15.03.2011. – A Roma, domani, oltre duemila avvocati protestano contro la mediaconciziazione obbligatoria e la rottamazione della giustizia civile –
L’Organismo Unitario dell’Avvocatura, Oua, si prepara alla giornata di protesta di domani, a Roma, con un’assemblea nazionale alle 10 al teatro Capranica e con una manifestazione alle 13 davanti Montecitorio. Oltre duemila fino ad ora i partecipanti in rappresentanza di oltre 130 ordini di tutta Italia e della quasi totalità delle associazioni forensi. Duecentomila avvocati incroceranno le braccia dal 16 al 22 marzo. Il presidente dell’organismo di rappresentanza politica, Maurizio de Tilla, sottolinea ancora una volta gli aspetti di incostituzionalità del provvedimento approvato dal Governo e che entrerà in vigore il prossimo 21 marzo: «La mediazione finalizzata alla conciliazione obbligatoria viola ben sette punti della nostra Costituzione. Anzitutto va chiarito che il legislatore delegante – in conformità alla prescrizione impartita dalla Direttiva Europea – aveva stabilito che dovesse essere introdotto un meccanismo di conciliazione, ma non ne aveva affatto previsto la obbligatorietà, né aveva consentito che essa potesse essere considerata condizione di procedibilità della domanda giudiziaria. Il d.lgs. 28/10 è, quindi, viziato per eccesso di delega (primo punto), in quanto appare evidente che una condizione di procedibilità di una domanda giudiziaria, ex art. 24 Cost., può essere introdotta esclusivamente dal legislatore, e quindi il Governo avrebbe potuto farlo soltanto se ne fosse stato autorizzato dalla legge di delega. Si ha così l’evidente violazione degli artt. 76 e 77 Cost. per contrasto tra la legge delega e il decreto legislativo. E c’è una palese violazione dei menzionati articoli, dato che l’obbligatorietà è collegata alla mancata previsione di necessità dell’assistenza dell’avvocato. Va, in proposito, osservato che l’art. 60 della legge 69/09 (legge delega) al terzo comma lett. a) prescrive che nell’esercizio della delega il Governo si attenga, tra gli altri, al seguente principio e criterio direttivo “ … a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l’accesso alla giustizia”. In aperto contrasto con la prescrizione della legge delega, l’art. 5 del d.lgs. 28/10 configura il procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, di fatto precludendo l’immediato accesso alla giustizia». «Ma non basta, non si rispettano anche gli artt. 24, 76 e 77 della Costituzione (secondo punto ) – aggiunge il presidente Oua – infatti il d.lgs. 28/10, all’art. 16 e nell’intero capo terzo intitolato “organismi di mediazione”, disattende palesemente la previsione della delega. Non vi è, infatti, traccia, di qualsivoglia criterio o parametro volto a selezionare gli organismi deputati alla mediazione in base a criteri di professionalità ed indipendenza. Con ciò disattendendo la previsione della delega ove circoscrive lo svolgimento dell’attività di mediazione esclusivamente in capo ad organismi professionali ed indipendenti. E non si salva neppure l’art. 24 per due ulteriori ragioni. La prima: la mediazione obbligatoria costa al cittadino (terzo punto). Si eccepisce, al riguardo, che la mediazione può essere obbligatoria, oppure onerosa, ma non le due cose insieme, poiché se la mediazione, come nel nostro caso, è tanto obbligatoria quanto onerosa, allora è incostituzionale. La seconda ragione (quarto punto ) è che il Governo ha introdotto (art. 8) la previsione secondo cui dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio. In buona sostanza, una scelta che la parte potrà fare senza l’ausilio di un difensore – partecipare oppure no al procedimento di conciliazione – potrà condizionare in misura determinante l’esito del successivo processo. Ne risulta evidente la violazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 della Costituzione. Non solo! L’assistenza tecnica, quale che sia il valore della controversia, non è obbligatoria, ma non è neppure vietata: è facoltativa. Quindi chi è in grado di pagare, potrà farsi rappresentare da fior di avvocati, consulenti di parte esperti, professionisti di grido, e chi è povero no: dovrà arrangiarsi da solo, perché, non essendo obbligatoria la presenza di un avvocato, non sarà possibile ricorrere al patrocinio a spese dello Stato». «Non solo – aggiunge – assistiamo alla violazione degli artt. 24, 76 e 77 Cost. per quanto riguarda il diniego dell’accoglimento della proposta del mediatore (quinto punto), sull’iter del successivo giudizio e segnatamente sulla disciplina delle spese di lite. Il fatto che alla parte vincitrice del giudizio che non abbia accettato una proposta conciliativa che sia venuta a coincidere con il contenuto della decisione giudiziaria, debbano essere accollate le spese di lite proprie e della controparte, oltre al pagamento di un importo pari al contributo unificato e alle spese di mediazione, costituisce infatti un evidente deterrente “forzato” dal ricorrere alla tutela giudiziaria ed accettare l’esito della mediazione. Un’ulteriore ragione di incostituzionalità è la rottura del trattamento paritario nel processo tra attore e convenuto (sesto punto). Con l’art. 16 del decreto ministeriale concernente i criteri di determinazione delle indennità, si divide l’indennità del procedimento di mediazione tra “spese di avvio del procedimento” e “spese di mediazione”. Le “spese di avvio del procedimento” sono dovute da “ciascuna parte” ma sono versate “dall’istante al momento del deposito della domanda” (2° comma). Parimenti “le spese di mediazione indicate sono dovute in solido da ciascuna parte che ha aderito al procedimento”. Dunque, il decreto ministeriale espressamente prevede che la parte convenuta possa non aderire al procedimento. Cosicché, ai sensi dell’art. 3 Cost.: a) o si ritiene che anche l’attore possa non aderire al procedimento, e quindi possa versare la sola spesa di avvio del procedimento ai fui dell’art. 5 del d.lgs. 28/10 con contestuale dichiarazione di non voler avvalersi del servizio; b) oppure il sistema è in violazione del principio d’eguaglianza, consentendo solo alla parte convenuta di non aderire al procedimento, ma non alla parte attrice, che si vedrebbe ob torto collo obbligata al procedimento di mediazione per poter far valere in giudizio un suo diritto. L’art. 5 del d.lgs. 28/10, in combinato disposto con l’art. 16 d.m. 180/10, in questi termini, non viola così solo l’art. 24 Cost. (per essere, al tempo stesso, obbligatoria e onerosa), ma viola anche l’art. 3 Cost., perché pone su piani diversi, e tratta diversamente, la parte attrice rispetto a quella convenuta. «Infine – conclude de Tilla – tornando agli artt. 24, 76 e 77 Cost. L’ultimo aspetto (settimo punto) di incostituzionalità attiene all’organizzazione interna degli organismi di conciliazione e alla loro indipendenza e terzietà. La procedura di mediazione è resa obbligatoria al fine di far valere in giudizio un diritto, e nel momento in cui ha funzione pubblica deve pertanto rispondere ai requisiti di buon andamento e di imparzialità di cui all’art. 97 Cost., soprattutto quando l’organismo è ente pubblico. Ora, niente di questo si trova nel decreto ministeriale che fissa blandi criteri di professionalità dei mediatori, ma niente più, senza prevedere criteri oggettivi circa l’assegnazione delle pratiche fra i vari mediatori dell’organismo, nonché criteri oggettivi circa il reclutamento degli aspiranti mediatori presso gli organismi costituiti da enti pubblici. Per il dm. 180/10 è discrezionalità dell’organismo, che la regolerà in base al proprio statuto. L’art. 5 d.lgs. 28/10, in combinato disposto con l’art. 4 del d.m. 180/10, si pone pertanto in contrasto con l’art. 97 Cost., visto che l’assenza di un meccanismo oggettivo e predeterminato per l’assegnazione delle pratiche rischia di compromettere l’indipendenza e la terzietà del mediatore, attribuendo un potere gestionale inammissibile all’organismo». Fonte: oua.it |