata fino a querela di falso, della riferibilità della velocità al veicolo individuato mediante l’apparecchio.
Tale sistema non è stato abrogato dal D.L. n. 121 del 2002, art. 4, convertito nella L. n. 168 del 2002, che prescrive la documentazione della violazione mediante sistemi fotografici, di ripresa video ed analoghi, atti ad accertare, anche i tempi successivi, le modalità di realizzazione dell’infrazione, in quanto questa ultima normativa è diretta a regolare la diversa ed ulteriore ipotesi dell’accertamento dell’illecito in un momento successivo a quello della commissione dell’infrazione ed in assenza dell’agente, sulla base della documentazione fotografica e video” (Cass., n. 1889 del 2008; Cass., n. 17754 del 2007; Cass., n. 3420 del 2009).
  
Non è, invero, richiesto da alcuna delle norme richiamate che dette apparecchiature siano anche munite di dispositivi in grado d’assicurare una documentazione, con modalità automatiche quali la ripresa dell’immagine visualizzata sul display (fotografia) o la riproduzione meccanica dei dati visualizzati (scontrino) dell’accertamento dell’infrazione, in quanto la fonte primaria prevede solo che le apparecchiature elettroniche possano costituire fonte di prova, se debitamente omologate.  
La norma regolamentare, alla quale rinvia l’art. 142 C.d.S., comma 6, stabilisce i requisiti ai quali è subordinata l’omologazione delle apparecchiature elettroniche, tra i quali l’idoneità a consentire la rilevazione della velocità del veicolo in modo chiaro ed accertabile, requisito che presuppone unicamente la determinazione inequivoca della velocità del veicolo, ben. potendo poi l’individuazione di questo e la trascrizione della velocità rilevata essere demandate all’agente (di polizia addetto al rilevamento, come prescritto dal surrichiamato art. 345 reg. C.d.S., e ciò fa senza alcun esplicito riferimento ad una documentazione fotografica od altrimenti meccanica dell’accertamento operato dal detto agente mediante l’apparecchiatura stessa.  
La violazione alle norme sulla velocità deve dunque ritenersi provata sulla base della verbalizzazione dei rilievi tratti dalle apparecchiature previste dal detto art. 142 C.d.S., e delle contestuali constatazioni personali degli agenti – constatazioni che, attenendo a dati obiettivi quali la lettura del display dello strumento e la rilevazione del numero della targa, non costituiscono “percezioni sensoriali” implicanti margini d’apprezzamento individuali – facendo infatti prova il verbale fino a querela di falso dell’effettuazione di tali rilievi e constatazioni, mentre le risultanze di essi valgono invece fino a prova contraria, che può essere data dall’opponente in base alla dimostrazione del difetto di funzionamento dei dispositivi, anche occasionale in relazione alle condizioni della strada e del traffico al momento della rilevazione, da fornirsi in base a concrete circostanze di fatto (di recente, Cass., n. 3240 del 2009; Cass., n. 1889 del 2008; Cass., n. 17754 del 2007; Cass., n. 15324 del 2006).  
Con specifico riferimento all’apparecchiatura denominata “telelaser”, debitamente omologata, è ingiustificata pertanto la tesi volta ad escludere che l’accertamento della velocità, con riferimento ad un singolo determinato veicolo, possa essere idoneamente documentato dal verbale degli agenti addetti alla rilevazione, essendo il relativo verbale dotato di efficacia probatoria fino a querela di falso quanto ai dati in esso attestati dal pubblico ufficiale; ed altrettanto ingiustificata è la tesi per cui la dizione dell’art. 345 reg. esec. C.d.S., “in modo chiaro e accertabile” implichi la necessità che l’apparecchiatura elettronica fornisca anche prova documentale, visiva (fotografia) od altrimenti meccanica automatica (scontrino), dell’individuazione del veicolo e non solo la visualizzazione sul display della velocità dello stesso. D’altra parte, dall’esame della sentenza impugnata non risulta che l’opponente avesse dedotto e provato, o chiesto invano di provare, specifici elementi dai quali desumere un cattivo funzionamento dell’apparecchio utilizzato nella circostanza, donde doveva essere tratta la conclusione che le risultanze dell’accertamento compiuto con l’apparecchiatura elettronica non erano state vinte da prova contraria (Cass., n. 3240 del 2009 cit. ; Cass., n. 16458 del 2006; Cass., n. 10212 del 2005).
In difetto della qual allegazione e dimostrazione, si deve concludere che l’accertamento dell’infrazione è valido e legittimo, in quanto, da un lato, l’apparecchiatura utilizzata, “telelaser”, consente la visualizzazione sul display della velocità rilevata, dall’altro, la riferibilità di detta velocità ad un veicolo determinato discende dall’operazione di puntamento e, quindi, d’identificazione del veicolo stesso effettuata dall’agente di polizia stradale che ha in uso l’apparecchiatura in questione.
  
A tali principi e considerazioni il giudice a quo non si è conformato, onde il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza va annullata, peraltro senza rinvio.  Poichè, infatti, dalla sentenza stessa risulta che la questione esaminata rappresentava l’unico motivo d’opposizione ed esso è risultato infondato per le ragioni sopra esposte, la causa può essere decisa nel merito in questa sede, ex art. 384 c.p.c., con rigetto dell’originaria opposizione.  
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza per il giudizio di legittimità, mentre per quello di merito non vi è luogo a provvedere, essendosi l’Amministrazione costituita a mezzo di funzionario e non avendo depositato la nota delle spese vive liquidabili. 

                                                                        P.Q.M.
  

La Corte
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione; condanna l’intimato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 400,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.  
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 ottobre 2009.  
Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2010.  

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