Corte di Cassazione n. 23726/2018 – autovelox – se installato sul lato opposto della carreggiata rispetto a quello previsto dal decreto prefettizio è illegittimo – 01.10.2018. –

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza de qua, ha stabilito che, se la rilevazione del superamento dei limiti di velocità avviene mediante apparecchio autovelox installato sul lato opposto della carreggiata rispetto a quello previsto dal decreto prefettizio autorizzativo, il relativo verbale di contestazione emesso per violazione dell’art. 142 del Codice della Strada deve ritenersi affetto da “illegittimità derivata”. 

 

 

                             CORTE DI CASSAZIONE                             

VI SEZIONE CIVILE

ORDINANZA N. 23726 DEL 01/10/2018

 

 

Presidente: D’ASCOLA PASQUALE

Relatore: CARRATO ALDO

Data pubblicazione: 01/10/2018

 

ORDINANZA

 

sul ricorso 14457-2017 proposto da:

COMUNE DI MACCHIA D’ISERNIA C.F.00069850949, in persona del Sindaco e legale rappresentante pro – tempore, elettivamente domiciliato in ROMA piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato L. M. E.; – ricorrente –

 

contro

 

ENTERPRICE S.R.L.; – intimata –

avverso la sentenza n. 117/2017 del TRIBUNALE di ISERNIA, depositata il 10/2/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/5/2018 dal Consigliere Dott. ALDO CARRATO.

 

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

 

Il Comune di Macchia d’Isernia ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, avverso l’ordinanza n. 117/2017 emessa dal Tribunale monocratico di Isernia (e pubblicata il 9 marzo 2017) ai sensi dell’art. 702-ter c.p.c., con la quale fu respinto l’appello formulato dal predetto Ente comunale nei confronti della sentenza del Giudice di pace di Isernia n. 146/2014, con cui era stata accolta l’opposizione avanzata dalla s.r.l. Enterprise avverso un verbale di accertamento elevato a suo carico in ordine alla violazione di cui all’art. 142 c.d.s. 1992.

Condividendo il percorso logico-giuridico del primo giudice il suddetto Tribunale molisano riconfermava l’illegittimità dell’impugnato verbale di contestazione, sul presupposto che l’inerente accertamento era stato effettuato a mezzo autovelox posizionato sul lato destro della S.S. n. 85 “Venafrana”, anziché su quello sinistro come, invece, autorizzato dall’ente proprietario della strada, ragion per cui solo per i rilevamenti eseguiti sulla relativa carreggiata in direzione di marcia Venafro-Isernia (e non viceversa) non sarebbe stata discutibile la loro legittimità per effetto della sussistenza di un valido ed efficace provvedimento amministrativo autorizzatorio a monte.

Con il primo motivo il Comune ricorrente ha dedotto — ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. — la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (avuto riguardo alla mancata ammissione della prova per testi da esso articolata fin dalla memoria di costituzione nel giudizio di primo grado), nonché — in virtù dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – il vizio di omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia ricondotto all’omessa ammissione della prova orale dedotta.

Con il secondo motivo il Comune di Macchia d’Isernia ha denunciato, per un verso, un’ulteriore violazione e falsa applicazione del citato art. 2697 c.c., nonché dell’art. 4 del d.l. n. 121/2002, convertito nella legge n. 168/2002, dell’art. 2 del D.M. 15 agosto 2007, anche in relazione al d. lgs. n. 231/2001 (e succ. modif. e integr.), congiuntamente ad altro vizio omessa od insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, avuto riguardo alla contestazione circa la ritenuta illegittimità del posizionamento dell’autovelox sul lato destro della carreggiata della S.S. “Venafrana”, anziché sul lato sinistro come autorizzato dall’ente proprietario della strada, da cui era scaturita la conseguente illegittimità derivata del verbale di accertamento elevato a carico della suddetta società Enterprise s.r.l. in ordine alla rilevata violazione prevista dall’art. 142 c.d.s. .

La società intimata non ha svolto attività difensiva in questa fase di legittimità.

Su proposta del relatore, il quale riteneva che il primo motivo del ricorso potesse essere dichiarato inammissibile e che il secondo potesse essere ritenuto inammissibile quanto al dedotto vizio motivazionale e manifestamente infondato con rifermento alla prospetta violazione di legge in relazione all’art. 375, comma 1, nn. 1) e 5), c.p.c., il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.

Rileva il collegio che la prima censura formulata con il ricorso è da dichiarare inammissibile mentre la seconda si prospetta inammissibile in ordine al denunciato vizio di motivazione e manifestamente infondata in relazione alla prospettata violazione di legge, in tal senso trovando conferma la proposta già formulata dal relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. .

La prima doglianza è, all’evidenza, inammissibile perché priva del necessario requisito di specificità prescritto dall’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. in ordine alla mancata trascrizione delle circostanze della prova per testi (asserita come dedotta fin dalla memoria di costituzione in primo grado) della cui immotivata mancata ammissione il ricorrente si è lamentato.

La giurisprudenza di questa Corte è, invero, consolidata nell’affermazione del principio secondo cui il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio della necessaria specificità del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (cfr. ex multis, Cass. n. 17915/2010, ord., e, da ultimo, Cass. n. 19985/2017, ord.).

Il secondo motivo si prospetta altrettanto inammissibile con riferimento al prospettato vizio di omessa od insufficiente motivazione denunciato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., siccome riferito all’antecedente formulazione di detta norma, nel mentre “ratione temporis“, nel caso di specie, trova applicazione la versione novellata nel 2012 (ai sensi dell’art. 54, comma 1, lett. b), del d.l. n. 83/2012, conv., con modif., nella legge n. 134/2012), alla cui stregua è ammissibile il solo omesso esame di un fatto decisivo della controversia che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti (cfr. Cass. S.U. n. 8053/2014 e Cass. n. 23940/2017). È appena il caso, peraltro, di rilevare che il Tribunale di Isernia ha comunque esaminato il contestato fatto decisivo relativo alla valutazione sulla legittimità o meno dell’accertamento del superamento del limite di velocità eseguito tramite autovelox, avuto riguardo al posizionamento dello stesso e alla riconducibilità o meno della relativa predisposizione ed attività di funzionamento dell’apparecchio elettronico al necessario provvedimento amministrativo autorizzatorio.

Non coglie nel segno, inoltre, la denunciata violazione di legge riferita alle richiamate disposizioni normative, sulla scorta del cui combinato disposto — secondo la prospettazione della difesa del Comune ricorrente — si sarebbe dovuto ritenere legittimo l’accertamento eseguito mediante l’utilizzazione dell’autovelox posizionato sul lato . opposto rispetto a quello per il quale ne era stata autorizzata l’installazione con il decreto prefettizio.

Operando una ricostruzione del sistema normativo che disciplina l’esecuzione degli accertamenti con strumenti elettronici per la rilevazione delle violazioni previste dall’art. 142 c.d.s. 1992 è necessario, in primo luogo, ricordare che il comma 6-bis di tale norma (come modificato dall’art. 3, comma 1, lett. a), d.l. 3 agosto 2007, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160) sancisce che:

Le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi, conformemente alle norme stabilite nel regolamento di esecuzione del presente codice. Le modalità di impiego sono stabilite con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’interno“.

L’art. 2 del D.M. Trasporti 15/8/2007 (contenente attuazione dell’articolo 3, comma 1, lettera b) del d.1. 3 agosto 2007, n. 117, recante disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione) stabilisce che: “I segnali stradali e i dispositivi di segnalazione luminosi devono essere installati con adeguato anticipo rispetto al luogo ove viene effettuato il rilevamento della velocità, e in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, in relazione alla velocità locale predominante. La distanza tra i segnali o i dispositivi e la postazione di rilevamento della velocità deve essere valutata in relazione allo stato dei luoghi; in particolare è necessario che non vi siano tra il segnale e il luogo di effettivo rilevamento intersezioni stradali che comporterebbero la ripetizione del messaggio dopo le stesse, e comunque non superiore a quattro km“.

L’art. 4 del d.l. 20/6/2002, n. 121 (recante “Disposizioni urgenti per garantire la sicurezza nella circolazione stradale“), convertito — con modif. – dalla legge 1/8/2002, n. 168, prevede che:

“1. Sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali di cui all’articolo 2, comma 2, lettere A e B, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, gli organi di polizia stradale di cui all’articolo 12, comma 1, del medesimo decreto legislativo, secondo le direttive fornite dal Ministero dell’interno, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, possono utilizzare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico, di cui viene data informazione agli automobilisti, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento di cui agli articoli 142, 148 e 176 dello stesso decreto legislativo, e successive modificazioni. I predetti dispositivi o mezzi tecnici di controllo possono essere altresì utilizzati o installati sulle strade di cui all’articolo 2, comma 2, lettere C e D, del citato decreto legislativo, ovvero su singoli tratti di esse, individuati con apposito decreto del prefetto ai sensi del comma 2.

2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il prefetto, sentiti gli organi di polizia stradale competenti per territorio e su conforme parere degli enti proprietari, individua le strade, diverse dalle autostrade o dalle strade extraurbane principali, di cui al comma 1, ovvero singoli tratti di esse, tenendo conto del tasso di incidentalità, delle condizioni strutturali, plano-altimetriche e di traffico per le quali non è possibile il fermo di un veicolo senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico o all’incolumità degli agenti operanti e dei soggetti controllati. La medesima procedura si applica anche per le successive integrazioni o modifiche dell’elenco delle strade di cui al precedente periodo.

3. Nei casi indicati dal comma 1, la violazione deve essere documentata con sistemi fotografici, di ripresa video o con analoghi dispositivi che, nel rispetto delle esigenze correlate alla tutela della riservatezza personale, consentano di accertare, anche in tempi successivi, le modalità di svolgimento dei fatti costituenti illecito amministrativo, nonché i dati di immatricolazione del veicolo ovvero il responsabile della circolazione. Se vengono utilizzati dispositivi che consentono di accertare in modo automatico la violazione, senza la presenza o il diretto intervento degli agenti preposti, gli stessi devono essere approvati od omologati ai sensi dell’articolo 45, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

4. Nelle ipotesi in cui vengano utilizzati i mezzi tecnici o i dispositivi di cui al presente articolo, non vi è l’obbligo di contestazione immediata di cui all’articolo 200 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

Orbene, dal coacervo delle riportate disposizioni normative, si evincono — sulla base dell’elaborazione della giurisprudenza di questa Corte – i seguenti principi:

– l’art. 4 del d.l. n. 121 del 2002, conv. nella legge n. 168 del 2002 – per cui dell’installazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo deve essere data preventiva informazione agli automobilisti – non prevede un obbligo rilevante esclusivamente nell’ambito dei servizi organizzativi interni della P.A., ma è finalizzato ad informare gli automobilisti della presenza dei dispositivi di controllo medesimi, onde orientarne la condotta di guida e preavvertirli del possibile accertamento di infrazioni, con conseguente nullità della sanzione eventualmente irrogata in violazione di tale previsione (v., in proposito, Cass. n. 7419/2009 e Cass. n. 15899/2016);

– il cartello di avviso della presenza della postazione di rilevamento deve essere apposto in modo da garantirne la corretta percepibilità e leggibilità, ai sensi dell’art.79, comma 5, del d.p.r. n. 495 del 1992 (cfr., ad es., Cass. n. 9033/2016);

– l’art. 2 del d.m. 15 agosto 2007 – secondo cui dell’installazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo deve essere data preventiva informazione agli automobilisti – non stabilisce una distanza minima per la collocazione dei segnali stradali o dei dispositivi di segnalazione luminosi, ma solo l’obbligo della loro istallazione con adeguato anticipo rispetto al luogo del rilevamento della velocità, in modo da garantirne il tempestivo avvistamento; ne consegue che la distanza tra segnali stradali o dispositivi luminosi e la postazione di rilevamento deve essere valutata in relazione allo stato dei luoghi, senza che assuma alcun rilevo la mancata ripetizione della segnalazione di divieto dopo ciascuna intersezione per gli automobilisti che proseguano lungo la medesima strada (v. Cass., in particolare, n. 25769/2013, ord.);

– il disposto del comma 1 dell’art. 4 del d.l. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, nella legge n. 168 del 2002, integrato con la previsione del comma 2 dello stesso art. 4 – che indica, per le strade extraurbane secondarie e per le strade urbane di scorrimento, i criteri di individuazione delle situazioni nelle quali il fermo del veicolo, al fine della contestazione immediata, può costituire motivo d’intralcio per la circolazione o di pericolo per le persone, situazioni ritenute sussistenti “a priori” per le autostrade e per le strade extraurbane principali – evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare l’utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui agli artt. 142 e 148 cod. strada (limiti di velocità e sorpasso), tra l’altro, anche in funzione del comma 4 del medesimo art. 4, con il quale si esclude “tout court” l’obbligo della contestazione immediata. Ne consegue che la norma del predetto art. 4 non pone una generalizzata esclusione della utilizzazione delle apparecchiature elettroniche di rilevamento al di fuori delle strade prese in considerazione, ma lascia, per contro, in vigore, relativamente alle strade diverse da esse, le disposizioni che consentono tale utilizzazione ma con l’obbligo della contestazione immediata, salve le eccezioni espressamente previste dall’art. 201, comma 1-bis, c.d.s. 1992 (cfr., per tutte, Cass. n. 376/2008 e Cass. S.U. n. 3936/2012);

– il provvedimento prefettizio di individuazione delle strade lungo le quali è possibile installare apparecchiature automatiche per il rilevamento della velocità senza obbligo di fermo immediato del conducente, previsto dall’art. 4 del d.l. n. 121 del 2002 (conv., con modif., dalla I. n. 168 del 2002), può includere soltanto le strade del tipo imposto dalla legge mediante rinvio alla classificazione di cui all’art. 2, commi 2 e 3, del codice della strada, e non altre, con la conseguenza che è illegittimo, e può essere disapplicato nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, il provvedimento prefettizio che abbia autorizzato l’installazione delle suddette apparecchiature in una strada urbana che non abbia le caratteristiche “minime” della “strada urbana di scorrimento”, in base alla definizione recata dal comma 2, lett. d), del citato art. 2 del suddetto codice (v., in special modo, Cass. n. 7872/2011 e Cass. n. 5532/2017, ord.).

Orbene, dopo questa disamina dei principi essenziali in materia, può affermarsi che all’ente proprietario della strada incombe l’assunzione di una serie di obblighi che prevedono, in particolare, la necessità del preventivo avviso dell’installazione dell’autovelox posizionato ad una congrua distanza dal prescritto segnale che lo deve anticipare, della leggibilità e immediata percepibilità della relativa segnalazione, della preventiva adozione di apposito decreto prefettizio per l’autorizzazione all’installazione degli autovelox sulle strade in cui è propriamente consentito al fine di rendere legittima la contestazione differita delle violazioni riferite all’art. 142 c.d.s. .

Sulla scorta di questi presupposti deriva che, qualora il decreto amministrativo autorizzi il posizionamento di un apparecchio autovelox (appositamente omologato e sottoposto alla necessaria taratura) lungo il lato di una sola carreggiata di un tipo di strada riconducibile ad uno di quelli previsti dal citato art. 4 del d.l. n. 121/2002 (al quale appartiene la S.S. “Venafrana” di cui al caso di specie oggetto della controversia), diventa, conseguentemente, obbligatorio — in funzione della legittimità della complessiva attività di accertamento delle indicate violazioni amministrative — che l’ente proprietario della strada appronti i predetti necessari adempimenti di garanzia per gli utenti (circa la preventiva segnalazione dell’installazione dell’apparecchio elettronico e la visibilità del segnale che lo preannuncia sullo stesso lato e, quindi, per il corrispondente senso di marcia), anche al fine di tutelare le indispensabili esigenze di sicurezza pubblica connesse a siffatta attività di rilevamento.

Pertanto, qualora — come verificatosi nella fattispecie — il decreto prefettizio abbia previsto la legittima installazione lungo un solo senso di marcia (che nel caso in esame avrebbe dovuto essere posizionato nella direzione Venafro-Isernia) ed, invece, l’accertamento sia stato effettuato mediante la rilevazione di un autovelox posizionato sul contrapposto senso di marcia, ne consegue che — difettando a monte l’adozione di uno specifico provvedimento autorizzativo — il relativo verbale di contestazione differita della violazione di cui all’art. 142 c.d.s. debba ritenersi affetto da “illegittimità derivata”, come statuito dal Tribunale di Isernia con la sentenza qui impugnata (senza che possano assumere rilevanza, al riguardo, eventuali note chiarificatrici successivamente approntate dalla competente P. A., a fronte di una precisa indicazione sulle modalità e sul punto di installazione dell’autovelox rinvenibile direttamente nel decreto autorizzativo).

E del resto questo principio si ricava da quanto affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 10206/2013), in base al quale, in tema di violazioni del codice della strada, se è pur vero che il più volte richiamato art. 4 del d.l. 20 giugno 2002, n. 121 (convertito, con modificazioni, nella legge 10 agosto 2002, n. 168) conferisce al prefetto la competenza ad individuare le strade o i tratti di strada in cui possono essere installati dispositivi di controllo della velocità, precisandosi che detta norma non richiede che il provvedimento prefettizio specifichi necessariamente il senso di marcia interessato dalla rilevazione, argomentando a contrario si desume che se nel decreto prefettizio è contenuto specificamente il riferimento ad un determinato senso di marcia (come accaduto nel caso sottoposto all’esame del giudice di appello), il rilevamento elettronico della velocità e la correlata attività di accertamento (con contestazione differita) degli agenti stradali intanto potranno ritenersi legittimi se riferiti all’autovelox come posizionato in conformità al decreto autorizzativo e non, invece, con riguardo ad altro autovelox posizionato sulla stessa strada e in prossimità dello stesso punto chilometrico ma sulla carreggiata o corsia opposta, che non abbiano costituito oggetto di previsione da parte dello stesso o di altro provvedimento autorizzativo.

In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere integralmente rigettato, senza che debba farsi luogo ad alcuna pronuncia sulle spese della presente fase di giudizio, non avendovi la parte intimata svolto attività difensiva.

Sussistono, tuttavia, le condizioni per dare atto — ai sensi dell’art. 1, comma 1, comma 17, della legge n. 228/2012, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. n. 115/2002 — di versamento, da parte del Comune ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228/2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

 

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione civile della Corte di cassazione, in data 15 maggio 2018.

 

Il Presidente

Dott. Pasquale D’Ascola

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