Corte di Cassazione n° 04055/09 –sinistri stradali –il segnale di stop impone l’obbligo di fermarsi anche quando la strada è libera – 19.02.09.-

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“il conducente di un autoveicolo, una volta fermatosi sulla linea di stop, prima di riprendere la marcia, ha obbligo di ispezionare la strada preferita, per assicurarsi che sia libera da sopraggiungenti veicoli e, in caso negativo, di accordare la precedenza a tutti i veicoli circolanti sulla detta strada, sia provenienti da destra che da sinistra. Infatti l’obbligo imposto ai conducenti di veicoli di arrestare la marcia e cedere la precedenza nei due sensi, quando vi sia un cartello di stop in prossimità di un crocevia, ha carattere rigido, con la conseguenza che la fermata a detto segnale deve effettuarsi almeno per un attimo quando l’area del crocevia è libera, mentre deve protrarsi, in caso di sopravvenienza di veicoli sulla strada che si sta per imboccare, il tempo necessario a consentire a tutti detti veicoli di passare con precedenza”    

                                                       CORTE DI CASSAZIONE 

                                                             III SEZ. CIVILE   

                                             sentenza 19 febbraio 2009, n.04055 
  

                                                  SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

Con atto notificato il 6 novembre 2003, I. M. A. proponeva appello avverso la sentenza n. 1728/03, emessa dal giudice di pace di Lecce il 15 settembre 2003, con cui era stata rigettata la domanda dalla stessa avanzata nei confronti di S. S. e S. C. e l’assicuratore per la r.c.a. di quest’ultimi, Unipol s.p.a., per il risarcimento dei danni subiti in occasione del sinistro verificatosi il 12 agosto 2001 in Lecce.
 
Il Tribunale, con sentenza depositata il 29 giugno 2005, rigettava l’appello. 
Riteneva il giudice di appello che, sulla base delle prove raccolte in primo grado, emergeva la responsabilità esclusiva dell’attrice nella produzione dell’incidente, in quanto essa a bordo della sua auto impegnò l’incrocio che la immetteva sulla via Petrarca di Lecce, senza rispettare il segnale di stop, per cui entrò in collisione con l’auto condotta dal S.. 
Ciò emergeva sia dalle foto esibite dagli appellati, sia dalla deposizione del teste M., sia dalla mancata risposta all’interrogatorio da parte dell’attrice. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’attrice. Resistono con controricorso S. S. e S. C..  

                                                       MOTIVI DELLA DECISIONE.
 

1. — Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2054 cc., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5. Assume la ricorrente che il giudice di merito avrebbe dovuto ritenere il concorso di colpa, in assenza della prova che il S. aveva rispettato le regole di circolazione e di normale prudenza, nonostante che essa attrice non avesse rispettato il segnale di “Stop”; che dai danni riportati dall’auto di essa attrice il giudice avrebbe dovuto ritenere che il S. teneva una velocità elevata.
 
2, — Il motivo è infondato. 
Osserva questa Corte che la presunzione di colpa posta, ex articolo 2054 cc., comma 2, a carico dei conducenti di veicoli per la ipotesi di scontro tra i medesimi ha funzione meramente sussidiaria, ed opera solo se non sia possibile accertare, in concreto, le rispettive responsabilità. Pertanto, ove risulti che l’incidente si è verificato per colpa esclusiva di uno dei conducenti, e che nessuna colpa, per converso, è ravvisabile nel comportamento dell’altro, quest’ultimo resta senz’altro esonerato dalla presunzione de qua, e non sarà, conseguentemente, tenuto a provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno (Cass. 11 giugno 1997, n, 5250). La colpa esclusiva di un conducente per il danno verificatosi a seguito di scontro con altro veicolo — liberatoria, per il conducente di questo ultimo, dall’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitarlo — può risultare indirettamente dall’accertato nesso causale esclusivo tra il suo comportamento e l’evento dannoso, come allorché questo avviene nell’area in cui egli era obbligato a dare la precedenza ai veicoli provenienti da destra e da sinistra, per l’esistenza di un segnale di “stop” (Cass. 18 febbraio 1998, n. 1724; Cass. 11 novembre 1975, n. 3804). 
A tal fine va osservato che il conducente di un autoveicolo, una volta fermatosi sulla linea di stop, prima di riprendere la marcia, ha obbligo di ispezionare la strada preferita, per assicurarsi che sia libera da sopraggiungenti veicoli e, in caso negativo, di accordare la precedenza a tutti i veicoli circolanti sulla detta strada, sia provenienti da destra che da sinistra. Infatti l’obbligo imposto ai conducenti di veicoli di arrestare la marcia e cedere la precedenza nei due sensi, quando vi sia un cartello di stop in prossimità di un crocevia, ha carattere rigido, con la conseguenza che la fermata a detto segnale deve effettuarsi almeno per un attimo quando l’area del crocevia è libera, mentre deve protrarsi, in caso di sopravvenienza di veicoli sulla strada che si sta per imboccare, il tempo necessario a consentire a tutti detti veicoli di passare con precedenza (cfr. Cass. pen. 24 febbraio 1984, Canini; Cass. pen., 28 novembre 1988, Lo Faro; Cass. pen., 21 marzo 1986, Armani; Cass, pen., 10 dicembre 1985, Solfaroli). 
Ne consegue che, se il giudice di merito ha accertato che nel capo concreto l’incidente è da ascriversi sotto il profilo eziologico esclusivamente al comportamento colpevole del conducente, che ha omesso di rispettare il segnale di stop, risulta superata la presunzione sussidiaria di concorso di colpa, di cui all’articolo 2054 cc. 
3. — Tanto si è verificato nella fattispecie, avendo il giudice di appello, in conformità con quanto ritenuto dal primo giudice, accertato che l’incidente era da ascriversi alla colpa esclusiva dell’attrice, che aveva impegnato l’incrocio, senza dare la precedenza, imposta dal segnale di stop, all’auto dei convenuti, che viaggiava su tale strada preferita. 
4. — Infondata è anche la censura attinente a presunto vizio motivazionale della sentenza.
Come costantemente affermato da questa Corte, in tema di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice del merito in ordine alla ricostruzione delle modalità di un incidente e al comportamento delle persone alla guida dei veicoli in esso coinvolti si concreta in un giudizio di mero fallo che resta insindacabile in sede di legittimità, quando sia adeguatamente motivato e immune da vizi logici e da errori giuridici (Cass. 2 marzo 2004, n. 4186; Cass. 25 febbraio 2004, n. 3803; Cass. 30gennaio 2004, n. 1758; Cass. 5 aprile 2003, n. 5375). Nella fattispecie con motivazione immune da vizi rilevabili in questa sede di legittimità il giudice di merito ha ritenuto la colpa esclusiva dell’attrice nella causazione dell’evento, per mancata concessione della precedenza assoluta, sulla base delle fotografie prodotte dalle controparti, della deposizione del teste M. e della ficta confessio emergente dalla mancata presentazione dell’attrice per rispondere all’interrogatorio formale deferitole.
 
5. — Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 252 c.p.c., per non aver il giudice di primo grado identificato il teste M. con valido documento di identità.
6. — Il motivo è infondato.
 
Anzitutto la norma in questione non richiede che l’identificazione del teste avvenga con esibizione di valido documento di identità. Dal verbale di udienza del 3 luglio 2002 risulta che il teste ha dichiarato: «Sono e mi chiamo M. F., nato a G. il 23 novembre 1982, residente a Lecce, via P. 11, indifferente». Il giudice ha quindi proceduto correttamente all’identificazione del teste, a norma dell’articolo 252 c.p.c. In ogni caso, perché la mancata identificazione del teste possa viziare la deposizione testimoniale, è necessario che la parte alleghi che non vi sia (o—quanto meno — possa non esservi) identità tra il soggetto che ha effettivamente deposto e quello che apparentemente risulta essere stato testimone, cioè nella specie tale M..
In assenza di tale allegazione deve ritenersi che l’identificazione, così come avvenuta, abbia raggiunto il suo scopo nell’ambito del rapporto processuale tra le parti.
 
6.— Il ricorso va pertanto rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione 

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