Corte di Cassazione n° 11452 – controversie tra utente ed erogatore servizio energia elettrica e gas – non obbligatorio tentativo di conciliazione – 17.05.07. –
«Per il settore della regolazione del servizio di pubblica utilità per l’energia elettrica ed il gas, nella situazione di mancata emanazione del regolamento previsto dall’art. 2, comma 24, della legge 14 novembre 1995, n. 481, da emanarsi ai sensi dell’art. 17 della l. n. 400 del 1988, le controversie fra l’utente ed il soggetto esercente il servizio non sono soggette alla condizione di procedibilità dell’esperimento di un tentativo di conciliazione obbligatorio avanti alle commissioni di conciliazione istituite presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi dell’art. 2, comma 4, lett. a), della legge 29 dicembre 1993, n. 580, in quanto tale tentativo è stato previsto dal suddetto art. 2, comma 24, ma con attribuzione all’indicato regolamento della sua disciplina e, quindi, con procrastinazione della effettività della previsione al momento di emanazione ed entrata in vigore dello stesso, anteriormente al quale il tentativo di conciliazione avanti a dette commissioni è, quindi, quello dei tutto facoltativo, esperibile secondo le previsioni della citata legge del 1993».
Sezione terza civile
sentenza 13 aprile – 17 maggio 2007, n. 11452
Svolgimento del processo
§ 1. Con citazione notificata nel settembre del 2001 la s.n.c. Bar New York conveniva in giudizio, avanti al Giudice di Pace di Comiso, l’Enel Distribuzione s.p.a., per sentirla condannare al risarcimento dei danni sofferti il giorno 24 aprile 2001, nella misura di lire 1.517.000, ai prodotti di gelateria ed artigianali delle celle frigorifere del proprio esercizio commerciale di Pedalino, a causa dell’interruzione dell’erogazione dell’energia elettrica dalle ore 9,00 alle ore 14,00.
La convenuta si costituiva e contestava la fondatezza della domanda.
All’esito dell’espletata istruzione, il Giudice di Pace, con sentenza del 17 ottobre 2002, dichiarava improcedibile l’azione, per non avere l’attrice previamente esperito la procedura conciliativa prevista dall’art. 2, comma 24, della legge n. 481 del 1995.
Ciò, sull’assunto che, come da nota prot. 10419 del 26 settembre 2002 della Camera di Commercio di Ragusa risultava che presso detta Camera era stata istituita, con delibera n. 134 del 26 ottobre 1998, la Commissione o Camera Conciliativa prevista da detta norma e ne erano stati approvati i relativi regolamenti.
§2. Contro questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la s.n.c. Bar New York sulla base di un unico motivo.
L’intimata non ha resistito.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, sull’assunto che si tratterebbe di violazione di norme processuali, “violazione dell’articolo 360 n. 3 c.p.c. con riferimento all’articolo 311 c.p.c. e all’articolo 2, comma 24, della l. n. 481 del 1995”, adducendosi che erroneamente il Giudice di Pace avrebbe supposto l’operatività della condizione di procedibilità, di cui all’art. 2, comma 24 di detta legge, mentre, invece essa non sussisteva, poiché il regolamento di attuazione della norma da essa stessa previsto (e da emanarsi ai sensi dell’art. 17, comma 1, della l. n. 400 del 1988) non solo non risultava emanato all’atto della decisione, ma ancora non lo era al momento della proposizione del ricorso.
Del tutto infondatamente quel Giudice avrebbe supposto la detta operatività argomentando dalla istituzione presso la Camera di Commercio di Ragusa della Camera di Conciliazione e dall’adozione del relativo regolamento, poiché i regolamenti di attuazione cui fa riferimento l’art. 2 sono quelli da adottarsi nella forma del decreto del Presidente della Repubblica dal potere esecutivo.
Del resto, la delibera della Camera di Commercio nemmeno faceva riferimento alla legge n. 481 del 1995 ed il tentativo di conciliazione in essa previsto lo era come tentativo del tutto facoltativo e senza sanzione di improcedibilità, prevedendosi che esso fosse esperibile o a seguito di apposita clausola contrattuale o per accordo successivo all’insorgenza della controversia.
§2. Il motivo su cui si fonda il ricorso, concernente violazione di norme processuali e, quindi, deducibile senza limiti avverso le sentenze equitativa del giudice di pace è fondato.
L’art. 2, comma 24, della legge 14 novembre 1995 n. 481 (Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità), ebbe a prevedere all’art. 2, comma 24 quanto segue: «Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400 , sono definiti: a) le procedure relative alle attività svolte dalle Autorità idonee a garantire agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio, in forma scritta e orale, e la verbalizzazione; b) i criteri, le condizioni, i termini e le modalità per l’esperimento di procedure di conciliazione o di arbitrato in contraddittorio presso le Autorità nei casi di controversie insorte tra utenti e soggetti esercenti il servizio, prevedendo altresì i casi in cui tali procedure di conciliazione o di arbitrato possano essere rimesse in prima istanza alle commissioni arbitrali e conciliative istituite presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi dell’articolo 2, comma 4, lettera a), della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
Fino alla scadenza del termine fissato per la presentazione delle istanze di conciliazione o di deferimento agli arbitri, sono sospesi i termini per il ricorso in sede giurisdizionale che, se proposto, è improcedibile. Il verbale di conciliazione o la decisione arbitrale costituiscono titolo esecutivo».
La norma (come si constata espressamente anche, da ultimo, nel recentissimo provvedimento dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, di cui alla delibera n. 35 del 2007, con il quale si è prevista la possibilità di dar corso a procedura conciliative coinvolgenti le associazioni dei consumatori, secondo la logica di cui all’art. 137 del dAgs. n. 206 del 2000, c.d. Codice del consumo) non ha mai trovato attuazione nella forma ch’essa stessa prevede, non essendo stato emanato il d.P.R. recante le norme di attuazione, che si sarebbe dovuto adottare nella forma di cui all’art. 17 della I. n. 400 del 1988.
Nella situazione di mancata emanazione nella forma prevista della normativa di attuazione, la previsione di cui al citato art. 2 non è divenuta concretamente applicabile, atteso che essa avrebbe dovuto essere attuata con l’apposita forma regolamentare.
Il Giudice di Pace l’ha, invece, considerata, tale, facendo leva del tutto erroneamente sul fatto dell’avvenuta istituzione presso la Camera di Commercio di Ragusa della Commissione, cui la norma stessa ha previsto che siano demandate le procedure conciliative una volta regolate dalla normativa di attuazione, cioè la Commissione, che l’art. 2, comma 4, lett. a) della l. n. 580 del 1993, aveva previsto che le camere di commercio, singolarmente o in forma associata, potessero costituire per la risoluzione delle controversie tra imprese e tra imprese e consumatori ed utenti. Senonché, siffatta commissione era operativa soltanto ai sensi di tale normativa, stante la situazione di mancata emanazione dei regolamento di cui si è detto.
Pertanto, essa lo era esclusivamente ai fini del tentativo di conciliazione previsto da quella normativa, che è del tutto facoltativo e non obbligatorio.
Ne discende che, non avendo ritenuto la ricorrente di darvi corso, l’azione era procedibile.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata sulla base del seguente principio di diritto: «Per il settore della regolazione del servizio di pubblica utilità per l’energia elettrica ed il gas, nella situazione di mancata emanazione del regolamento previsto dall’art. 2, comma 24, della legge 14 novembre 1995, n. 481, da emanarsi ai sensi dell’art. 17 della l. n. 400 del 1988, le controversie fra l’utente ed il soggetto esercente il servizio non sono soggette alla condizione di procedibilità dell’esperimento di un tentativo di conciliazione obbligatorio avanti alle commissioni di conciliazione istituite presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi dell’art. 2, comma 4, lett. a), della legge 29 dicembre 1993, n. 580, in quanto tale tentativo è stato previsto dal suddetto art. 2, comma 24, ma con attribuzione all’indicato regolamento della sua disciplina e, quindi, con procrastinazione della effettività della previsione al momento di emanazione ed entrata in vigore dello stesso, anteriormente al quale il tentativo di conciliazione avanti a dette commissioni è, quindi, quello dei tutto facoltativo, esperibile secondo le previsioni della citata legge del 1993».
Va disposto, dunque, rinvio ad altro Giudice di Pace, che si designa in quello di Ragusa e che si conformerà al su indicato principio di diritto e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, con rinvio al Giudice di Pace di Ragusa, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
CASSAZIONE
Sezione terza civile
sentenza 13 aprile – 17 maggio 2007, n. 11452
Presidente Vittoria –
Relatore Frasca – Pm CeniccolaSvolgimento del processo
§ 1. Con citazione notificata nel settembre del 2001 la s.n.c. Bar New York conveniva in giudizio, avanti al Giudice di Pace di Comiso, l’Enel Distribuzione s.p.a., per sentirla condannare al risarcimento dei danni sofferti il giorno 24 aprile 2001, nella misura di lire 1.517.000, ai prodotti di gelateria ed artigianali delle celle frigorifere del proprio esercizio commerciale di Pedalino, a causa dell’interruzione dell’erogazione dell’energia elettrica dalle ore 9,00 alle ore 14,00.
La convenuta si costituiva e contestava la fondatezza della domanda.
All’esito dell’espletata istruzione, il Giudice di Pace, con sentenza del 17 ottobre 2002, dichiarava improcedibile l’azione, per non avere l’attrice previamente esperito la procedura conciliativa prevista dall’art. 2, comma 24, della legge n. 481 del 1995.
Ciò, sull’assunto che, come da nota prot. 10419 del 26 settembre 2002 della Camera di Commercio di Ragusa risultava che presso detta Camera era stata istituita, con delibera n. 134 del 26 ottobre 1998, la Commissione o Camera Conciliativa prevista da detta norma e ne erano stati approvati i relativi regolamenti.
§2. Contro questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la s.n.c. Bar New York sulla base di un unico motivo.
L’intimata non ha resistito.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, sull’assunto che si tratterebbe di violazione di norme processuali, “violazione dell’articolo 360 n. 3 c.p.c. con riferimento all’articolo 311 c.p.c. e all’articolo 2, comma 24, della l. n. 481 del 1995”, adducendosi che erroneamente il Giudice di Pace avrebbe supposto l’operatività della condizione di procedibilità, di cui all’art. 2, comma 24 di detta legge, mentre, invece essa non sussisteva, poiché il regolamento di attuazione della norma da essa stessa previsto (e da emanarsi ai sensi dell’art. 17, comma 1, della l. n. 400 del 1988) non solo non risultava emanato all’atto della decisione, ma ancora non lo era al momento della proposizione del ricorso.
Del tutto infondatamente quel Giudice avrebbe supposto la detta operatività argomentando dalla istituzione presso la Camera di Commercio di Ragusa della Camera di Conciliazione e dall’adozione del relativo regolamento, poiché i regolamenti di attuazione cui fa riferimento l’art. 2 sono quelli da adottarsi nella forma del decreto del Presidente della Repubblica dal potere esecutivo.
Del resto, la delibera della Camera di Commercio nemmeno faceva riferimento alla legge n. 481 del 1995 ed il tentativo di conciliazione in essa previsto lo era come tentativo del tutto facoltativo e senza sanzione di improcedibilità, prevedendosi che esso fosse esperibile o a seguito di apposita clausola contrattuale o per accordo successivo all’insorgenza della controversia.
§2. Il motivo su cui si fonda il ricorso, concernente violazione di norme processuali e, quindi, deducibile senza limiti avverso le sentenze equitativa del giudice di pace è fondato.
L’art. 2, comma 24, della legge 14 novembre 1995 n. 481 (Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità), ebbe a prevedere all’art. 2, comma 24 quanto segue: «Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400 , sono definiti: a) le procedure relative alle attività svolte dalle Autorità idonee a garantire agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio, in forma scritta e orale, e la verbalizzazione; b) i criteri, le condizioni, i termini e le modalità per l’esperimento di procedure di conciliazione o di arbitrato in contraddittorio presso le Autorità nei casi di controversie insorte tra utenti e soggetti esercenti il servizio, prevedendo altresì i casi in cui tali procedure di conciliazione o di arbitrato possano essere rimesse in prima istanza alle commissioni arbitrali e conciliative istituite presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi dell’articolo 2, comma 4, lettera a), della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
Fino alla scadenza del termine fissato per la presentazione delle istanze di conciliazione o di deferimento agli arbitri, sono sospesi i termini per il ricorso in sede giurisdizionale che, se proposto, è improcedibile. Il verbale di conciliazione o la decisione arbitrale costituiscono titolo esecutivo».
La norma (come si constata espressamente anche, da ultimo, nel recentissimo provvedimento dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, di cui alla delibera n. 35 del 2007, con il quale si è prevista la possibilità di dar corso a procedura conciliative coinvolgenti le associazioni dei consumatori, secondo la logica di cui all’art. 137 del dAgs. n. 206 del 2000, c.d. Codice del consumo) non ha mai trovato attuazione nella forma ch’essa stessa prevede, non essendo stato emanato il d.P.R. recante le norme di attuazione, che si sarebbe dovuto adottare nella forma di cui all’art. 17 della I. n. 400 del 1988.
Nella situazione di mancata emanazione nella forma prevista della normativa di attuazione, la previsione di cui al citato art. 2 non è divenuta concretamente applicabile, atteso che essa avrebbe dovuto essere attuata con l’apposita forma regolamentare.
Il Giudice di Pace l’ha, invece, considerata, tale, facendo leva del tutto erroneamente sul fatto dell’avvenuta istituzione presso la Camera di Commercio di Ragusa della Commissione, cui la norma stessa ha previsto che siano demandate le procedure conciliative una volta regolate dalla normativa di attuazione, cioè la Commissione, che l’art. 2, comma 4, lett. a) della l. n. 580 del 1993, aveva previsto che le camere di commercio, singolarmente o in forma associata, potessero costituire per la risoluzione delle controversie tra imprese e tra imprese e consumatori ed utenti. Senonché, siffatta commissione era operativa soltanto ai sensi di tale normativa, stante la situazione di mancata emanazione dei regolamento di cui si è detto.
Pertanto, essa lo era esclusivamente ai fini del tentativo di conciliazione previsto da quella normativa, che è del tutto facoltativo e non obbligatorio.
Ne discende che, non avendo ritenuto la ricorrente di darvi corso, l’azione era procedibile.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata sulla base del seguente principio di diritto: «Per il settore della regolazione del servizio di pubblica utilità per l’energia elettrica ed il gas, nella situazione di mancata emanazione del regolamento previsto dall’art. 2, comma 24, della legge 14 novembre 1995, n. 481, da emanarsi ai sensi dell’art. 17 della l. n. 400 del 1988, le controversie fra l’utente ed il soggetto esercente il servizio non sono soggette alla condizione di procedibilità dell’esperimento di un tentativo di conciliazione obbligatorio avanti alle commissioni di conciliazione istituite presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi dell’art. 2, comma 4, lett. a), della legge 29 dicembre 1993, n. 580, in quanto tale tentativo è stato previsto dal suddetto art. 2, comma 24, ma con attribuzione all’indicato regolamento della sua disciplina e, quindi, con procrastinazione della effettività della previsione al momento di emanazione ed entrata in vigore dello stesso, anteriormente al quale il tentativo di conciliazione avanti a dette commissioni è, quindi, quello dei tutto facoltativo, esperibile secondo le previsioni della citata legge del 1993».
Va disposto, dunque, rinvio ad altro Giudice di Pace, che si designa in quello di Ragusa e che si conformerà al su indicato principio di diritto e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, con rinvio al Giudice di Pace di Ragusa, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.