Corte di Cassazione – Assegno bancario post -datato – Assegno privo di copertura – 19.03.07

“La post – datazione non determina la nullità dell’assegno bancario» ma soltanto la nullità del relativo patto per contrarietà a norme poste a tutela della buona fede e della regolare circolazione dei titoli di credito, ed il creditore può dunque esigerne immediatamente il pagamento; ne consegue che l’assegno bancario postdatato, non diversamente da quello regolarmente datato, deve considerarsi venuto ad esistenza come titolo di credito e mezzo di pagamento al momento stesso della sua emissione, che si identifica con il distacco dalla sfera giuridica del traente ed il passaggio nella disponibilità del prenditore (sentenze 25/5/2001 n. 7135; 30/5/1996 n. 5039; 11/5/1991 n. 5278” – – “in tema di assegno bancario, la raccomandata con la quale la banca comunica l’avvenuta revoca dell’autorizzazione alla emissione di titoli è atto rientrante nelle dichiarazioni recettizie di cui all’art. 1334 c.c., che si presumono conosciute nel momento in cui giungono all’ndirizzo del destinatario, salvo che costui provi di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia (sentenza Cassazione penale, sez. V, 31 marzo 1999, n. 7561)”.      

                                                                 REPUBBLICA ITALIA 
                                                        IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
                                                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
                                                           SEZIONE SECONDA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. Giovanni SETTIMJ – Presidente – 
Dott. Giovanna SCHERILLO – Consigliere – 
Dott. Luigi PICCIALLI – Consigliere – 
Dott. Umberto ATRIPALDI – Consigliere – 
Dott. Vincenzo CORRENTI – ReL. Consigliere – 
ha pronunciato la seguente SENTENZA 

sul ricorso proposto da:
 Ma.Ad., in proprio e quale legale rappresentante della Società B.S.A. SrL, elettivamente domiciliato in Ro. via Co. (…), presso lo studio dell’avvocato Tr.La., rappresentato e difeso dall’avvocato Di.Co., giusta delega in calce al ricorso; Ministero DELL’INTERNO
Prefettura DI Trieste;
 – intimato – 
avverso la sentenza n. 422/04 del giudice di pace di Trieste del 30/4/04, depositata il 26/05/04; udita la relazione della causa svolta nella camera dì consiglio il 24/11/06 dal Consigliere Dott. Vincenzo CORRENTI; 
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARLO DESTRO che ha chiesto l’accoglimento del ricorso perché manifestamente fondato.  

FATTO E DIRITTO
  Ma. Ad. propone ricorso per cassazione contro il Ministero dell’Interno (Prefettura di Trieste) avverso la sentenza del giudice di pace di Trieste n. 422/04, nel procedimento riguardante l’opposizione all’ordinanza ingiunzione della prefettura di Trieste n. 4069/03 in materia di violazioni alla legge a 386/90.
Non ha svolto difese il Ministero dell’interno.
 
Attivata procedura ex art. 375 c.p. c, il P.G. ha concluso per raccoglimento per manifesta fondatezza.
La richiesta merita adesione.
 
Con l’unico motivo di ricorso Ad.Ma. denuncia violazione degli articoli l e 5 legge 386/1990 e vizi di motivazione deducendo che il giudice di pace ha omesso di motivare in ordine al punto centrale della controversia relativo alla impossibilità materiale e giuridica di esso ricorrente di emettere assegni alla data del 20/10/2002, trovandosi in tale data ristretto in carcere.
Al momento dell’emissione (prima del 24/9/2002) il rapporto di conto corrente era vigente e non era prevedibile che la banca avrebbe revocato l’autorizzazione.
 Il giudice di pace, quindi, avrebbe dovuto accertare la data di emissione degli assegni tenendo conto delle argomentazioni difensive e delle prove documentali e testimoniali ben potendo la presunzione di certezza della data riportata nel titolo essere superata attraverso prova contraria.
Inoltre esso ricorrente – come eccepito – non ha mai acquisito la conoscenza della revoca dell’autorizzazione da parte della Banca notificata mentre si trovava in carcere.
 
Le dette censure – in particolare quella relativa ai vizi di motivazione – sono manifestamente fondate in quanto il giudice dì pace si è limitato a rigettare l’opposizione proposta dal Ma. limitandosi a far riferimento a dati formali (risultanti dai rapporti del notaio) senza esaminare le molteplici tesi difensive in fatto e in diritto sviluppate dall’opponente nell’atto introduttivo del giudizio di merito concernenti sia la data di effettiva emissione degli assegni in questione, sia la conoscenza della revoca dell’autorizzazione della banca. 
Va poi segnalato che dalla motivazione della sentenza impugnata non risulta che il giudice di pace abbia tenuto conto dei principi più volte affermati da questa Corte secondo cui: – la post – datazione non determina la nullità dell’assegno bancario» ma soltanto la nullità del relativo patto per contrarietà a norme poste a tutela della buona fede e della regolare circolazione dei titoli di credito, ed il creditore può dunque esigerne immediatamente il pagamento; ne consegue che l’assegno bancario postdatato, non diversamente da quello regolarmente datato, deve considerarsi venuto ad esistenza come titolo di credito e mezzo di pagamento al momento stesso della sua emissione, che si identifica con il distacco dalla sfera giuridica del traente ed il passaggio nella disponibilità del prenditore (sentenze 25/5/2001 n. 7135; 30/5/1996 n. 5039; 11/5/1991 n. 5278). – in caso di emissione di assegno postdatato e privo di copertura, ai fini dell’applicazione dell’amnistia deve farsi riferimento per individuare il momento consumativo del reato alla data della provata negoziazione del titolo e non a quella diversa e posteriore apposta sul titolo (Cassazione penale, sez. V, 16 gennaio 1985). “remissione dell’assegno bancario si concretizza nel momento in cui il traente si spossessa volontariamente del titolo a favore del primo prenditore. Ne deriva che il reato di emissione di assegno senza autorizzazione del trattario, previsto dall’art. 1. 15 dicembre 1990 n. 386, si consuma all’atto in cui l’assegno medesimo viene negoziato, mediante la consegna del titolo al prenditore, sicché il “dies commisi delicti” può non coincidere con la data risultante dai titolo (sentenze Cassazione penale, sez. V, 18 giugno 1993; sez. V, 5 maggio 1993; sez. I, 5 maggio 1993);
– in tema di assegno bancario, la prova che remittente aveva avuto conoscenza della revoca dell’autorizzazione da parte dell’istituto di credito non può essere desunta dal verbale di protesto, che, di per sé, è idoneo a dimostrare soltanto che autorizzazione è stata revocata prima dell’emissione del titolo, ma che, sotto il profilo soggettivo, nulla prova circa la consapevolezza da parte del traente.
 Conseguentemente è carente di motivazione la decisione del giudice di secondo grado che, a fronte di specifico motivo di impugnazione, relativo alla sussistenza dell’elemento psicologico, si limiti a menzionare la chiusura del conto o la revoca della autorizzazione, senza fare riferimento a circostanze (invio della raccomandata, avviso di ricevimento od altro) idonee a dimostrare che il soggetto era venuto a conoscenza dell’atto negoziale (sentenza Cassazione penale, sez. V, 18 giugno 1999, n. 9950);
-in tema di assegno bancario, la raccomandata con la quale la banca comunica l’avvenuta revoca dell’autorizzazione alla emissione di titoli è atto rientrante nelle dichiarazioni recettizie di cui all’art. 1334 c.c., che si presumono conosciute nel momento in cui giungono all’ndirizzo del destinatario, salvo che costui provi di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia (sentenza Cassazione penale, sez. V, 31 marzo 1999, n. 7561). Conseguentemente, la sentenza impugnata, priva di elementi dai quali ricavare che siano state esaminate le censure mosse e vagliata la ricostruzione della vicenda, non appare sufficiente a ripercorrere l’iter argomentativo sotteso alla decisione, rimanendo sul piano dell’assoluta genericità e, quindi, della mera apparenza; va, quindi, cassata con rinvio per un nuovo esame anche ex art. 385 cpc
 

                                                               PER QUESTI MOTIVI
 

La Corte
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame ad altro giudice di pace di Trieste a

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