Corte Costituzionale – Ordinanza n° 73 – 09.03.07 – confisca motoveicoli –
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Franco BILE;
Giudici: Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA,
Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
nei giudizi di legittimita’ costituzionale dell’articolo 213,
commi 2-quinquies e 2-sexies (introdotti dall’art. 5-bis, comma 1,
lettera c), numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115,
recante “Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalita’ di
settori della pubblica amministrazione”, nel testo risultante dalla
relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), e
dell’articolo 171, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promossi con ordinanze del
1° marzo 2006 dal Giudice di pace di Chioggia, del 12 gennaio 2006
dal Giudice di pace di Trapani, del 2 marzo 2006 dal Giudice di pace
di Scicli, del 31 marzo 2006 dal Giudice di pace di Caltanissetta,
del 22 dicembre 2005 dal Giudice di pace di Torre Annunziata, del
27 febbraio 2006 dal Giudice di pace di Palermo, del 24 novembre 2005
(pervenuta alla Corte costituzionale il 22 agosto 2006) dal Giudice
di pace di Torre Annunziata, del 3 marzo 2006 dal Giudice di pace di
Siracusa e del 16 giugno 2006 dal Giudice di pace di Comiso,
rispettivamente iscritte ai numeri 226, 229, 315, 331, 377, 379, 381,
433 e 502 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica numeri 29, 38, 41, 43, 46, 1ª serie
speciale, dell’anno 2006.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella Camera di consiglio del 7 febbraio 2007 il giudice
relatore Alfonso Quaranta.
Ritenuto che, con le ordinanze in epigrafe, i Giudici di pace di
Chioggia, Trapani, Scicli, Caltanissetta, Palermo, Siracusa e Comiso,
hanno sollevato – in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 27 e
42 della Costituzione – questione di legittimita’ costituzionale
dell’art. 213, commi 2-quinquies (censurato dal solo rimettente di
Comiso) e 2-sexies (commi entrambi introdotti dall’art. 5-bis,
comma 1, lettera c), numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005,
n. 115, recante “Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalita’
di settori della pubblica amministrazione”, nel testo risultante
dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada);
che, analogamente, anche il Giudice di pace di Torre
Annunziata, con due ordinanze, ha sollevato questione di legittimita’
costituzionale – in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 42 e 111 della
Costituzione – degli artt. 171, commi 1 e 2, e 213, comma 2-sexies,
del codice della strada;
che, in particolare, il Giudice di pace di Chioggia dubita –
in relazione all’art. 3 della Costituzione – della legittimita’
costituzionale dell’art. 213, comma 2-sexies, del codice della
strada, “in riferimento all’art. 171, comma 1”, del medesimo codice;
che il rimettente – premesso di essere chiamato a giudicare
dell’opposizione proposta avverso un verbale con cui si e’
contestata, al proprietario e al conducente di un ciclomotore, la
violazione dell’art. 171, comma 1, del codice della strada (essendosi
accertato che il conducente circolava alla guida del veicolo
indossando un casco non omologato) – censura, “con riguardo al
principio di ragionevolezza e di eguaglianza di cui all’art. 3
Cost.”, il suddetto art. 213, comma 2-sexies, che prevede per tale
infrazione l’applicazione della sanzione accessoria della confisca;
che il giudice a quo, sul presupposto che la discrezionalita’
del legislatore, nell’individuazione delle condotte punibili e nella
scelta delle relative sanzioni, puo’ essere sottoposta al sindacato
della Corte costituzionale ove il suo esercizio si riveli “distorto o
arbitrario, cosi’ da confliggere in modo manifesto con il canone
della ragionevolezza”, reputa che l’evenienza da ultimo indicata
ricorra proprio nel caso di specie;
che, difatti, non rinvenendosi – ad avviso del rimettente –
nel sistema del codice della strada “sanzioni cosi’ afflittive” come
quella della confisca, il legislatore non avrebbe realizzato un
adeguato “contemperamento degli opposti interessi”, atteso che la
salvaguardia del pur “superiore interesse alla sicurezza della
circolazione stradale” non puo’ giustificare “l’enorme sacrificio del
diritto, anch’esso costituzionalmente garantito, di proprieta’ sul
veicolo”, specialmente quando esso spetti “ad un soggetto diverso dal
trasgressore”;
che l’irragionevolezza della scelta legislativa sarebbe,
inoltre, confermata dalla “disparita’ di trattamento sanzionatorio”
tra il contegno sanzionato con la confisca “ed analoghe condotte
compiute, pero’, alla guida di altri tipi di veicoli” (sono indicate,
a titolo esemplificativo, quella previste dagli artt. 164, 169 e 172
del codice della strada);
che il giudice a quo ha, infine, stigmatizzato “l’enorme ed
ingiustificata disparita’ di trattamento in ragione del sacrificio
economico che ne deriverebbe, a fronte del medesimo illecito, fra
proprietari di ciclomotori o motocicli di bassissimo o inesistente
valore economico e proprietari di ciclomotori o motocicli di valore”;
che il Giudice di pace di Trapani ha, a sua volta, censurato
il medesimo art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada,
deducendone il contrasto con gli artt. 3 e 42 della Carta
fondamentale;
che il rimettente – dopo aver dedotto di essere investito
dell’opposizione proposta avverso verbale di contestazione, con il
quale si e’ addebitato al ricorrente nel giudizio a quo la violazione
dell’art. 171, commi 1, 2, e 3, del codice della strada – assume che
la norma censurata violerebbe il principio di eguaglianza, poiche’
“introduce nella legislazione una disparita’ di trattamento tra il
cittadino motociclista e il cittadino automobilista, in quanto la
sanzione della confisca del mezzo e’ prevista solo se la violazione
viene commessa con l’utilizzo di ciclomotore o motociclo e non quando
sia commessa utilizzando un altro tipo di veicolo” (a titolo
esemplificativo, viene individuata, quale infrazione altrettanto
grave da giustificare l’irrogazione della medesima sanzione
accessoria, “il mancato uso della cintura di sicurezza”);
che il giudice a quo prospetta, altresi’, la violazione
dell’art. 42 della Costituzione, che “prevede la possibilita’
dell’espropriazione della proprieta’ privata solo “per motivi di
interesse generale””, risultando “eccessivo, se non abnorme, farvi
rientrare l’ipotesi della confisca della moto o motociclo per guida
imprudente senza casco protettivo”;
che i medesimi parametri costituzionali teste’ menzionati
sono evocati anche dal Giudice di pace di Scicli;
che il rimettente – nel riferire di dover giudicare
dell’opposizione proposta avverso un verbale di contestazione
dell’infrazione stradale consistente nella guida di un veicolo a due
ruote senza aver indossato il casco protettivo – ha sollevato
incidente di costituzionalita’ del predetto comma 2-sexies
dell’art. 213 del codice della strada;
che egli ipotizza, in primo luogo, la “violazione
dell’articolo 3 della Costituzione, per il motivo della
irragionevolezza e sproporzionalita” della sanzione prevista dalla
norma censurata, in quanto vi sarebbe una ingiustificata “identita’
di disciplina” sia quando il veicolo “venga usato per commettere un
reato, sia nel caso che lo stesso venga adoperato per commettere una
di quelle violazioni amministrative” specificamente individuate dalla
medesima norma;
che lo stesso rimettente deduce, poi, il contrasto di tale
norma con l’art. 42 della Costituzione, atteso che la confisca
“finisce con assumere aspetti di mero trasferimento coattivo di un
bene dal privato allo Stato per finalita’ squisitamente repressive”,
al punto da “identificarsi addirittura con l’istituto
dell’espropriazione”, imponendo il sacrificio del diritto di
proprieta’ del privato per realizzare “un interesse generale non
costituzionalmente protetto, quale la prevenzione degli incidenti
stradali”;
che infine, per il giudice a quo la norma censurata sarebbe
viziata da “illogicita” e “ingiustizia manifesta”, sia perche’
assoggetta l’autore dell’infrazione di cui all’art. 171 del codice
della strada “a quattro conseguenze negative” (il pagamento della
sanzione pecuniaria, la decurtazione del punteggio dalla patente di
guida, la confisca obbligatoria del mezzo, l’impossibilita’ di
accedere al pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria),
sia perche’ riserva un piu’ severo trattamento sanzionatorio alle
infrazioni da essa contemplate, se poste a confronto con “altre
violazioni amministrative” (e’ il caso, in particolare, di quella
prevista dall’art. 148, comma 10, dello stesso codice della strada),
le quali “pongono piu’ gravemente in pericolo l’incolumita’ fisica
non solo del conducente”;
che anche il Giudice di pace di Caltanissetta censura
l’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada, in riferimento
agli artt. 3 e 42 della Costituzione;
che il rimettente – investito dell’opposizione proposta dal
proprietario di un ciclomotore avverso i verbali con i quali, da un
lato, si contestava al conducente l’infrazione consistente nel
mancato uso del casco protettivo, e, dall’altro, si disponeva il
sequestro del mezzo – evidenzia come, nella specie, la misura della
confisca non sia “giustificata”, ponendosi in contrasto “con i
parametri, di rango costituzionale, di ragionevolezza, della
responsabilita’ personale, e di riconoscimento e difesa della
proprieta’ privata”;
che, in particolare, sostiene il giudice a quo, la confisca
del veicolo, pur avendo “natura di sanzione amministrativa
accessoria”, risulta priva, nella specie, dei “tratti della
secondarieta’, della marginalita’ e della complementarieta” che
caratterizzano sanzioni siffatte, presentando invece natura sui
generis;
che, difatti, “nessun provvedimento di confisca obbligatoria”
e’ previsto dal codice della strada “nei casi di danno alle persone”
provocati da veicoli a quattro ruote, neppure “se dal fatto colposo o
doloso dell’agente sia derivata la morte di una o piu’ persone”, cio’
che rivelerebbe – a dire del rimettente – l’abnormita’ e l’iniquita’
della scelta legislativa di ricollegare la sanzione della confisca a
“meri comportamenti irregolari di chi trovasi alla guida di un
veicolo a due ruote”;
che, inoltre, la norma censurata sarebbe irragionevole,
atteso che “la confisca del ciclomotore e’ applicata in via immediata
ed automatica”, non consentendosi al proprietario del bene di provare
la propria “assoluta estraneita’ all’illecito amministrativo da altri
commesso”, violando, cosi’, anche il principio della personalita’
della responsabilita’ in tema di illeciti amministrativi, enunciato
dall’art. 3 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al
sistema penale);
che, infine, l’impossibilita’ di attribuire rilievo – ai fini
della non applicazione della confisca – proprio alla circostanza
costituita dalla appartenenza del veicolo a terzo estraneo
all’illecito amministrativo “si traduce in un’ingiustificata
violazione del diritto sul bene confiscato”, donde il contrasto con
l’art. 42, secondo comma, della Costituzione;
che, in senso contrario, non potrebbe richiamarsi – conclude
il rimettente – l’affermazione della giurisprudenza costituzionale,
secondo cui la responsabilita’ del proprietario di un veicolo, anche
per le violazioni commesse dal conducente, costituisce un principio
di ordine generale, giacche’ essa e’ stata enunciata con riferimento
ad una misura (quella del fermo) del tutto differente dalla confisca,
la quale “non si limita a sottrarre all’incolpevole proprietario la
disponibilita’ per un tempo limitato di un bene patrimoniale, e
quindi a comprimere le sole facolta’ di godimento della res”, bensi’
sottrae “il bene in via definitiva”;
che il Giudice di pace di Palermo – chiamato a giudicare
dell’opposizione proposta avverso verbale di accertamento, con il
quale si e’ contestata all’opponente la violazione dell’art. 171,
commi 1, 2 e 3, del codice della strada e si e’ operato il sequestro
del motociclo dal medesimo condotto – reputa l’art. 213,
comma 2-sexies, del medesimo codice in contrasto con gli artt. 3 e 42
della Costituzione;
che la norma censurata, infatti, “a fronte di violazioni
identiche ed analoghe, commina la sanzione accessoria della confisca
obbligatoria del mezzo solo quando la violazione sia commessa
utilizzando un ciclomotore o un motociclo”, cio’ che integra “una
disparita’ di trattamento ed una violazione del principio di
eguaglianza”;
che il contrasto con gli artt. 3, 27 e 42 della Costituzione
– da parte del gia’ citato art. 213, comma 2-sexies, del codice della
strada – e’ ipotizzato, invece, dal Giudice di pace di Siracusa;
che il Giudice di pace di Siracusa denuncia il contrasto
dell’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada, con gli
artt. 3 e 42 della Costituzione;
che il rimettente – investito dell’opposizione proposta dal
proprietario di un motociclo avverso i verbali con i quali si
contestava, a soggetto diverso dall’opponente, la violazione di cui
all’art. 171, comma 1, del codice della strada, e si disponeva il
sequestro del mezzo, in vista della successiva confisca – evidenzia
come l’applicazione di tale sanzione accessoria “anche a carico del
proprietario estraneo alla violazione amministrativa” non sarebbe
“ispirata al principio di ragionevolezza”;
che lo stesso rimettente richiama la sentenza della Corte
costituzionale n. 27 del 2005, la quale, nel sancire “il principio
della illegittimita’ della responsabilita’ oggettiva a carico del
proprietario del veicolo estraneo alla violazione”, avrebbe “mutuato
e trasposto principi di chiaro riferimento penalistico nel campo
delle violazioni amministrative”, in particolare chiarendo che la
solidarieta’ cui soggiace il “proprietario della cosa che servi’ a
commettere la violazione” – ai sensi dell’art. 6 della legge n. 689
del 1981, e dell’art. 196, comma 1, del codice della strada –
svolgerebbe soltanto una “spiccata funzione di garanzia del credito
erariale per il recupero della sanzione amministrativa” pecuniaria;
che, conseguentemente, il rimettente reputa che anche in
relazione all’art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada,
“laddove e’ prevista l’applicazione della sanzione accessoria della
confisca obbligatoria a carico del proprietario non conducente del
ciclomotore o motoveicolo”, debbono ravvisarsi profili di
incostituzionalita’ analoghi a quelli accertati con la citata
sentenza n. 27 del 2005;
che, infine, la norma censurata non si conformerebbe ai
“criteri di ragionevolezza e proporzionalita’ in materia di confisca
obbligatoria”, determinando “una evidente disparita’ di trattamento
tra il conducente di ciclomotore o motoveicolo adoperato per
commettere una delle violazioni di cui agli artt. 169, commi 2 e 7,
170 e 171″ del codice della strada (o “per commettere un reato”) ed
“il conducente di autoveicolo”, giacche’, a carico di quest’ultimo,
la confisca e’ disposta solo quando il veicolo costituisca il mezzo
per la realizzazione di una fattispecie criminosa, e non in presenza
di semplici violazioni amministrative;
che inoltre, secondo il giudice a quo, la previsione
dell’art. 213, comma 2-sexies, non e’ conforme al principio di
ragionevolezza, se si considera la “gravita’ della sanzione della
confisca obbligatoria rispetto alla modesta entita’ della sanzione
amministrativa principale”;
che il Giudice di pace di Comiso – chiamato a decidere, in un
giudizio di “opposizione avverso un verbale di contestazione” di
infrazione stradale, sulla richiesta di annullamento di un
“provvedimento di sequestro amministrativo” – evidenzia
“l’incostituzionalita’ dell’art. 213, commi 2-quinquies e 2-sexies”
del codice della strada;
che, secondo il rimettente, tale “previsione normativa e’
contraria all’art. 3 della Costituzione (principio di eguaglianza)
atteso che, a fronte di identiche violazioni o di analoga gravita’,
prevede la confisca solo ed esclusivamente quando la violazione sia
commessa utilizzando un ciclomotore o un motociclo, e non anche
quando la violazione sia commessa con l’uso di altro tipo di
veicolo”;
che, in particolare, il giudice a quo pone a raffronto le
infrazioni consistenti, rispettivamente, nella guida di un
ciclomotore senza allacciare il casco protettivo e nella conduzione
di un autoveicolo senza la cintura di sicurezza allacciata, per
dedurne che, sebbene in entrambi i casi “la ratio della norma” sia
“quella di tutelare l’incolumita’ fisica del cittadino”, si crea “una
disparita’ di trattamento tra motociclisti ed automobilisti”,
prevedendo la sanzione accessoria della confisca nel primo caso e non
nell’altro;
che il rimettente, inoltre, deduce la violazione dell’art. 42
della Costituzione, “che tutela la proprieta’ privata”, atteso che la
confisca deve ritenersi “giustificata solo in presenza di gravi
violazioni amministrative e/o penali”, e non nel caso di
un’infrazione “punita con un’irrisoria sanzione pecuniaria”;
che il Giudice di pace di Torre Annunziata, con due
ordinanze, censura – in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 42 e 111
della Costituzione – gli artt. 171, commi 1 e 2, e 213,
comma 2-sexies, del codice della strada;
che il giudice a quo premette di dovere giudicare dei ricorsi
aventi ad oggetto il verbale di contestazione di un’infrazione
stradale consistente nel mancato uso del casco protettivo, e il
provvedimento di sequestro di un mezzo appartenente a soggetto
diverso dal responsabile dell’accertata infrazione;
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