Corte di Cassazione n° 574/2011 – il pagamento degli oneri di gestione delle parti comuni grava solo sul proprietario dell’unità abitativa condominiale -12.01.2011. –

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha ribadito che “in caso di azione giudiziale dell’amministratore del condominio per il recupero della quota di spese di competenza di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, è passivamente legittimato il vero proprietario di detta unità e non anche chi possa apparire tale, poiché difettano, nei rapporti fra condominio, che è un ente di gestione, ed i singoli partecipanti ad esso, le condizioni per l’operatività’ del principio dell’apparenza del diritto, strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela dell’affidamento del terzo in buona fede, ed essendo, d’altra parte, il collegamento della legittimazione passiva alla effettiva titolarità della proprietà funzionale al rafforzamento e al soddisfacimento del credito della gestione condominiale (Cass. n. 1627/07; conformi, 17039/07, 22089/07 e 17619/07)”.   

                                                                       CORTE DI CASSAZIONE 

                                                                         II  SEZIONE CIVILE  

                                                               SENTENZA N° 574 DEL   12.01.2011

                                                                  SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

F.M. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal giudice di pace di Castrovillari, su ricorso del condominio (……..) , per il pagamento della somma di Euro 138,78, a titolo di oneri condominiali ed accessori. A sostegno dell’opposizione deduceva la carenza di legittimazione passiva, non essendo egli, bensì sua moglie I.. M. , proprietaria dell’unità abitativa cui si riferiva l’obbligazione.
Il condominio opposto chiedeva vanamente la chiamata in causa di quest’ultima, e all’esito dell’istruzione probatoria il giudice di pace, con sentenza n. 181 pubblicata il 21.7.2004, rigettava l’opposizione.
Pur ritenendo documentalmente provato che l’appartamento condominiale apparteneva al coniuge dell’opponente, il giudice di prime cure osservava che per moltissimi anni quest’ultimo aveva tenuto una condotta tale da farlo ritenere quale effettivo proprietario del bene, ricevendo la corrispondenza a lui indirizzata, incluse le convocazioni dell’assemblea, esercitando i relativi diritti e adempiendo le obbligazioni, senza mai eccepire la propria carente legittimazione. Tale fattispecie, reputava il primo giudice, integrava una situazione astrattamente corrispondente all’esercizio di un diritto, tale “da giustificare la tutela dell’apparenza del diritto e quindi del terzo di buona fede”, ossia dell’amministratore del condominio, il quale poteva invocare la tutela dell’affidamento incolpevole.Nel merito, deduceva che l’opposizione era del tutto generica, che il M. non aveva mai impugnato alcuna delle delibere assembleali determinative delle spese comuni e della loro ripartizione.Per la cassazione della suddetta sentenza propongono ricorso P. , L. e R..M. , nonché M.I. , quali eredi di F..M. , con unico motivo illustrato da memoria.
La parte intimata non ha svolto attività difensiva. 

                                                                     MOTIVI DELLA DECISIONE 

1. – Con unico motivo d’impugnazione, articolato in più censure, i ricorrenti deducono errores in procedendo e violazioni dei “limiti fondamentali sostanziali del giudizio di equità costituiti dai principi costituzionali e dai principi generali dell’ordinamento”.In particolare, lamentano che il giudice di primo grado ha esonerato la parte opposta, attrice in senso sostanziale, dall’onere della prova dei fatti costitutivi della pretesa, poiché il condominio non ha dimostrato né l’esistenza dell’obbligazione, né il fatto che il M. si sia comportato quale condomino pur non essendolo, né le delibere di approvazione delle spese, né la congruità delle somme richieste.
Il giudice di pace, inoltre, ledendo il contraddittorio, da un lato ha revocato l’ordinanza ammissiva della prova testimoniale e dall’altro ne ha utilizzato gli esiti parziali ai fini della decisione, poiché i testi della parte opponente non sono stati escussi, violando così il diritto della parte di farli assumere.Infine, la sentenza è ingiusta in quanto non è stata offerta alcuna prova del fatto che il M. avrebbe tenuto un comportamento tale da farlo apparire come proprietario dell’immobile.
Tali condotte, prosegue parte ricorrente, avrebbero potuto avere incidenza, semmai, sulla regolamentazione delle spese, ma non già sul piano della pretesa sostanziale, non essendo possibile far gravare su chi non è proprietario oneri che competono solo al titolare del bene.Ben singolare, poi, conclude parte ricorrente, è l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui il M. “o chi per esso” non si è mai opposto alle delibere dell’assemblea relative al riparto delle spese condominiali, delibere che egli non avrebbe potuto impugnare proprio per l’estraneità alla compagine dei proprietari del fabbricato.
2.- Il ricorso va accolto.
2.1. – Premesso che per le sentenze dei giudici di pace in controversie di valore non superiore ai millecento Euro, la decisione della causa è solo secondo equità, essendo questo l’unico metro di giudizio adottabile, e che, pertanto, le regole di equità devono ritenersi applicate indipendentemente dal fatto cheil giudice di pace abbia invocato l’equità per la soluzione del caso singolo, oppure abbia risolto la controversia con richiamo a principi di diritto, atteso che anche in questo caso la lettura delle norme data dal giudice è compiuta in chiave equitativa e non può essere denunciata in cassazione ai sensi del n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ. per violazione di legge (Cass. n. 26528/06), va ricordato che, secondo il costante indirizzo di questa Corte, e in base all’intervento manipolativo di Corte Cost. n. 206/04, le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità, ai sensi del secondo comma dell’art. 113 cod. proc. civ., nel regime anteriore alle modifiche di cui al d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40, sono ricorribili in cassazione per violazione di norme processuali, costituzionali e comunitarie, nonché per violazione dei principi informatori della materia e per nullità attinente alla motivazione, che sia assolutamente mancante o apparente, o fondata su affermazioni in radicale ed insanabile contraddittorietà (Cass. n. 11638/10; Cass. SU n. 564/09; Cass. n. 7581/07; Cass. n. 4436/07).
2.2. – Nello specifico, dall’unico motivo d’impugnazione si estraggono tre distinte censure, così sintetizzabili: a) lesione del contraddittorio e della difesa, per aver il giudice di primo grado utilizzato ai fini della decisione una prova testimoniale chiusa prima dell’escussione dei testi di parte opponente, benché precedentemente ammessi; b) errato governo del principio dell’onere della prova, gravante sulla parte opposta, ma di fatto riferito dal giudice di pace all’opponente; c) erronea individuazione del M. come soggetto obbligato, ancorché non proprietario dell’unità immobiliare facente parte del condominio.
3. – Quest’ultima censura, da esaminare con priorità per il suo carattere decisivo e assorbente, individua in buona sostanza (al di là delle espressioni letterali adoperate) quale principio informatore della materia, violato dalla decisione impugnata, quello per cui solo il proprietario dell’unità abitativa condominiale può essere tenuto al pagamento degli oneri di gestione del fabbricato comune.
3.1 – Essa è fondata e va accolta, restando assorbito l’esame delle restanti censure.
3.2.- Il condominio negli edifici, cosi come configurato negli artt. 1117 e ss. c.c., costituisce un ente di gestione a partecipazione necessaria di tutti i soggetti titolari delle porzioni di piano di proprietà individuale, in ragione del valore delle rispettive unità immobiliari.
3.3. – La ripartizione delle spese comuni contemplate dall’art. 1123, comma 1 c.c. grava, salvo diversa convenzione, su ciascun condomino in base a un criterio di realità, che come prescinde dal godimento effettivo della porzione di proprietà particolare, così non considera rilevante che altri, piuttosto che il proprietario, utilizzi l’unità immobiliare singola, fruendo delle cose e dei servizi comuni e concorrendo di fatto ai relativi oneri.
3.4. – Tale criterio, applicativo della più generale regola posta dell’ari. 1104 c.c., deve ritenersi principio informatore della materia, in quanto fondante il carattere ambulatorio passivo dell’obbligazione di pagamento delle spese condominiali, che consente di individuare con certezza il soggetto tenutovi anche nell’ipotesi di trasferimento del bene (tant’è che cedente e cessionario sono obbligati in solido, in funzione di rafforzamento del credito, entro il limite temporale di cui all’art. 63, comma 2 disp. att. c.c.).
3.4.1. – In particolare, poi, per quanto concerne la regola di equità sostituiva applicata dal giudice di pace, basata sul principio di apparenza (e dunque di affidamento del terzo e di autoresponsabilità del dichiarante), questa Corte ha già avuto modo di rilevare che in caso di azione giudiziale dell’amministratore del condominio per il recupero della quota di spese di competenza di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, è passivamente legittimato il vero proprietario di detta unità e non anche chi possa apparire tale, poiché difettano, nei rapporti fra condominio, che è un ente di gestione, ed i singoli partecipanti ad esso, le condizioni per l’operatività’ del principio dell’apparenza del diritto, strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela dell’affidamento del terzo in buona fede, ed essendo, d’altra parte, il collegamento della legittimazione passiva alla effettiva titolarità della proprietà funzionale al rafforzamento e al soddisfacimento del credito della gestione condominiale (Cass. n. 1627/07; conformi, 17039/07, 22089/07 e 17619/07).
3.4.2. – Nella fattispecie, la soluzione equitativa adottata dal giudice di primo grado si pone in contrasto frontale con l’anzidetto principio informatore della materia, che non può dipendere da fattori di apparenza, per loro natura incompatibili con le esigenze di certezza dei rapporti interni condominiali.
4. – Per quanto sopra, la sentenza di primo grado va cassata senza rinvio e decisa nel merito, con pronuncia sostitutiva ai sensi dell’art. 384, comma 1, seconda parte, c.p.c., testo ante lege n. 69/09, e, inaccoglimento dell’opposizione, il decreto ingiuntivo deve essere senz’altro revocato.
5. – Le spese del giudizio di merito e della presente fase di Cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte intimata.

                                                                                   P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito in ordine al motivo accolto, in accoglimento dell’opposizione revoca il decreto ingiuntivo opposto e condanna la parte intimata al pagamento delle spese del giudizio, che liquida per il primo grado in Euro 532,00 di cui 120,00 per esborsi, e per il giudizio di cassazione in Euro 500,00, di cui 100,00 per esborsi.

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