Corte di Cassazione n° 1346/09 – in caso procedimento penale chiuso con decreto di archiviazione per risarcimento danni da sinistro stradale non si applica la prescrizione biennale – 20.01.09. –

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A differenza della sentenza, la quale presuppone un processo, il provvedimento di archiviazione ha per presupposto la mancanza di un processo e non dà luogo a preclusioni di alcun genere, né ha gli effetti caratteristici della cosa giudicata. Ne consegue che, in tema di causa attinente all’accertamento della responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, spetta al giudice civile stabilire, con piena libertà di giudizio, se nei fatti emersi, e legittimamente ricostruiti in modo difforme dall’avviso del giudice penale, siano ravvisabili gli estremi di delitti colposi, sia per quanto concerne l’individuazione del termine di prescrizione, sia per quanto concerne gli altri effetti che ne possono conseguire sul piano del diritto civile (cfr., quanto al risarcimento dei danni non patrimoniali.”  


                                                      CORTE DI CASSAZIONE 
  

                              Sezione III civile   Sentenza 20 gennaio 2009, n. 1346           

                                                SVOLGIMENTO DEL PROCESSO   

Con atto di citazione notificato il 14 novembre 1997 Anna Maria R. e Giampaolo B., nonché Michele e Nicola B. – rispettivamente, genitori e fratelli di Luca B., deceduto nello scontro fra due imbarcazioni, avvenuto il 2 ottobre 1992 nel canale di S. Nicolò, in prossimità della secca prospiciente il Lido di Venezia – hanno convenuto davanti al Tribunale di Venezia Giampietro C., che si trovava alla guida del motoscafo investitore, ed il suo assicuratore, s.p.a. Compagnia di Genova Assicurazioni, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni.
 
I convenuti hanno resistito alla domanda, eccependo preliminarmente la prescrizione del diritto degli attori al risarcimento, per essere decorsi oltre due anni dal provvedimento 14 ottobre 1994 con cui il GIP ha disposto l’archiviazione del procedimento penale a carico del C. Con sentenza 29 novembre 1999 il Tribunale di Venezia, accogliendo l’eccezione di prescrizione, ha respinto le domande attrici. Su appello principale dei B. e incidentale dei convenuti, con sentenza 11 giugno-24 novembre 2003 n. 1766, la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza impugnata, compensando le spese del grado. Con atto notificato il 22 novembre 2004 i B. propongono un unico motivo di ricorso per cassazione, a cui resiste il C. con controricorso. 
I ricorrenti e la s.p.a. RAS-Riunione Adriatica di Sicurtà, subentrata nelle more alla Compagnia di assicurazioni di Genova, hanno depositato memoria.   

                                                     MOTIVI DELLA DECISIONE
   

1. – La Corte di appello ha dedotto a sostegno della sua decisione che la norma di cui al 3° comma dell’art. 2947 c.c. ha lo scopo di evitare che l’azione di risarcimento dei danni si estingua, in pendenza del processo penale, ma che l’inattività del danneggiato diventa non più meritevole di tutela allorché l’esercizio dell’azione penale risulti precluso, come avviene nel caso in cui sia stato emesso decreto di archiviazione. Correttamente, quindi, il Tribunale ha equiparato il suddetto provvedimento ad una sentenza di proscioglimento.
 
2. – Con l’unico motivo i ricorrenti censurano la decisione per violazione di legge, rilevando che, in base al codice di procedura penale in vigore, la richiesta di archiviazione del PM non costituisce esercizio dell’azione penale, ma è ad essa alternativa, nel senso che il PM chiede l’archiviazione quando ritiene di non poter promuovere l’azione penale, non disponendo di elementi sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio. Rilevano che il decreto di archiviazione di cui agli artt. 409 e 554 c.p.p. non ha carattere giurisdizionale, ma chiude la fase delle indagini preliminari al processo ed impedisce l’avvio del procedimento, nei casi in cui manchino elementi sufficienti a condurlo in porto; come si desume dal fatto che il decreto di archiviazione non preclude l’esercizio dell’azione penale ad opera di un diverso ufficio del PM, né preclude l’eventuale integrazione nel dibattimento dell’oggetto di un’azione penale già esercitata o di un processo già instaurato, ai sensi degli artt. 516, 517 e 518 c.p.p.; che non consegue l’autorità del giudicato, ma ha efficacia preclusiva solo nei confronti dell’autorità che lo ha emesso (Cass. pen. S.U. 1° giugno 2000, n. 9), la quale può peraltro revocarlo, autorizzando la riapertura delle indagini. Il decreto di archiviazione, quindi, non può essere equiparato alla sentenza irrevocabile di cui all’art. 2947, 3° comma, c.c., ai fini della decorrenza del termine di prescrizione previsto per l’illecito civile. Nella specie, Luca B., vittima dell’incidente, è deceduto il 2 ottobre 1992 e la lettera raccomandata di richiesta del risarcimento dei danni è stata inviata il 15 ottobre 1996, entro il termine quinquennale di prescrizione del reato di omicidio colposo. La domanda giudiziale, notificata il 4 novembre 1997, è perciò da ritenere tempestiva, per effetto del suddetto atto interruttivo. 
2.1.- Il motivo è fondato. 
Erroneamente la Corte di appello ha equiparato il decreto di archiviazione degli atti alla sentenza di proscioglimento. Detto decreto, infatti, né comporta esercizio dell’azione penale, né ha effetti preclusivi in ordine ad una successiva, diversa valutazione dei fatti, che comporti la riapertura delle indagini. Neppure preclude, pertanto, che lo stesso fatto venga diversamente definito, valutato e qualificato dal giudice civile, stante il principio dell’indipendenza delle azioni penale e civile, introdotto con la riforma del rito penale. A differenza della sentenza, la quale presuppone un processo, il provvedimento di archiviazione ha per presupposto la mancanza di un processo e non dà luogo a preclusioni di alcun genere, né ha gli effetti caratteristici della cosa giudicata. Ne consegue che, in tema di causa attinente all’accertamento della responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, spetta al giudice civile stabilire, con piena libertà di giudizio, se nei fatti emersi, e legittimamente ricostruiti in modo difforme dall’avviso del giudice penale, siano ravvisabili gli estremi di delitti colposi (Cass. civ. Sez. III, 21 ottobre 2005, n. 20355), sia per quanto concerne l’individuazione del termine di prescrizione (Cass. civ. Sez. III, 19 gennaio 2007, n. 1206), sia per quanto concerne gli altri effetti che ne possono conseguire sul piano del diritto civile (cfr., quanto al risarcimento dei danni non patrimoniali, Cass. civ. n. 20355/2005 cit.; Cass. civ. Sez. V 13 aprile 2007, n. 8888; Cass. civ. Sez. III, 23 aprile 1997, n. 3529). 
La sentenza impugnata avrebbe dovuto accertare direttamente, pertanto, se nel caso in esame fossero o meno ravvisabili gli estremi del reato, ed in base alla suddetta valutazione (tenuto anche conto, se del caso, delle risultanze del procedimento conclusosi con l’archiviazione), decidere in ordine al termine di prescrizione applicabile. Al contrario – pur accennando incidentalmente al problema – la Corte di merito non ha compiuto alcun diretto accertamento, né ha emesso una formale e precisa pronuncia in materia, idonea a passare in giudicato, applicando il più breve termine di prescrizione solo in base al principio – errato – secondo cui il decreto di archiviazione del GIP avrebbe l’efficacia formale della sentenza penale irrevocabile di cui all’art. 2947, 3° comma, c.c.   

                                                                   P.Q.M.
   

La Corte
di cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, che deciderà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

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