Corte Costituzionale Ordinanza n. 35 – opposizione a decreto ingiuntivo – termini di costituzione in giudizio – 6.03.2013

Giudizio di legittimita’ costituzionale in via incidentale. Procedimento civile – Opposizione al decreto ingiuntivo – Termine di costituzione in giudizio dell’opponente – Riduzione automatica a cinque giorni (in base all’interpretazione delle Sezioni unite della Corte di Cassazione) per effetto della dimidiazione legislativamente prevista dei termini di comparizione – Conseguente onere per l’opponente, a pena di improcedibilita’, di costituirsi nel termine ridotto, anche se non abbia optato per l’abbreviazione dei termini di comparizione – Ius superveniens che modifica il quadro normativo – Necessita’ della valutazione della persistente rilevanza della questione – Restituzione degli atti al giudice rimettente. – Codice di procedura civile, artt. 165, 645, secondo comma, 647. – Costituzione, artt. 3, 24 e 111, secondo comma. (GU n.11 del 13-3-2013) 

 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente:Franco GALLO;

Giudici :Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe  TESAURO,  Paolo

  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo

  GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Sergio

  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,

ha pronunciato la seguente

 

                              ORDINANZA

 

    nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli  articoli  165,

primo comma, 645, secondo  comma,  e  647  del  codice  di  procedura

civile, promosso dal Tribunale ordinario di Napoli  nel  procedimento

vertente tra l’Asl Napoli 1 e l’Istituto Diagnostico V.P. s.r.l., con

ordinanza del 4  gennaio  2011,  iscritta  al  n.  169  del  registro

ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica

n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2012.

    Visto l’atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei

ministri;

    udito nella camera di consiglio del 13 febbraio 2013  il  Giudice

relatore Alessandro Criscuolo.

    Ritenuto che il Tribunale ordinario di Napoli, con ordinanza  del

21 dicembre 2010, depositata il 4  gennaio  2011  (r.o.  n.  169  del

2012), ha sollevato, in  riferimento  agli  articoli  3,  24  e  111,

secondo  comma,  della  Costituzione,   questioni   di   legittimita’

costituzionale degli articoli 165, 645,  secondo  comma,  e  647  del

codice  di  procedura  civile  «nella  parte  in  cui  fanno  gravare

sull’opponente a decreto ingiuntivo  l’onere  di  costituirsi  in  un

termine eccessivamente breve, che sarebbe irragionevole  dal  momento

che all’osservanza di tale onere non consegue la  celere  definizione

della controversia, tenuto  conto  dei  maggiori  termini  minimi  di

comparizione introdotti con l’art. 21 lett. g) l. 28  dicembre  2005,

n. 263, nonche’ del fatto che  solo  nel  caso  di  assegnazione  del

termine minimo a comparire sussiste la  necessita’  di  coordinare  i

tempi di costituzione dell’opponente e dell’opposto, e che i soggetti

del processo (opponente e opposto) sarebbero, irrazionalmente,  posti

in una posizione di disuguaglianza processuale»;

    che – come il rimettente riferisce – 1)  con  atto  di  citazione

notificato in data 20 gennaio 2006 la Asl  Napoli  1  aveva  proposto

opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 8306/05 emesso in favore

dell’Istituto Diagnostico V.P. s.r.l.;  2)  che  l’opponente  si  era

costituita in giudizio il 27 gennaio 2006 (entro sette  giorni  dalla

notifica), indicando quale data dell’udienza il  4  luglio  2006;  3)

che, all’udienza  del  7  dicembre  2010,  l’opposta  aveva  eccepito

l’improcedibilita’ dell’opposizione alla luce  della  sentenza  della

Corte di cassazione, resa a sezioni unite, in data 9 settembre  2010,

n. 19246;

    che, nell’ordinanza di rimessione, il giudice a quo  richiama  la

sentenza ora citata, nella quale si ribadisce il legame tra i termini

di comparizione e i termini di costituzione, sancito  dall’art.  165,

primo comma, cod. proc.  civ.,  si  afferma  che  nell’opposizione  a

decreto  ingiuntivo  i  termini  di  costituzione  dell’opponente   e

dell’opposto sono automaticamente  ridotti  alla  meta’  in  caso  di

effettiva  assegnazione  all’opposto  di  un  termine   a   comparire

inferiore a quello legale,  ma  si  precisa  pure  che  tale  effetto

automatico e’ conseguenza del solo fatto che l’opposizione sia  stata

proposta, in quanto l’art. 645 cod. proc. civ. prevede che,  in  ogni

caso di opposizione, i termini a comparire siano ridotti a meta’;

    che,  pertanto,   il   rimettente   dubita   della   legittimita’

costituzionale degli artt. 165, 645, secondo comma, e 647 cod.  proc.

civ., come  interpretati  dal  «diritto  vivente»,  costituito  dalla

menzionata sentenza delle sezioni unite, in riferimento agli artt. 3,

24 e 111 Cost., sotto il profilo del diritto di difesa, del principio

del contraddittorio,  del  principio  di  uguaglianza  e  del  giusto

processo,  correlati  alla  riduzione  a   meta’   del   termine   di

costituzione dell’opponente e alla improcedibilita’ in caso di omessa

o tardiva costituzione di quest’ultimo;

    che,  in  punto  di  rilevanza,  il   rimettente   osserva   come

dall’accoglimento della sollevata  questione  dipenda  l’accoglimento

della domanda nel giudizio principale;

    che, in punto  di  non  manifesta  infondatezza,  ad  avviso  del

giudice a quo gli artt. 165, 645, secondo comma,  e  647  cod.  proc.

civ. violerebbero gli artt. 3, 24 e  111,  secondo  comma,  Cost.  in

quanto,  secondo  l’interpretazione   suddetta,   farebbero   gravare

sull’opponente l’onere di  costituirsi  in  un  termine:  1)  in  se’

eccessivamente  breve   (contrasto   con   l’art.   24   Cost.);   2)

irragionevole, dato che, anche assolvendo  a  tale  obbligo,  non  ne

conseguirebbe la celere  definizione  della  controversia  o,  quanto

meno, della fase iniziale della stessa,  tenuto  conto  dei  maggiori

termini di comparizione introdotti dall’art. 21, lettera  g)  [recte:

art. 2, comma 1, lettera g)] della legge 28  dicembre  2005,  n.  263

(Interventi correttivi alle modifiche in materia  processuale  civile

introdotte con il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con

modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80,  nonche’  ulteriori

modifiche al codice di procedura civile e alle relative  disposizioni

di attuazione, al regolamento di cui al regio decreto 17 agosto 1907,

n. 642, al codice civile, alla  legge  21  gennaio  1994,  n.  53,  e

disposizioni in tema di diritto alla pensione di  reversibilita’  del

coniuge divorziato) (contrasto con  gli  artt.  3  e  24  Cost.);  3)

irragionevole, in quanto solo in caso di assegnazione di  un  termine

minimo a comparire sussisterebbe la necessita’ di coordinare i  tempi

di costituzione dell’opponente  e  dell’opposto  (contrasto  con  gli

artt. 3 e 24 Cost.); 4) eccessivamente breve  rispetto  a  quello  di

controparte, ponendo irrazionalmente i soggetti del processo  in  una

posizione di disuguaglianza processuale (contrasto  con  l’art.  111,

secondo comma, Cost.);

    che,  ulteriormente  argomentando  su  quest’ultimo  profilo,  il

rimettente osserva  come,  nel  giudizio  di  opposizione  a  decreto

ingiuntivo,  l’automatica  riduzione   a   meta’   del   termine   di

costituzione dell’opponente, correlata all’abbreviazione  (volontaria

o conseguenza  di  un  mero  errore)  dei  termini  di  comparizione,

costituirebbe un onere processuale, a carico del medesimo  opponente,

sproporzionato rispetto alle  facolta’  concesse  all’opposto  e  non

garantirebbe la spedita definizione dell’intera lite o, quanto  meno,

della fase iniziale di essa, che e’ gia’ garantita dalla facolta’  di

emettere, ai sensi dell’art. 648  cod.  proc.  civ.,  l’ordinanza  di

provvisoria esecuzione non modificabile e non impugnabile neanche con

ricorso per  cassazione  ai  sensi  dell’art.  111  Cost.  (Corte  di

cassazione, sentenza sezione terza civile, 10 luglio 1990,  n.  7200;

sentenza sezione prima, 2 marzo 1990, n. 1645);

    che il Tribunale rimettente rileva,  altresi’,  come,  mentre  la

facolta’  dell’opponente  di  avvalersi  del  termine   dimidiato   a

comparire  trova  la  sua  ratio  nell’interesse   dell’intimato   di

conseguire alla prima udienza la revoca della provvisoria esecuzione,

gia’ concessa, ai sensi dell’art. 642 cod. proc. civ., l’imposizione,

per legge, del termine di  costituzione  entro  cinque  giorni  dalla

notificazione dell’atto di opposizione (dies a quo  decorrente  dalla

consegna dell’atto all’ufficiale  giudiziario)  non  garantirebbe  il

bilanciamento degli interessi  delle  parti,  avendo  l’opposto  gia’

impostato la propria difesa nella fase monitoria  ed  essendo  tenuto

soltanto a resistere ai motivi di opposizione, senza  poter  proporre

domande riconvenzionali (proponibili solo dall’opponente, per la  sua

veste di convenuto sostanziale: Corte di cassazione, sentenza sezione

terza civile, 5 giugno 2007, n. 13086);

    che,  ad  avviso  del  giudice   a   quo,   l’onere   processuale

dell’opponente, di costituirsi, a  pena  di  improcedibilita’,  entro

cinque giorni dalla notifica della citazione, risulterebbe ridotto ad

una mera formalita’, priva  di  qualsiasi  ragione  processuale,  non

valendo ne’ a coordinare il termine  di  costituzione  dell’opponente

con  quello  dell’opposto,  ne’  a  dare  al  processo   un   impulso

particolare, quanto meno nella sua fase iniziale  (in  considerazione

dell’ulteriore nuovo termine minimo a comparire introdotto  dall’art.

21, lettera g) [recte: art. 2, comma 1, lettera g)]  della  legge  n.

263 del 2005);

    che il rimettente esclude l’applicazione della  disciplina  della

rimessione in termini, ai sensi dell’art. 184-bis, cod. proc. civ.  –

abrogato, ma ancora applicabile alle  controversie  incardinate  ante

riforma del 2009 e sostituito dalla norma di portata piu’ generale di

cui all’art. 153, secondo comma, cod. proc. civ. riguardante tutti  i

termini processuali – in quanto, ai sensi della norma speciale di cui

all’art. 647 cod.  proc.  civ.,  e’  previsto  espressamente  che  il

giudice debba concedere l’esecutivita’ al  decreto  quando  manca  la

costituzione dell’opponente (essendo, peraltro, il  caso  dell’errore

scusabile gia’ disciplinato dall’art. 650 cod. proc. civ.);

    che il giudice a quo deduce  anche  il  contrasto  della  attuale

disciplina con i principi enucleabili dalla Convenzione  europea  per

la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’  fondamentali,

nella  parte  in  cui  stabilisce  che  ogni  persona  abbia  diritto

all’esame equo della propria causa;

    che il rimettente sottolinea come la Corte di  cassazione,  nella

sentenza, resa a sezioni unite, n.19246  del  2010,  abbia  non  solo

affermato  il  principio  –  confermando  in   cio’   la   precedente

giurisprudenza – che il termine  di  costituzione  dell’opponente  e’

ridotto alla meta’ nel caso di assegnazione – voluta o conseguenza di

un errore – del termine di comparizione in misura inferiore a  quello

ordinario, ma, altresi’, che, per il semplice fatto di avere proposto

una opposizione a decreto  ingiuntivo,  il  termine  di  costituzione

dell’opponente e’ ope legis dimezzato anche nel caso di  assegnazione

del termine ordinario di comparizione;

    che il Tribunale dubita della ragionevolezza di tale affermazione

e ne sospetta il contrasto con i suddetti principi costituzionali;

    che, in particolare, il giudice a quo ritiene che –  diversamente

da quanto affermato dalle sezioni unite della  Corte  di  cassazione,

secondo  cui  l’effetto  legale  del  dimezzamento  dei  termini   di

costituzione dell’opponente  dipende  pur  sempre  dalla  scelta  del

debitore che non  puo’  non  conoscere  quali  siano  le  conseguenze

processuali ricollegate dalla legge alla sua iniziativa – il  ricorso

alla procedura monitoria  sia  frutto  della  scelta  del  ricorrente

creditore (futuro opposto) e non dell’intimato (futuro opponente) che

«se vuole difendersi, puo’ solo citare in opposizione»;

    che, ad avviso  del  rimettente,  l’unica  scelta  possibile  per

l’opponente sarebbe il termine a comparire, ordinario e dimezzato,  e

le uniche conseguenze processuali ricollegate dalla  legge  alla  sua

iniziativa sarebbero quelle in ordine al termine di costituzione;

    che, secondo il Tribunale, suscita dubbi di costituzionalita’  il

ritenere – come affermano le S.S.U.U. della Corte di cassazione – che

il termine di costituzione dell’opponente sia sempre dimezzato, anche

nel caso di assegnazione di un termine ordinario di comparizione;

    che, come ricordato dal rimettente, la  Corte  di  cassazione,  a

sezioni unite, ha affermato che, sebbene l’art. 645 cod.  proc.  civ.

disponga soltanto la riduzione a meta’ dei termini a comparire e  non

dei termini di costituzione, l’art.  165,  primo  comma,  cod.  proc.

civ., sancisce il principio  dello  stretto  legame  tra  termini  di

comparizione e di costituzione, sicche’ l’espresso richiamo  di  tale

principio, nell’art. 645 cod. proc. civ., sarebbe stato superfluo;

    che, sul punto, il rimettente  rileva  come  il  principio  della

correlazione tra termini a comparire e termini  di  costituzione,  di

cui all’art. 165 cod. proc. civ., sia da coordinare con il meccanismo

di abbreviazione dei termini a comparire di cui all’art. 163-bis cod.

proc. civ.;

    che  tale  meccanismo  prevede  che  sia  l’attore  a  richiedere

l’abbreviazione dei termini di comparizione, cioe’ colui che deve poi

subire l’onere di costituzione nel  termine  dimezzato,  mentre,  nel

caso di opposizione a  decreto  ingiuntivo,  l’abbreviazione  non  e’

richiesta da colui che deve subirne le  conseguenze,  ma  e’  imposta

dalla legge, a seguito della scelta del creditore  di  agire  in  via

monitoria invece che in via ordinaria;

    che il Tribunale sottolinea come, mentre nel primo  caso  sia  il

creditore a decidere di abbreviare i termini  –  pagando  l’eventuale

insufficienza del termine a costituirsi al piu’ con la  cancellazione

della  causa  dal  ruolo  –   nel   secondo   caso   la   conseguenza

dell’insufficienza    del    termine    di    costituzione,     ossia

l’improcedibilita’  della  opposizione,  non  e’  scelta  da  chi  la

subisce, ma imposta dalla legge, sulla base della determinazione  del

creditore di agire in via monitoria;

    che, ad  avviso  del  giudice  a  quo,  in  considerazione  della

diversita’ del meccanismo di riduzione  dei  termini,  nonche’  degli

effetti  derivanti  dal  mancato  rispetto  del  termine,  l’espresso

richiamo del suddetto principio nel corpo dell’art.  645  cod.  proc.

civ. sarebbe stato superfluo;

    che, infatti, mentre nel caso di  rito  ordinario  (riduzione  ai

sensi dell’art. 163 cod. proc. civ.), e’  l’attore  a  richiedere  il

dimezzamento dei termini di comparizione, nel giudizio di opposizione

il  termine  di  comparizione   e’   dimidiato   non   per   volonta’

dell’opponente, ma perche’ e’ «pacifica l’esigenza di  accelerare  la

trattazione dell’opposizione»;

    che   il   rimettente   sottolinea   come    l’esigenza,    posta

nell’interesse dell’opponente, di trattare urgentemente l’opposizione

potrebbe portare a conseguenze nefaste proprio  nei  confronti  dello

stesso opponente;

    che, infine, il Tribunale rileva come  le  questioni  gia’  poste

dinanzi  alla  Corte  costituzionale  abbiano   avuto   ad   oggetto,

diversamente dal caso di specie, l’ipotesi della  riduzione  a  meta’

del  termine  a  comparire,  ispirandosi  al  precedente  consolidato

orientamento  della  Corte  di  cassazione  (ex  multis:   Corte   di

cassazione, sentenza sezione terza civile, 3 luglio 2008, n. 18203  e

sentenza 20 novembre 2002, n. 16332; sentenza sezione prima, 15 marzo

2001, n. 3752 e sentenza 30 marzo 1998,  n.  3316,  sentenza  sezione

seconda 7 aprile 1987, n. 3355);

    che,  con  atto  depositato  in  data  24  settembre   2012,   e’

intervenuto il Presidente del Consiglio del ministri, rappresentato e

difeso dalla Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che  sia

disposta la restituzione degli  atti  al  rimettente  per  una  nuova

valutazione della rilevanza della  questione,  alla  luce  dello  ius

superveniens di cui alla legge 29 dicembre  2011,  n.  218  (Modifica

dell’articolo 645 e interpretazione autentica dell’articolo  165  del

codice di procedura civile  in  materia  di  opposizione  al  decreto

ingiuntivo), nonche’, in subordine, che la questione  sia  dichiarata

inammissibile per difetto di rilevanza, con riferimento ai  parametri

indicati nell’ordinanza di rimessione.

    Considerato che il Tribunale ordinario di Napoli, con l’ordinanza

indicata in epigrafe, dubita della  legittimita’  costituzionale  del

combinato disposto degli articoli 165, 645, secondo comma, e 647  del

codice di procedura civile, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111,

secondo comma, della Costituzione;

    che, in epoca successiva all’ordinanza di rimessione, e’  entrata

in vigore la legge n. 218 del 2011;

    che, in particolare, l’art.  1  della  citata  legge,  intitolato

«Modifica all’articolo  645  del  codice  di  procedura  civile»,  ha

disposto la soppressione nel secondo comma del citato art. 645  delle

parole: «ma i termini di comparizione sono ridotti a meta’»;

    che l’art.  2  della  medesima  legge,  intitolato  «Disposizione transitoria», ha previsto che «Nei procedimenti pendenti alla data di

entrata in vigore della presente legge, l’articolo 165, primo  comma,

del codice di  procedura  civile  si  interpreta  nel  senso  che  la

riduzione del termine di costituzione  dell’attore  ivi  prevista  si

applica, nel caso  di  opposizione  a  decreto  ingiuntivo,  solo  se

l’opponente abbia assegnato all’opposto un  termine  di  comparizione

inferiore a quello di cui  all’articolo  163-bis,  primo  comma,  del

medesimo codice»;

    che, stante l’intervenuta modifica del quadro normativo dal quale

l’ordinanza di rimessione aveva preso le mosse, deve essere  ordinata

la restituzione degli atti al giudice rimettente affinche’  rivaluti,

alla luce del descritto ius superveniens (certamente  applicabile  al

giudizio a quo, sia per il tenore  del  menzionato  art.  2,  che  fa

espresso riferimento ai procedimenti pendenti alla data di entrata in

vigore della legge che lo introduce, sia per la natura interpretativa

di esso), la persistente rilevanza delle questioni promosse.

    Visto l’art. 9, comma 2, delle norme integrative  per  i  giudizi

davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

 

    ordina la restituzione  degli  atti  al  Tribunale  ordinario  di

Napoli.

    Cosi’ deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,

Palazzo della Consulta, il 27 febbraio 2013.

 

                                F.to:

                      Franco GALLO, Presidente

                   Alessandro CRISCUOLO, Redattore

                   Gabriella MELATTI, Cancelliere

 

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