Corte di Cassazione n° 31596/2008 – critica del condomino all’amministratore –diffamazione – insussistenza – 29.07.08. –

La Corte di Cassazione, nella sentenza in oggetto, annullando la sentenza impugnata, ha precisato quanto segue: a ciascun condomino spetta il diritto di controllare i comportamenti dell’amministratore e di denunciare eventuali riscontrate irregolarità. Il condomino che distribuisce lettere ai vari condomini criticando l’amministratore, non commette il delitto di diffamazione, nel caso in cui non vi sia un’aggressione alla sfera morale della persona, ma soltanto una censura delle attività svolte dallo stesso. “Anche il delitto di diffamazione è infatti, scriminato quando sia espressione del legittimo esercizio del diritto di critica”. 

                                                      REPUBBLICA ITALIANA 

                                              IN NOME DEL POPOLO ITALIANO  

                                           LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

                                                  QUINTA SEZIONE PENALE  

ha pronunciato la seguente  SENTENZA Sul ricorso proposto da C. V.. avverso la SENTENZA del 20/01/2007 del TRIBUNALE di ROMA  visti gli atti, la sentenza ed il ricorso udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Marasca Gennaro Udito il Pubblico Ministero in persona del dottor Gioacchino Izzo che ha concluso per il rigetto del ricorso
Udito il difensore della parte civile avvocato Antonio A. in sostituzione dell’avvocato Roberto G. che ha concluso per il rigetto del ricorso
Udito il difensore dell’imputato avvocato Mauro B. che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata;  
La Corte di Cassazione osserva C. V. inviava due lettere all’amministratore di un condominio , Mario A. , accusandolo di usare in modo improprio, illegale ed arbitrario i poteri di amministratore e dichiarando falsità ; la seconda lettera era rinvenuta nella cassetta delle lettere degli altri condomini  Per tali fatti, qualificati come violazione degli articoli 594 e 595c.p. lo C. veniva condannato dal Giudice di pace di Roma, con sentenza emessa in data 15 novembre 2005, anche al risarcimento del danno in favore delta costituita parte civile A. Mario –  
Il Tribunale di Roma , con sentenza del 20 gennaio 2007 , in parziale riforma della sentenza di primo grado , assolveva l’imputato dal reato di ingiuria perché non punibile per legittimo esercizio del diritto di critica mentre confermava l’affermazione di responsabilità per il reato di diffamazione.  
Con il ricorso per cassazione C. V. deduceva i seguenti motivi di impugnazione
I) il vizio di motivazione in ordine alla prova della diffusione delle lettere da parte dell’imputato , fatto aI quale il ricorrente sì dichiarava estraneo;
 2) la mancata assunzione di una prova decisiva con riferimento alla documentazione prodotta in primo grado;
 3) la erronea applicazione dell’articolo 51 c.p. con riferimento alla imputazione di violazione dell’articolo 595 c.p.;
 4) la violazione dell’articolo 599 c.p. per la mancata applicazione della esimente al reato di cui all’articolo 595 c.p.;
 5) il vizio di motivazione in ordine alla esclusione della esimente della provocazione di cui all’articolo 599 c.p. per difetto del requisito della immediatezza  i motivi posti a sostegno del ricorso proposto da C. Vittorio sono fondati in effetti vi è una contraddizione nella sentenza impugnata che deve essere rimossa Il Tribunale ha assolto lo C. dal delitto di ingiuria perché l’imputato ha agito nell’esercizio del diritto di critica di cui all’articolo 51 c.p.  
Tale statuizione è divenuta cosa giudicata perché da nessuno impugnata Essa , inoltre , appare del tutto corretta perché il condomino C., che aveva gravi motivi di conflitto con l’amministrazione del condominio e che non riusciva a contestare comportamenti dell’amministratore A. ritenuti gravemente scorretti perché questi non convocava le assemblee , ritenne con la lettera incriminata di contestare la conduzione del condominio.  
Che ciò si possa fare anche usando frasi certamente aspre perché è fuori dubbio che a ciascun condomino spetta il diritto di controllare i comportamenti dell’amministratore e di denunciare eventuali riscontrate irregolarità.  
Non si può, pertanto che condividere l’impostazione del Tribunale il quale peraltro , ha chiarito che non vi era una aggressione alla sfera morale della persona dell’A., ma una censura soltanto delle attività svolte come amministratore.
Ciò che non si comprende è la decisione in ordine alla diffamazione consistita nella distribuzione della lettera ai vari condomini.  
Anche il delitto di diffamazione è infatti, scriminato quando sia espressione del legittimo esercizio del diritto di critica e, quindi , le considerazioni svolte a proposito del delitto di ingiuria si sarebbero dovute ritenere valide anche per il delitto di diffamazione.
Del resto in mancanza di convocazione di rituali assemblee il condomino, per rendere edotti gli altri condomini di eventuali irregolarità e della iniziativa intrapresa di contestare la condotta dell’amministratore con attribuzione di specifici comportamenti non può fare altro che inviare agli altri condomini una missiva in modo che anche essi attivino i loro poteri di controllo.
Anche in ordine al delitto di diffamazione si sarebbe dovuto ritenere e in base alla disposizione dell’articolo 129 c.p.p. che il fatto non costituisce reato.  
E’ vero che l’imputato ha in primo luogo chiesto di essere assolto per non avere commesso il fatto ma va detto che il Tribunale aveva sostenuto che essendo la missiva incriminata certamente opera dello C. che la aveva spedita all’amministratore, non si poteva che ritenere che fosse stato proprio lui ad imbucare copia della missiva nella cassetta delle lettere degli altri condomini Orbene questi fatti e tali considerazioni non consentono di ritenere evidente che C. non abbia commesso il fatto contestatogli evidenza necessaria per pervenire ad una formula assolutoria più favorevole a fronte della riscontrata sussistenza di una causa di giustificazione del delitto contestato.  
Le conclusioni raggiunte rendono evidentemente superfluo l’esame degli altri motivi di impugnazione  Per le ragioni indicate la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato.  

                                                               P.Q.M.  

La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato.
Depositata in Cancelleria il 29.07.2008 

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