Corte Costituzionale – 5 – 20.02.07, n° 43 –
Giudizio di legittimita’ costituzionale in via incidentale. Processo penale – Procedimento dinanzi al giudice di pace – Possibilita’ di ordinare al pubblico ministero la formulazione dell’imputazione – Mancata previsione – Denunciata lesione del principio di eguaglianza – Prospettazione, in via subordinata, di questione relativa alla mancata previsione dell’incompatibilita’ a celebrare il dibattimento del giudice che ha adottato il decreto di convocazione delle parti – Denunciata violazione del principio di eguaglianza e dei principi del giusto processo e di terzieta’ del giudice – Mancata sperimentazione di interpretazione secundum Constitutionem – Manifesta inammissibilita’ delle questioni. – D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 27, commi 1 e 3, lettera d). – Costituzione, artt. 3 e 111, primo e secondo comma. Processo penale – Procedimento dinanzi al giudice di pace – Decreto di convocazione delle parti – Ritenuta incongruita’ del termine di venti giorni – Denunciata violazione dei principi di eguaglianza e del giusto processo, nonche’ del diritto di difesa – Questione priva di motivazione in ordine all’applicabilita’ della norma impugnata nel giudizio principale – Manifesta inammissibilita’. – D.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 27, comma 4. – Costituzione, artt. 3, 24 e 111, primo e terzo comma. (GU n. 9 del 28-2-2007 ) LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:Presidente: Franco BILE;Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, AlfonsoQUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, SabinoCASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO; ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 27, commi 1, 3,lettera d), e 4, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274(Disposizioni sulla competenza del Giudice di pace, a norma dell’art. 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), promosso conordinanza del 14 marzo 2005 dal Giudice di pace di Roma nelprocedimento penale a carico di D.R.G., iscritta al n. 350 delregistro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dellaRepubblica – 1 ª serie speciale – n. 29 dell’anno 2005. Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio deiministri; Udito nella Camera di consiglio del 10 gennaio 2007 il giudicerelatore Giuseppe Tesauro. Ritenuto che il Giudice di pace di Roma, con ordinanza del14 marzo 2005, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 27,commi 1 e 2, lettera d) (recte: art. 27, commi 1 e 3, lettera d), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza del Giudice di pace, a norma dell’art. 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468); in subordine, ha sollevato, in riferimentoagli artt. 3 e 111, primo e secondo comma, della Costituzione,questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 27, comma 1, deldecreto legislativo n. 274 del 2000; inoltre, ha proposto questionedi legittimita’ costituzionale dell’art. 27, comma 4, del decretolegislativo n. 274 del 2000, in riferimento agli artt. 3, 24, 111,primo e terzo comma, della Costituzione; che il giudice a quo, adito con ricorso immediato dellapersona offesa a norma dell’art. 21 del d.lgs. n. 274 del 2000, noncondivide il parere contrario espresso dal pubblico ministero in ordine alla citazione a giudizio della persona cui il reato e’attribuito ed assume, pertanto, di dover emettere il decreto diconvocazione delle parti; che, a suo avviso, l’art. 27, commi 1 e 3, lettera d), delcitato decreto legislativo, stabilendo che il giudice, nel caso incui il pubblico ministero sia rimasto inerte o abbia espresso parerecontrario, recepisce nel decreto di convocazione delle parti l’addebito formulato dalla persona offesa, viola l’art. 3 della Costituzione, poiche’ determina una ingiustificata disparita’ ditrattamento ai danni “dell’indagato che vede vagliata la suaposizione da una parte portatrice di interessi quale e’ quellaricorrente, rispetto all’imputato nei cui confronti viene emesso attodi citazione a giudizio della polizia giudiziaria dopo che ilpubblico ministero, parte estranea a qualsiasi rapporto di natura personale, ha esercitato l’azione penale formulando l’imputazione”; che, dunque, censura l’art. 27, commi 1 e 3, lettera d),nella parte in cui non stabilisce che l’imputazione da trascriverenel decreto di convocazione delle parti sia quella “formulata dalpubblico ministero” e non permette al giudice di disporre conordinanza “che entro dieci giorni il pubblico ministero formuli l’imputazione”, in analogia con quanto prescritto dall’art. 17,comma 4, del d.lgs. n. 274 del 2000 per l’ipotesi del mancatoaccoglimento della richiesta di archiviazione; che incidentalmente richiama l’orientamento della Corte dicassazione, in base al quale il Giudice di pace deve trasmettere gliatti al pubblico ministero che ha espresso il diniego o e’ rimasto inerte affinche’ questi proceda nelle forme ordinarie (Cass., sez. IVpen., 5 agosto 2004, n. 33675), limitandosi ad osservare che esso“non risponde alla lettera dell’art. 21 e segg.”; che, in subordine, il giudice a quo si duole che l’art. 27,comma 1, del d.lgs. n. 274 del 2000 non preveda l’incompatibilita’ a celebrare il dibattimento del giudice che ha emesso il decreto di convocazione, nonostante lo stesso giudice, recependo l’addebito formulato dalla persona offesa, si trovi a “valutare l’aderenza delfatto narrato con quello da contestare”, con lesione delle garanziedi terzieta’ ed imparzialita’ dell’organo giurisdizionale e conseguente violazione degli artt. 3 e 111, primo e secondo comma,della Costituzione; che, inoltre, il rimettente dubita, in riferimento agliartt. 3, 24 e 111, primo e terzo comma, della Costituzione, della legittimita’ dell’art. 27, comma 4, del d.lgs. n. 274 del 2000, il quale dispone che il decreto di convocazione delle parti, unitamente al ricorso, e’ notificato, a cura del ricorrente, al pubblico ministero, alla persona citata in giudizio ed al suo difensore,nonche’ alle altre persone offese di cui conosca l’identita’, al meno venti giorni prima dell’udienza; che, dopo aver ricordato che per la citazione diretta agiudizio innanzi al tribunale in composizione monocratica “i terminisono di sessanta giorni” e per la citazione a giudizio dinanzi al Giudice di pace disposta dalla polizia giudiziaria “i termini sono ditrenta giorni” (art. 20 del d.lgs. n. 274 del 2000, nel testo vigenteanteriormente alle modifiche apportate dall’art. 17 del decreto-legge27 luglio 2005, n. 144, recante “Misure urgenti per il contrasto delterrorismo”, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio2005, n. 155), il giudice a quo assume che l’esiguita’ del termine dicomparizione fissato dalla disposizione impugnata sia tale daimpedire all’imputato l’esercizio del diritto alla prova in tempi congrui e da ostacolare l’accesso a condotte riparatorie; che nel giudizio e’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilita’ della questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 27, commi 1 e 3, lettera d),del d.lgs. n. 274 del 2000 e, comunque, per l’infondatezza di tuttele questioni di costituzionalita’ sollevate dal Giudice di pace di Roma. Considerato che il Giudice di pace di Roma dubita, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, della legittimita’ costituzionale dell’art. 27, commi 1 e 3, lettera d), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza del Giudice di pace, a norma dell’art. 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468),nella parte in cui non consente al giudice di ordinare la formulazione dell’imputazione al pubblico ministero che sia rimasto inerte o abbiaespresso parere contrario alla citazione a giudizio della persona cui e’ attribuito l’addebito nel ricorso immediato; in via subordinata,censura, in riferimento agli artt. 3 e 111, primo e secondo comma,della Costituzione, l’art. 27, comma 1, del d.lgs. n. 274 del 2000,nella parte in cui non prevede l’incompatibilita’ a celebrare il dibattimento del giudice che abbia adottato il decreto di convocazione delle parti nonostante l’inerzia o il parere contrario del pubblico ministero; che, inoltre, denuncia, in relazione agli artt. 3, 24, 111,primo e terzo comma, della Costituzione, l’art. 27, comma 4, deld.lgs. n. 274 del 2000, nella parte in cui fissa un termine a comparire di soli venti giorni, ritenendo tale termine incongruo ai fini della predisposizione della difesa dell’imputato; che il giudice a quo fonda le proprie censure sul presuppostoche egli, non condividendo l’opposizione del pubblico ministero,debba emettere l’atto di vocatio in iudicium, ivi recependo l’addebito descritto dalla persona offesa nel ricorso immediato; che il rimettente non tiene nel debito conto, tuttavia, che,come gia’ rilevato da questa Corte (ordinanze n. 381 e n. 361 del2005), il giudice di legittimita’, per il caso indicato, ha prospettato, in via interpretativa, la diversa opzione, compatibile con i parametri costituzionali evocati, della trasmissione degli atti al pubblico ministero affinche’ questi possa procedere nelle forme ordinarie (Cass., sez. IV pen., 27 maggio 2004, n. 33675; sez. Vpen., 25 ottobre 2005, n. 12; sez. V pen., 17 gennaio 2006,n. 20559); che, inoltre, non considera che l’art. 17, comma 4, deld.lgs. n. 274 del 2000 gli consente comunque di ordinare laformulazione dell’imputazione al pubblico ministero che, dopo la trasmissione degli atti da parte del giudice, abbia avanzato richiesta di archiviazione; che, non essendosi il giudice a quo conformato al canone della sperimentazione dell’interpretazione secundum Constitutionem, le questioni aventi ad oggetto l’art. 27, commi 1 e 3, lettera d), deld.lgs. n. 274 del 2000 sono manifestamente inammissibili; che la ragione dell’inammissibilita’ delle prime due questioni sollevate dal rimettente comporta altresi’ l’inammissibilita’ della terza, per difetto di motivazione in ordine all’applicabilita’ nel giudizio principale dell’art. 27, comma 4, deld.lgs. n. 274 del 2000 (ordinanza n. 346 del 2006); Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davantialla Corte costituzionale. Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita’ delle questioni dilegittimita’ costituzionale dell’art. 27, commi 1, 3, lettera d), e4, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del Giudice di pace, a norma dell’art. 14 dellalegge 24 novembre 1999, n. 468), sollevate, in riferimento agliartt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice di pace di Roma con l’ordinanza in epigrafe. Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,Palazzo della Consulta, il 5 febbraio 2007. Il Presidente: Bile Il redattore: Tesauro Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria il 20 febbraio 2007. Il direttore della cancelleria: Di Paola |